Gli startupper spesso commettono errori, che possono pregiudicare anche il successo anche di un’idea che altrimenti avrebbe funzionato. Matteo Bogana, da coordinatore delle start-up del Polihub, ne conosce tanti, di giovani aspiranti imprenditori, e negli anni ha imparato a valutare non solo il loro talento (sono molte le exit e le storie di successo dell’acceleratore della Fondazione Politecnico di Milano) ma anche i loro tic e i loro limiti.
Li racconta ogni martedì sera alle 10 su Reteconomy nella sua rubrica Startup Corner, all’interno del nostro format EconomyUp. In questa occasione, ci siamo fatti raccontare e sintetizzare da Bogana i dieci errori più frequenti tra gli startupper. Se avete un’idea e sognate di diventare il nuovo Zuckerberg, stampate questa pagina e attaccatela vicino al vostro computer. Vi tornerà utile.
1) Non aprire un motore di ricerca web per cercare i competitor o le soluzioni sostitutive
“Troppo spesso la gente non fa neanche la fatica di verificare se c’è qualcun altro al mondo che ha avuto la stessa idea. Questo succede soprattutto con i social network, le app e tutto il mondo del digitale. In questi casi la competizione è internazionale, e la possibilità di un progetto simile già in giro sono molto alte”.
2) Non trasmettere una visione: spesso si guarda al dito invece che alla luna
“Gli startupper tendono a non trasmettere un’idea abbastanza estesa e ad alto potenziale ai propri interlocutori. Quando mi raccontano il progetto, invece di mostrarmi le potenzialità, e far vedere il mercato, si perdono nel dettaglio tecnico. È un problema tipico soprattutto di tecnici e ingegneri”.
3) Mancanza di sintesi: non andare velocemente al cuore del business
“L’interlocutore non starà ad ascoltarvi oltre la terza slide. Invece i ragazzi prima di arrivare al punto fanno passare svariati minuti, perdendo l’attenzione di chi hanno di fronte. C’è una tendenza alla supercazzola per così dire”.
4) Allinearsi al pensiero comune invece di andare controcorrente
“Leland Stanford, tra le altre cose fondatore della Stanford University, diventò una delle persone più ricche al mondo vendendo picconi ai cercatori d’oro. Insomma, riuscì a fare soldi guardando in modo diverso, e creativo, alla corsa all’oro”.
5) Non spiegare come si fanno i soldi e chi paga
“Ti raccontano diecimila cose ma dimenticano di chiedersi chi sono i clienti e come si fanno i soldi. Troppo spesso ci si mette a inventare prodotti o servizi senza avere in mente un revenue model oppure, peggio, pensando di competere sul mercato andando al ribasso sul prezzo”.
6) Sottovalutare l’importanza del core team
“Tecnico e venditore spesso si sottovalutano a vicenda, ma senza entrambi non si va da nessuna parte. Una startup è sempre fatta di qualcuno che inventa e qualcuno che vende”.
7) Sottovalutare la complessità della tecnologia nello scale-up e la scarsezza di tecnici capaci, specialmente informatici
“Un problema tipico delle startup che incontro è quello di concepire soluzioni ad alto contenuto tecnologico senza essersi posti il problema di trovare i tecnici. Avere in partenza quel tipo di persone nella propria squadra è assolutamente strategico. Quando sollevo il problema, mi dicono: questo poi lo farà il consulente. E poi vengono da me disperati perché non lo trovano”.
8) Non chiedere ai clienti che cosa pensino delle idee
“Errore tipico e grave: non confrontarsi con il mercato, avere paura di chiedere al cliente: ma questa cosa ti serve? Cosa ne pensi?”
9) Non mettersi nelle condizioni di poter fornire una validazione del progetto imprenditoriale (prototipo e feedback mercato)
“Troppo spesso ci si ferma alle idee, ai concetti, invece bisogna sempre avere pronti e in mano da mostrare a investitori e clienti qualcosa di concreto, reale”.
10) Sottovalutare i costi reali per l’avviamento di una startup
“Anche in questo caso è un problema di visione corta. Un esempio tipico che vedo spesso sono le startup che non mettono in conto i costi di marketing, quando si tratta di promuovere un nuovo social network, una app oppure una piattaforma di e-commerce”.