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Fatti e antefatti di FashionINSTA, storia di Sylwia che con una startup libera sogni e ambizioni



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Lasciare un lavoro sicuro per avviare una nuova impresa. Avere paura ma fare quel che si desidera. La storia di Sylwia Szymczyk e della startup FashionINSTA può essere fonte di ispirazione per chi è imprigionato nella propria vita e aspirano a fare qualcosa di diverso

Pubblicato il 4 mar 2025



startup donne

Questa settimana vi voglio raccontare una storia di imprenditoria femminile, che ho avuto l’opportunità di vedere nascere. Non vi racconterò tanto del come la storia stia procedendo (l’occasione è stato il lancio ufficiale di FashionINSTA durante la Fashion Week di Milano che ha avuto peraltro ampia copertura negli scorsi giorni.

Vorrei piuttosto soffermarmi su quello che la storia può rappresentare come ispirazione per tante persone che sono, per ragioni diverse, “imprigionate” nella propria vita e che hanno un sogno o l’aspirazione a fare qualcosa di diverso.

Fashionista.ai, Sylwia Szymczyk e la startup che crea brand di moda con l'AI

Donne e startup, la storia di Sylwia

L’antefatto

Ho visto per la prima volta Sylwia Szymczyk nel video di presentazione per l’ammissione a The Liquid Factory. Era una dei 181 che si erano presentati. Era stata shortlisted tra il gruppo dei possibili selezionati. Mi era piaciuto il suo progetto (provare a cambiare la fashion industry dal di fuori invece che dal di dentro), ma nel video non avevo colto l’aspetto principale che poi, conoscendola di persona e vedendola lavorare, mi ha colpito di lei in modo particolare. Spoiler: non conta solo quello che si fa, ma conta perché lo si fa.

Settimana scorsa

Giovedì è stato un bel momento per Sylwia (e per il suo “partner in crime” Gil Moreno, che ha trovato durante il primo mese di incubazione – difatti una delle “red flags” in sede di ammissione era l’assenza di un co-founder tecnico).

Alla terrazza Gallia di Milano ha svelato Fashioninsta.ai: si rivolge a influencer, content creator e fashion blogger che amano la moda e ne sanno, che vorrebbero creare il proprio marchio di abbigliamento e i propri capi, ma non hanno le competenze operative né le possibilità economiche.

Perché non dare loro l’opportunità di creare le proprie collezioni visto che hanno un pubblico fidelizzato? Come? Attraverso l’intelligenza artificiale analizza il loro stile, i trend di mercato e le preferenze dei loro follower. Poi genera capi che combinano stile, tendenze e gusti del suo pubblico.

FashionINSTA crea contenuti social (foto e reel) in cui l’influencer indossa virtualmente i modelli scelti (sotto i video in cui io e Fabrizio Capobianco, il dominus di Liquid Factory, sfiliamo con uno di questi, era un test interno ma full disclosure), oltre a una pagina di vendita dedicata con link per gli acquisti. E poi si occupa della produzione (e qui l’esperienza di Sylwia di oltre quindici anni in questo mondo, partita come sarta e realizzatrice di carta modelli, fa tutta la differenza del mondo) e spedizione.

Fashionista.AI, i modelli
Fashionista.AI, i modelli

La settimana precedente

La settimana prima per Sylwia è stata forse anche più importante. Ha lasciato Timberland, ove lavorava all’interno dell’Apparel Team. Decisione pesante. Lasciare un lavoro ben pagato, dove le piaceva quello che faceva e si trovava bene…

Ma aveva un sogno nel cassetto che non aveva il coraggio di estrarre, anche per le ragioni di cui sopra. Dentro di sé, però, sapeva che, tenendolo nel cassetto, se ne sarebbe pentita per tutta la vita. In inglese lo chiamano “regret”. È un qualcosa che ti rimane dentro nonostante cerchi di soffocarlo con argomentazioni razionali, che, essendo razionali, sono tutte estremamente valide. Ma, nonostante siano valide e razionali, non soffocano il sogno. E, finché non provi a realizzarlo, ti rimarrà il rimpianto di non averlo fatto (il regret appunto) che crescerà giorno dopo giorno, tanto più forte quanto più la possibilità di realizzarlo verranno meno.

La storia di Sylwia è una storia di tanti. Ancora di più di tante donne e startup (me ne hanno raccontate un paio proprio questa settimana). Ove sogni e ambizioni restano “imprigionati” dallo status quo. Dal contesto (pesantissimo, chiamalo società, cultura, religione, giudizi, “aspettative” …) che fa da lucchetto al cassetto dei sogni

Due mesi prima

A volte qualcosa fa scattare la molla (della serratura) e spalanca il cassetto.
Sylwia racconta: “Poi, un post è apparso nel mio feed di LinkedIn. Qualcuno annunciava The Liquid Factory. Una competizione per aspiranti founder, con 200mila euro di investimento pre-seed per quattro partecipanti selezionati. L’ho tenuto aperto nel mio Chrome per due giorni. Poi ho deciso di provarci. Era il mio sogno.

Donne e startup, non è facile ma…

“Ho registrato un video, compilato i moduli e inviato tutto. Due round di interviste e… ce l’ho fatta! È stata una decisione facile? Neanche per sogno! Mai avuto così tanta paura.

-> La mia idea di business è pronta? No.
-> Ho 37 anni, sono molto più grande di altri founder.
-> Una startup non è un lavoro 9-5. Non finisce mai.
-> Avrei lasciato uno stipendio sicuro e una vita comoda.

Mi è servita una settimana per decidere. Ma il mio sogno era più forte della paura.
Un’opportunità del genere non si ripresenta due volte. E così, eccomi qui a realizzare il mio sogno. Forse uno molto più grande di me. Sono spaventata, ma anche entusiasta!”

Sylwia ce la farà? Non lo so ma…

E Sylwia ci sta provando. Ha trovato il suo co-founder, hanno fatto l’application a YCombinator, hanno lanciato la loro azienda davanti ad un ampio numero di fashion blogger e content creator.

Ce la farà? Non so.

1) Il bisogno è lì da vedere.
L’industria della moda (3,6 milardi di dollari) è “broken”. I grandi marchi stanno subendo perdite significative (i margini dell’80% si applicano a una piccola parte dei prodotti, la gran parte è overproduction da svendere o buttare). Dal disegno di un capo al suo arrivo sul mercato ci vogliono due anni. E in due anni tutto cambia.
Il fast fashion è forse pure peggio visto che, come HBO ha messo sotto gli occhi di tutti (“Brandy Hellville & the Cult of Fast Fashion”), genera migliaia di tonnellate di rifiuti.

2) L’opportunità esiste.
Oggi abbiamo tecnologie, come AI e 3D, che possono ridurre tempi e sprechi.

3) Dal dire al fare…
L’opportunità di mercato è gigantesca, la tecnologia può consentire di afferrarla, ma la sfida è tanto affascinante quanto impervia. Il mercato è restio, dal momento che i leader sono chiusi nei silos e nel “si è sempre fatto così”.

Vedremo come proseguirà il viaggio di Sylwia con FashionINSTA.

Nel mentre ha già vinto. A Milano l’ho vista stanca ma raggiante. Il cassetto è spalancato.

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