Dual Use Technologies. Ne avevo parlato qualche mese fa proprio qui su EconomyUp, anticipando che sarebbe stata the “next big thing”. E i dati sembrano darmi ragione.
Dual Use Technologies e Defence Tech: i dati
I dati, appunto, segnalano una crescita esponenziale. Ma facciamo un passo indietro.
Giovedì scorso, a San Francisco, Fincantieri ha inaugurato la sua Innovation Antenna in Silicon Valley con la presenza dell’AD Pieroberto Folgiero e gran parte del top management, oltre al sottosegretario alla Difesa Matteo Perego.
Posto che la Bay Area per sua natura non presta grande attenzione ad annunci o eventi autocelebrativi, abbiamo costruito un momento di approfondimento su un tema specifico (li chiamiamo Innovation Industry Talk) di scottante attualità: Defence Tech e Dual Use Technologies. E visto che, senza dati, si va poco lontano abbiamo analizzato a fondo questo ambito emergente, che, come gran parte delle nuove cose che succedono, i dataset tradizionali (basati su tags settoriali o tecnologici), non riescono a tracciare.
Abbiamo quindi analizzato – con il supporto del nostro partner Crunchbase – tutte le scaleup – oltre 60mila aziende – dei 47 paesi che appartengono alla Nato (o ne sono alleati o collegati) e siamo andati a vedere quali di queste fossero attive nelle macro-challenge e related technologie identificate come di interesse per il programma DIANA di Nato (che è, ad oggi, il programma di investimento in ambito Defence Tech più importante al mondo).
Per tutti i dettagli ed analisi rimando al Report Dual-use technologies going beyond the dual-use divide. Di seguito riassumo le evidenze principali.
Dual use Technologies, 1 startup su 4 sviluppa tecnologie con potenziale applicazione militare
Delle 60.000 scaleup tecnologiche dell’area Nato, 15.260 – il 25% – stanno lavorando su tecnologie Dual-Use. Di questo sottoinsieme, 885 (1,5% della popolazione totale) stanno in realtà già implementando soluzioni legate al settore militare o della difesa, con 170 aziende (lo 0.3% del totale generale) operanti principalmente nel settore della difesa (“Pure Defense-Tech”) e le restanti 715 che hanno sviluppato inizialmente soluzioni per usi civili e hanno poi “pivotato” verso il settore della difesa (si chiamano “Dual-Use Defense Tech”).
Quindi le startups che hanno attraversato la “porta” tra civile e militare sono ad oggi circa il 5% delle Dual Use companie.
Dual Use Technologies, dal 2021 è cambiato tutto
Dal 2021 si è chiaramente notato un radicale mutamento di approccio da parte del mondo degli investitori e dei VC nei confronti delle startup e scaleup operanti in ambito Defence.
Come noto, molti fondi hanno restrizioni nel fare investimenti in aziende operanti in armamenti e ambiti affini al settore militare perché i loro LP agreements (LPAs) spesso esplicitamente escludono alcuni settori (tra cui militare e pornografia).
Dall’invasione dell’Ucraina in poi, però il sentiment è radicalmente cambiato. Lo testimoniano, tra gli altri:
- il lancio di fondi e programmi dedicati (come il IF – Nato Innovation Fund di NATO, sopra il miliardo di dollari);
- L’ingresso nel settore di grandi VC e player come General Catalyst, Andreessen Horowitz e Y Combinator;
- Le “aperture” di player istituzionali come European Investment Fund (il cui capo degli investimenti VC David Dana ha recentemente dichiarato di stare valutando investimenti in 10 defence tech fund (e prevede di raddoppiare per il prossimo anno).
Gli investimenti stanno esplodendo
E gli investimenti in scaleups stanno letteralmente esplodendo, passando da qualche centinaio di milioni all’anno dell’ultima decade a diversi miliardi.
Fino al 2020 gli investimenti medi annui in Pure Defense-Tech non superavano i 200 milioni di dollari. Dal 2021, a seguito dell’invasione dell’Ucraina, si è avviato un ciclo di crescita esponenziale con una media di 2,5 miliardi di dollari raccolti all’anno.
Nel 2024, nei primi tre trimestri, sono stati raccolti 3,6 miliardi di dollari, cui si sommano altri 6-8 miliardi di dollari da parte di aziende Dual Use che hanno aperto al militare (quelle che abbiamo prima definito Dual-Use Defence Tech). Quindi nel 2024 l’intero comparto Defense-Tech potrebbe superare la soglia dei 10 miliardi di dollari di investito.
Per quanto sia difficile prevedere i tassi di crescita futuri, il comparto – che ultimamente si sta sviluppando con un CAGR del 50% – continuerà a crescere a ritmi significativi anche dettati dall’effetto moltiplicatore dato dalla crescente conversione da aziende deep tech con tecnologie Dual-Use in defence tech.
Il caso di Israele
Una accelerazione ulteriore alla crescita del settore, oltre all’afflusso diretto (e più rapido) di capitali sia pubblici che privati nelle startup attive nel defence tech, può venire dalla “conversione” di aziende dual use dal civile al militare. Ad oggi solo il 5% di queste aziende ha, ad oggi, applicato le proprie soluzioni anche al settore difesa. Se guardiamo ad Israele i dati suggeriscono che oltre il 60% delle startup dual use sia passata al militare. Si tratta di un potenziale 10x che, qualora applicato al bacino delle oltre 15 mila dual use scaleups, porterebbe ad una potenziale esplosione del comparto.
Un settore fortemente “capital intensive”
Le Defense Tech Scaleup raccolgono in media (dati medi ad oggi) 67 milioni di dollari. Quasi il doppio di una scaleup che sviluppa tecnologie con applicazione puramente commerciale ($43M). Quindi non è semplice costruire startup in questo ambito, anche in considerazione dell’alto livello di regolamentazione che connota l’ambito della difesa, i lunghi cicli di accreditamento e di vendita e le crescenti complicazioni alla exit (per le aziende operanti in settori strategici di interesse nazionale, si restringe notevolmente il campo delle possibili aziende acquirenti). I problemi di cui sopra sono in parte compensati da una grande stabilità di approvvigionamento (contratti lunghi a condizioni in genere remunerative) per chi riesce ad entrare nel settore.
L’ Innovation Antenna Fincantieri in Silicon Valley
Il recente approdo di Fincantieri in Silicon Valley con una presenza diretta a San Francisco insieme a Mind the Bridge rappresenta un passo importante perché consente di mettere al servizio del principale ecosistema di innovazione al mondo una esperienza industriale di operatività Dual-Use. Come ha sottolineato l’ Amministratore Delegato Pierroberto Folgiero: “Fincantieri è un laboratorio di innovazione nell’industria pesante, uno dei pochi rimasti in Italia. Siamo riusciti a mantenere una leadership mondiale grazie alla nostra capacità di integrare tecnologie complesse, che spaziano dalle navi da crociera alle unità militari. La difesa è per noi non solo una tradizione, ma un’area di innovazione continua: attraverso lo sviluppo di tecnologie Dual-Use, riusciamo a creare soluzioni che rispondono sia alle sfide civili che militari. Questo ci permette di anticipare i bisogni di entrambi i settori e di far evolvere la nostra offerta. In un contesto geopolitico incerto, la capacità di navigare tra questi due mondi diventa una risorsa strategica per l’industria e per il Paese.”
Visto il commitment dimostrato in questi giorni, le aspettative sono elevate.