Ora anche l’Antitrust preme sul governo perché finisca il monopolio della Siae, Società italiana degli autori ed editori che si occupa di tutelare le opere e raccogliere i diritti d’autore.
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ha inviato al parlamento e al governo un parere attraverso il quale, in sostanza, sollecita ad attuare anche in Italia la direttiva Barnier. Si tratta di una direttiva europea che di fatto introdurrebbe in Italia la liberalizzazione del mercato dei diritti d’autore. Non solo la direttiva non è stata recepita entro lo scorso 10 aprile, termine ultimo previsto dalla Ue, ma il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini ha avuto modo di dichiarare in quel contesto che “non ha senso scomporre la parte nazionale” e invece “va fatto un lavoro urgente di profonda riforma della Siae”. Quindi sì a un lavoro di revisione sulla Società ma no al riconoscimento di altri operatori.
L’Antitrust non sembra dello stesso parere. Anzi sottolinea che il nucleo della direttiva 2014/26/ue del parlamento europeo e del consiglio è costituito dalla libertà di scelta. In virtù di questo principio è riconosciuto ai titolari dei diritti la facoltà di individuare un organismo di gestione collettiva “indipendentemente dallo stato membro di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva o del titolare dei diritti”. Il valore e la ratio stessa dell’impianto normativo europeo – dice l’Authority – risultano gravemente compromessi dalla presenza, all’interno dell’ordinamento nazionale, della disposizione contenuta nell’ art. 180 L. 22 Aprile 194, n. 633 (Legge sul diritto d’autore), ormai isolata nel panorama degli ordinamenti degli Stati membri, che attribuisce ad un solo soggetto (la Siae) la riserva dell’attività di intermediazione dei diritti d’autore. Insomma la legge sul diritto d’autore avrebbe fatto il suo tempo e andrebbe riformata.
La direttiva va attuata anche in Italia, specifica l’Antitrust, perché “in un contesto economico caratterizzato da profondi cambiamenti tecnologici la mancata apertura del mercato nazionale della gestione dei diritti limita la libertà d’iniziativa economica degli operatori e la libertà di scelta degli utilizzatori. Il mantenimento del monopolio legale appare, infatti, in contrasto con l’obiettivo di rendere effettiva la libertà dei titolari del diritto di effettuare una scelta tra una pluralità di operatori in grado di competere con l’incumbent senza discriminazioni”.
Peraltro pochi giorni fa Laura Puppato e Pietro Ichino, senatori Pd, e la senatrice ex M5S, adesso Gruppo Misto, Serenella Fuksia, hanno firmato un emendamento alla legge 2345/2016, che delega al governo il recepimento della direttiva europea Barnier. “Ce lo impone l’Europa, ma ce lo chiedono anche i due terzi di autori iscritti alla Siae che ricavano meno di quanto costi l’iscrizione – ha commentato il giuslavorista e senatore Pd, Ichino – Sono soprattutto loro a pagare il costo di una gestione gravemente inefficiente e del tutto opaca”.
L’emendamento e il pronunciamento dell’Autorità sono ulteriori picconate al monopolio Siae, già messo a rischio dalle varie critiche mosse da tempo contro la società, ma anche all’attività della startup Soundreef, che sta ingaggiando una vera e propria battaglia contro lo storico colosso.
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Proprio Davide D’Atri, founder di Soundreef, è stato tra i primi a commentare il parere dell’Antitrust. Ed ovviamente è stato un commento positivo. “Conferma la bontà della nostra tesi – ha detto – che del resto sta alla base della nascita stessa della società. Il regime di esclusiva nella gestione dei diritti d’autore, lo dice anche l’Antitrust, è anacronistico e per niente al passo con le nuove esigenze del mercato musicale”.
Di tenore completamente diverso la replica della Siae: “Il Parlamento Europeo, la Commissione Europea e la Corte di Giustizia Europea – sostiene la Società – hanno chiarito come la direttiva sia compatibile con l’esclusiva e sottolineato che una esclusiva non è di ostacolo alla crescita del mercato del diritto d’autore e anzi ne presidia lo sviluppo. Ne è dimostrazione che quello italiano è il mercato che nel 2015 ha registrato il maggiore tasso di crescita a livello europeo”.
Soundreef S.p.A è una società nata in Italia a novembre 2015 per migliorare la gestione delle royalty
nell’industria musicale, con un investimento da parte di VAM Investments e di LVenture Group per un totale di 3,5 milioni di euro. La società fondata da Davide d’Atri, che ne è amministratore delegato, ha acquisito il 100% della Soundreef Ltd, company fondata sempre da d’Atri insieme a Francesco Danieli nel 2011 e operante nel Regno Unito per l’intermediazione dei diritti d’autore.
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L’obiettivo di Soundreef S.p.A è assicurare ai titolari dei diritti d’autore nel settore della musica la completa trasparenza e tracciabilità delle royalty e la massima certezza e velocità nel pagamento dei diritti d’autore, garantendo al contempo il massimo livello di sicurezza.
Lo scorso aprile il rapper Fedez ha lasciato la Siae per affidare la gestione dei suoi diritti d’autore a Soundreef, seguito a fine maggio da Gigi D’Alessio, che ha detto: “Mi ha convinto la trasparenza della rendicontazione al contrario di quella Siae che non è analitica. Sono certo che tanti altri mi seguiranno”.
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Intanto all’orizzonte si staglia Patamu, piattaforma web interamente italiana che sfida la Siae sul suo terreno: “Finora abbiamo tutelato gli artisti dai plagi e abbiamo offerto un servizio di autoriscossione dei diritti. Adesso ci poniamo anche come società di collecting, cominciando dai live” ha annunciato il fondatore Adriano Bonforti.
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Sul pronunciamento dell’Antitrust, Bonforti ha detto: “Finalmente, accanto ai tanti non vedo, non sento, non parlo con cui ci siamo dovuti scontrare in questi anni di battaglie, una realtà saggia ed autorevole come l’Agcm ha espresso un parere genuino sul tema del monopolio Siae, senza lasciarsi influenzare da pressioni lobbystiche”.
Tutto questo mentre la Siae manda una lettera ai suoi 80mila iscritti parlando di “attacchi strumentali di soggetti interessati a ricavare profitti dall’intermediazione” e annuncia ai giornalisti di aver affidato a Image Building, società di consulenza di direzione in comunicazione, l’incarico di advisor per le attività di comunicazione istituzionale. Probabilmente ritenendo che comunicare meglio potrà giovare alla propria salvaguardia. (L.M.)