Ora anche la Siae scrive una lettera aperta. La Società italiana degli autori ed editori, da qualche tempo al centro di un dibattito che la vede contrapporsi ad altre realtà impegnate nel campo della tutela del copyright, ha scritto “a tutta la comunità degli autori per sostenere il diritto d’autore e tutelare l’identità culturale italiana nel mondo digitale”. Lettera alla quale “hanno aderito” un migliaio di autori tra i più noti del panorama italiano. Solo per fare qualche nome: Claudio Baglioni, Franco Battiato, Pippo Baudo, Roberto Benigni, Adriano Celentano, Maurizio Costanzo, Luciano Ligabue, Fiorella Mannoia, Eros Ramazzotti, Carlo Verdone e molti altri. Un parterre des rois tutto stretto intorno alla Siae.
Sembra quasi una risposta indiretta a un’analoga appello dello scorso aprile al presidente del Consiglio Matteo Renzi, e in copia al ministro della Cultura Dario Franceschini, firmato da 349 tra startup, incubatori, acceleratori e innovatori, nell’ambito di un’iniziativa promossa da Soundreef, startup che si occupa di copyright musicale.
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I firmatari di questa missiva chiedevano di recepire la direttiva europea sulla gestione collettiva dei diritti d’autore, direttiva Barnier, che di fatto introdurrebbe in Italia la liberalizzazione del mercato dei diritti d’autore e, di conseguenza, metterebbe fine al monopolio della Siae. Non solo la direttiva non è stata recepita entro lo scorso 10 aprile, termine ultimo previsto dalla Ue, ma il ministro Franceschini ha detto che “non ha senso scomporre la parte nazionale” e invece “va fatto invece un lavoro urgente di profonda riforma della Siae”.
In seguito, a fine maggio, la Siae ha inviato una lettera, firmata dal direttore generale Gaetano Blandini, a tutti i suoi 80mila iscritti in cui, sostanzialmente, chiedeva agli artisti di stare al suo fianco contro gli “attacchi strumentali da parte di soggetti che vogliono entrare nel mercato della gestione del diritto d’autore non con il fine primario di tutelare e valorizzare il lavoro degli autori, ma con quello, certamente legittimo ma diverso, di fare profitti sull’intermediazione del vostro lavoro”.
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Il precedente documento era un messaggio agli iscritti. Quello nuovo punta a
rilanciare le posizioni degli associati Siae. Insomma far sentire la voce della “base”.
“Ha avuto una risposta trasversale, raccogliendo l’adesione di molti giovani autori e di nomi noti e meno noti dai diversi settori del comparto creativo e culturale: musica, cinema, teatro, televisione – sottolinea Filippo Sugar, Presidente Siae – a riprova del fatto che gli autori rappresentano il vero e proprio perno della nostra identità culturale nel mondo globale e digitale. È un motivo in più, come Società Italiana degli Autori e degli Editori, per continuare a difendere i valori di questa identità e soprattutto i diritti di chi crea tali valori”.
L’iniziativa, si legge nel comunicato diffuso dalla Siae, è nata dopo che lo scorso 22 aprile, a Ginevra, il Presidente della Confederazione Internazionale delle Società di Autori e Compositori (Cisac), Jean Michel Jarre, aveva dichiarato: “In futuro non ci sarà un mercato di contenuti se i creatori non saranno in grado di crearli. Dobbiamo proteggere chi crea questi contenuti. Proteggerli vuol dire proteggere il loro diritto ad avere una equa remunerazione per il loro lavoro”. Prima di lui, nel 2009, il suo predecessore Robin Gibb, indimenticabile leader dei Bee Gees, al Congresso Mondiale sul diritto d’autore di Washington aveva evidenziato che “il diritto d’autore non è una barriera al progresso ma un facilitatore della creatività e della comunicazione. Un diritto d’autore forte non ostacola lo sviluppo dell’utopia digitale che Google, Microsoft ed altri promettono. Il diritto d’autore promuove questo sviluppo. Senza tutela del diritto d’autore sarebbe il caos, che costituirebbe un insormontabile ostacolo per il progresso”.
Il messaggio degli autori italiani che hanno sottoscritto la lettera è: “In tutto il mondo gli autori hanno Società come la nostra, che non rispondono ad azionisti o a fiduciarie di venture capital, ma solo ai loro associati. Non si può svendere la creatività in nome di una liberalizzazione selvaggia o affidandola ad investitori che puntano a fare profitti sulla intermediazione del nostro lavoro, né con esenzioni ingiustificate e generalizzate. Noi produciamo cultura: la cultura è il seme della democrazia, della tolleranza, della libertà di pensiero, della storia e della identità di un Paese”.
(Qui la lettera aperta della Siae)
In realtà, sia da parte di startup come Soundreef, sia da parte di altri operatori del settore si è fatto più volte notare che il fatto che gli autori possano affidare la gestione dei propri diritti a uno o più organismi liberamente scelti, come prevede la direttiva Barnier, non comporta necessariamente una minore tutela del diritto d’autore, ma solo una maggiore libertà di scelta. Inoltre è stata più volte contestata la “gestione gravemente inefficiente e del tutto opaca” della Siae, come affermato da Pietro Ichino, senatore Pd, che ha preparato con Laura Puppato e Serenella Fuksia un emendamento alla legge 2345/2016 per accelerare il recepimento della direttiva Barnier per la liberalizzazione dei diritti d’autore.
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Da parte sua Filippo Sugar, presidente della Siae, ha avuto modo di spiegare in un’intervista a EconomyUp che “la questione è molto più complessa e più complicata di quanto si voglia far credere”, aggiungendo che la liberalizzazione potrebbe creare ulteriore confusione e che sono gli stessi grandi player della musica a spingere per avere pochi interlocutori
►Sugar (Siae): Per i diritti d’autore la liberalizzazione può produrre confusione
Sempre sulle pagine di EconomyUp si sono anche confrontati in un botta e risposta Sugar e Adriano Bonforti, founder di Patamu, startup che offre un servizio online di certificazione della paternità delle opere.
►Siae: la startup Patamu domanda, Sugar risponde
Ora arriva la lettera firmata da big quali quelli citati sopra e altri come Francesco Guccini, Emis Killa, Mario Lavezzi, Franco Migliacci, Mogol, Gino Paoli, Piero Pelù, Gabriele Salvatores… In confronto appare obiettivamente poca cosa l’adesione di Gigi D’Alessio a Soundreef, che aveva fatto tanto rumore. Ma la Siae ha dalla sua il vantaggio di 130 anni di monopolio. (L.M.)