TechCrunch Italy

Fluentify, la startup delle lingue straniere ha un cuore italiano

Quattro giovanissimi di Torino hanno creato una piattaforma digitale per migliorare l’inglese parlando con tutors in video conferenza. La sede è in Uk ma vogliono tornare in patria. Perché “da noi, dietro a uno spesso strato di sfiducia, si nasconde uno dei più grandi potenziali del mondo”

Pubblicato il 24 Set 2013

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Hanno la sede nel Regno Unito ma il loro cuore è in Italia: sono 4 startupper che, in netta controtendenza rispetto a un momento storico in cui le aziende italiane migrano all’estero o vengono acquistate da gruppi stranieri, vogliono trasferire il loro business in patria. Al centro c’è Fluentify, piattaforma digitale che aiuta chi sta imparando una lingua straniera (inglese in primis) a migliorarla parlando online con madrelingua da tutto il mondo. Tra i finalisti al Tech Crunch Italy di Roma il 26 e 27 settembre, la startup è stata ideata Andrea Passadori, 24 anni, Giacomo Moiso, 24, Claudio Bosco, 22, e Matteo Avalle, 26, da Torino. Con loro Ian Merricks, creatore dell’Accelerator Academy di Londra, uno dei punti di riferimento di Fluentify in Inghilterra.

Passadori ha avuto l’idea proprio mentre era in Gran Bretagna. “Ho avuto la fortuna di intraprendere un corso di laurea internazionale che mi ha permesso di studiare a Londra e Parigi – spiega – ed ho subito notato le differenze tra questi due Paesi ed il nostro. In Francia e Uk la meritocrazia non è solo una voce del vocabolario e i giovani non hanno ancora perso la speranza nel futuro. Eppure questi due anni all’estero mi hanno aiutato a trovare la mia strada: ho anche scoperto quell’orgoglio di essere Italiano che prima mi mancava”.

Con lo stesso orgoglio descrive la sua creatura, alla quale il team sta lavorando da circa un anno. Registrandosi sul sito fluentify.com l’utente può scegliere tra vari tutor madrelingua (al momento 66) con cui migliorare il proprio inglese attraverso mezz’ora di conversazione in videoconferenza integrata (significa che avviene tutto all’interno della piattaforma e non è necessario “emigrare” su Youtube). I prezzi per mezz’ora di colloquio sono intorno ai 7/10 euro, ma la prima volta può scattare l’offerta da 1 euro. La startup incassa il 20% su ogni lezione. I madrelingua sono selezionati dai gestori del sito attraverso tre step: la compilazione di un formulario più un video di presentazione; la verifica delle competenze linguistiche del soggetto; e il feedback degli utenti che, al termine della conversazione, possono lasciare un “like” e un commento.

In 4 mesi di operatività Fluentify ha registrato 500 richieste di conversazioni: un dato che, a detta degli stessi founders, lascia ben sperare per il futuro.

In realtà il mercato è già coperto da alcuni big internazionali che offrono servizi analoghi: Live Mocha, Italk e Verbling. Ma Passadori non si lascia intimorire: “Noi puntiamo sulla qualità. A differenza di Live Mocha non vendiamo i corsi di lingue ma tutor. I nostri studenti hanno bisogno di migliorare la lingua straniera per gli scopi più vari, perciò può essere loro utile parlare con chi ha studiato legge se si accingono a praticare il linguaggio giudiziario o con chi ha vissuto nel sudest asiatico se stanno programmando un viaggio in Asia. Non importa che i tutor siano insegnanti di lungo corso, anzi a volte può essere un ostacolo”.

Per quanto riguarda ITalk, lo startupper fa notare che, per relazionarsi con il tutor, l’utente deve scaricare Skype, mentre Fluentify ha la sua piattaforma di videoconferenze interna.

Passadori è convinto di riuscire a sbaragliare i competitor, così come lo è sul previsto rientro in patria. “Vogliamo riportare Fluentify in Italia – dice – e tornare per dimostrare che è possibile costruire qualcosa di bello anche qui, nel Paese che in fondo la bellezza l’ha inventata. Crediamo che l’Italia nasconda sotto ad uno spesso strato di sfiducia uno dei più grandi potenziali al mondo, che potrebbe far impallidire paesi come il Regno Unito”.

In Uk i quattro torinesi hanno già attirato l’interesse di alcuni investors, tra cui un fondo italiano. “L’obiettivo resta quello di attirare un investitore nostro connazionale” ribadisce Passadori.

“La situazione in Italia è difficile, ma non disperata – conclude – e le cose possono essere cambiate, ma spetta a noi giovani investire tempo e fatica per farlo”.

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