Nella scena dell’innovazione italiana le donne sono ancora poche ma riescono a fare la differenza. Fondano startup pluripremiate, dirigono aziende digitali importanti, danno vita a eventi internazionali, fanno imprenditoria sociale, finanziano la creazione di nuove imprese e insegnano a diventare imprenditori fin dai banchi di scuola.
Un’idea di come l’ecosistema italiano si stia tingendo di rosa arriva dalle storie raccolte in Le donne dell’innovazione, il quarto degli speciali di EconomyUp realizzati con una selezione della prima stagione del magazine tv, andato in onda il 13 gennaio su Reteconomy (SKY 816) e in live streaming sul sito reteconomy.it.
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La prima storia è quella della co-fondatrice della startup che ha raccolto più finanziamenti nel 2014, Maria Cecilia Andretta, 32 anni: la sua creatura, Privategriffe, è una social boutique che trasforma l’armadio in un negozio. Questa piattaforma che permette a chiunque di vendere online il proprio abito griffato ha ricevuto nell’anno appena trascorso un aumento di capitale di 2,7 milioni di euro.
Un altro esempio di come la creatività e il talento al femminile stiano dando linfa vitale alla nuova imprenditoria made in Italy arriva da Enrica Arena e Adriana Santanocito, le due ragazze siciliane fondatrici di Orange Fiber, una startup che è riuscita a sviluppare un filato dagli scarti degli agrumi. In altre parole, partendo dalle arance hanno ideato un tessuto con cui si possono confezionare abiti totalmente ecosostenibili. A EconomyUp hanno raccontato come è nata l’idea, come sono riuscite a realizzarla e come stanno affrontando il mercato.
Una delle giovani imprenditrici italiane più note, anche a livello internazionale, per i suoi progetti di innovazione sociale è Selene Biffi, che Giovanni Iozzia ha intervistato a proposito di Bibak, un sistema di sensori per identificare le mine anti-uomo. «Il nostro obiettivo – ha detto l’imprenditrice – è creare sistemi che siano facilmente assemblabili dalle comunità locali e che poi possano essere riciclati una volta assolto il loro compito».
Tra le protagoniste del mondo dell’innovazione c’è anche Miriam Cresta, direttore generale di Junior Achievement Italia, la sezione italiana (esistente dal 2002) di un’organizzazione nata negli Stati Uniti nel 1919 che si propone di insegnare l’imprenditorialità e l’economia a scuola, dai 6 ai 19 anni. L’ìmprenditoria si può apprendere quindi sin da piccoli e per farlo c’è bisogno di un cambio di mentalità. «Bisogna passare dal sapere teorico al saper fare», ha detto Cresta davanti alle telecamere di EconomyUp. «La risposta della scuola italiana è stata superiore alle nostre aspettative».
Chiudiamo il nostro speciale sulle donne imprenditrici con una figura che conosce bene il mondo dei finanziamenti: Anna Amati, architetto prestato alla causa dell’innovazione, vicepresidente della società di venture capital Meta Group, componente del consiglio direttivo di Italia Startup, coordinatrice italiana della Kaufmann Foundation, il più importante centro mondiale per lo studio della nuova imprenditorialità. In studio, Amati ci ha anticipato a che punto è l’evento che sta organizzando, uno dei più importanti che si terranno in Italia quest’anno: il GEC2015, ovvero il Global Entrepreneurship Congress, il congresso mondiale dell’imprenditoria innovativa che porterà a marzo a Milano migliaia di startupper, investitori e policy maker da tutto il mondo.