Il caso “GlassUp”, occhiali a realtà aumentata a cui sta lavorando una start up interamente made in Italy, è emerso con forza sui media statunitensi dopo che Google, timorosa della concorrenza, ha intimato agli italiani di cambiare nome dell’azienda e del prodotto.
In un articolo apparso oggi su “Business Insider” e intitolato significativamente “Google vuole stroncare sul nascere l’alternativa italiana ai Google Glass”, si spiega appunto che, a marzo scorso, la big company californiana ha contestato il nome scelto per il prodotto a Francesco Giartosio, Ceo di GlassUp, e ai colleghi Gianluigi Tregnaghi e Andrea Tellatin. Motivazione: “I consumatori potrebbero confondersi”.
Non si è fatta attendere la risposta di Giartosio. “Sappiamo tutti – ha scritto in un’email a Cnet, sito specializzato in hi-tech – che la realtà aumentata è il futuro; avremo non solo occhiali, ma anche giacche, cappelli o altro in realtà aumentata. Se sviluppiamo un guanto in grado di trasmettere a un pc i movimenti delle dita (cosa che già esiste), nessuno ci può proibire di chiamarlo Guanto. O anche: abbiamo letto che Google sta sviluppando una scarpa tecnologica. Pensate davvero che d’ora in poi sarà l’unico detentore esclusivo della parola ‘scarpa’?”.
Per il momento dal colosso californiano non è arrivata nessuna replica.
I GlassUp, a cui il team nostrano ha cominciato a pensare dal 2011, consistono in un secondo schermo dello smartphone: lasciano infatti scorrere davanti agli occhi dell’utente la moltitudine di informazioni che altrimenti dovrebbe leggere sul display del proprio dispositivo. In sostanza si potranno leggere email, sms o messaggi direttamente sugli occhiali continuando a guardare un panorama ed evitando di chinarsi ad armeggiare con il dispositivo.
Sono gli stessi ideatori a specificare cosa distingue il loro prodotto dai Glass di BigG: innanzitutto sono solo “in ricezione”, cioè ricevono dati ma non ne inviano, e questo permetterà di venderli a un costo dimezzato rispetto a quello di Google (che per ora ha fatto circolare la cifra di 600 dollari al dettaglio, mentre per il momento agli sviluppatori costano intorno ai 1.500 dollari). Inoltre la vita delle batterie è più lunga: 150 ore in stand by e 8 in uso continuo, contro le 2-5 ore di Google. Infine, elemento considerato particolarmente importante dagli sviluppatori, le informazioni sono proiettate al centro della visione, senza costringere l’occhio a muoversi troppo verso destra o verso sinistra.
Giartosio non ha nascosto la possibilità, in un prossimo futuro, di “vendere i brevetti a qualcuno che voglia portarsi avanti sugli altri, inclusa Google stessa”. Ma sarebbe altrettanto interessante se una start up nata e cresciuta in Italia riuscisse a competere ad armi pari con un gigante americano su un prodotto tecnologico di grande rilevanza.
Il team di GlassUp ha da poco lanciato una campagna di fundraising su Indiegogo, una delle più note piattaforme di crowdfunding, raccogliendo oltre 21.000 dollari sui 150.000 previsti.