Volevano fare il binario del futuro: ecosostenibile, low cost e capace di generare energia pulita. E ora i ragazzi di Greenrail sono vicini all’obiettivo. Perché questa startup, che ha progettato una traversa ferroviaria (ovvero la sottostruttura del binario a cui sono fissate le rotaie) green realizzata in parte con plastica riciclata e gomma ottenuta da pneumatici fuori uso è tra i tre vincitori di Edison Start, il concorso che premia i progetti innovativi e sostenibili nell’ambito dell’energia, dello sviluppo sociale e culturale e delle smart community e di cui è già stata annunciata la nuova edizione, Edison Pulse, nel 2015, dedicata a energia e sviluppo del territorio
Greenrail ha trionfato nella categoria “energia”, aggiudicandosi 100 mila euro e la consulenza e il tutoring del management Edison insieme agli esperti del Mip Politecnico di Milano e dell’Università Bocconi. Gli stessi premi sono stati assegnati anche ai vincitori della categoria “sviluppo sostenibile”, Fiori di Campo (un progetto di turismo etico a Marina di Cinisi (Palermo), in un territorio confiscato alla mafia), e della categoria “smart community”, Park Smart (un sistema di gestione parcheggi basato su un software per il monitoraggio della disponibilità degli stalli di sosta e l’individuazione degli stalli liberi sfruttando un’infrastruttura che utilizza le telecamere di videosorveglianza).
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Le menzioni speciali sono andate invece a TortellinoHPC (energia), un server con un sistema di raffreddamento a immersione in un liquido isolante, Horus (sviluppo sostenibile), un occhiale speciale che dà suggerimenti a persone non vedenti e ipovedenti e Traipler, una piattaforma di videomarketing turistico.
I fondatori di Greenrail sono tre giovani startupper di Palermo: Giovanni De Lisi, ideatore della tecnologia, che lavora da anni nel settore dell’armamento ferroviario; Manfredi Inguaggiato, laureato in Farmacia ed esperto di diritto della proprietà intellettuale, che ha lavorato sulla miscela chimica del prodotto e si è occupato del brevetto; Salvatore Greco, architetto, che ha sviluppato il design.
L’idea di creare una traversa economica, silenziosa e capace di produrre energia al passaggio dei treni è nata dall’esperienza di lavoro di De Lisi, che ha notato come nel mercato europeo delle traverse ferroviarie (e in particolare, in quello italiano) ci fosse un ritardo nelle innovazioni green. Al momento, fa notare il fondatore, in Europa ci sono 380 milioni di traverse, l’85% delle quali in cemento armato pre-compresso, l’8% in legno e il restante 7% in altri materiali. In Italia, il calcestruzzo è ancora più dominante e ricopre il 98% delle linee. Il consumo medio è di 2 milioni di pezzi all’anno.
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Peccato che le traverse in cemento armato presentino alcuni limiti, tra cui l’alta polverizzazione del ballast (la breccia che giace al di sotto dei binari), la bassa resistenza allo spostamento laterale (che provoca il disallineamento dei binari), la rumorosità e l’elevata capacità di generare vibrazioni. I difetti delle traverse in calcestruzzo si traducono in costi più elevati di manutenzione e in maggiori spese da sostenere per i risarcimenti dovuti ai proprietari di edifici urbani danneggiati dalle vibrazioni. Se si conta che la maggior parte delle linee ferroviarie del nostro Paese è in mano allo Stato, i costi di ogni ritardo tecnologico nel settore sono a carico dei contribuenti.
Greenrail, che in ogni caso presenta una componente in cemento armato, vuole presentarsi sul mercato promettendo di essere la soluzione a
questi problemi: durata superiore ai 50 anni (contro i 30 anni di quelle in calcestruzzo), abbattimento di polverizzazione del ballast, vibrazioni e rumore. In più, si propone come sostenibile in quanto utilizza materiali riciclati e smart perché è progettata per generare energia quando passano i convogli.
«Il passaggio del treno sui binari – spiega De Lisi – produce uno schiacciamento che in grado di creare energia che altrimenti andrebbe dispersa: un sistema piezoelettrico posizionato sulle rotaie può recuperare questa energia, convogliarla lungo la linea e trasferirla alla rete».
Secondo quanto afferma l’ideatore, una linea metropolitana armata con traverse Greenrail con sistema piezoelettrico integrato potrebbe generare l’energia in grado di soddisfare il fabbisogno delle stazioni metropolitane e dei sistemi di sicurezza. Facciamo un esempio in cifre: in 100 km di linea, con il passaggio di 10/20 treni all’ora si potrebbero produrre 1,25 MWh di energia pulita.
Un’invenzione del genere, almeno per come è presentata da chi l’ha concepita, ha un potenziale che negli Stati Uniti definerebbero “disruptive”. Ovvero, individua un nuovo mercato (traverse con gomma e plastica esistono ma presentano alcuni limiti tecnici che non ne hanno favorito la diffusione) ed è allo stesso tempo in grado di invadere il mercato già esistente. Tant’è che i fondatori di Greenrail prevedono che al quinto anno di attività il fatturato della compagnia può essere di 39,3 milioni di euro e il flusso di cassa pari a 6,5 milioni.
Bei numeri, non c’è che dire. Prima di Edison Start, non sono mancati i riconoscimenti. Nel 2013 i ragazzi di Greenrail sono stati finalisti al premio Gaetano Marzotto e all’Intesa Sanpaolo Startup Initiative e hanno vinto Seedlab 2013: un insieme di riscontri che hanno fatto capire ai ragazzi di essere sulla strada giusta ma che non sono consistiti in premi in denaro.
Il denaro appena vinto potrebbe contribuire, non poco, alla fase di prototipazione e di omologazione, nella quale sono necessari 600 mila euro. Mentre per i due anni successivi, tra acquisto di macchinari, realizzazione di un nuovo impianto produttivo e liquidità operativa, servono finanziamenti, rispettivamente, per 1,8 e 1,2 milioni di euro.
Al momento, De Lisi e gli altri stanno incontrando fondi di investimento e venture capitalisti italiani e stranieri, hanno raccolto l’interesse delle ferrovie russe e di alcuni investitori in Israele e Sudafrica, Paesi notoriamente attenti alle startup ad alto potenziale. «La tentazione di sviluppare questo business all’estero c’è», ammette De Lisi. «Ma se come imprenditore non avrei problemi a farlo, da italiano mi dispiacerebbe. Tutti mi chiederebbero “perché non l’hai fatto in Italia?” e, purtroppo, già conoscerebbero la risposta».