Digital Venice, Onetti: “Occasione storica per le startup europee”

Il chairman di Mind the Bridge: “Per la prima volta in un evento del Consiglio Europeo si dà spazio alle startup, è un forte segnale politico”. Intanto decolla Sep, piattaforma per lo scale up delle imprese innovative europee: “Spiccheranno il volo tra qualche anno. Ma già nella Ue ci sono casi di successo”

Pubblicato il 17 Giu 2014

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Alberto Onetti, chairman di Mind the Bridge

L’8 luglio l’Italia inaugurerà ufficialmente con Digital Venice, assemblea europea per il digitale, il semestre di presidenza del Consiglio Europeo a Venezia. Uno dei cinque workshop tematici dell’evento si chiamerà “Startup Europe!” e sarà dedicato a identificare le priorità e le linee di intervento per sostenere la crescita del fenomeno startup in Europa. Tutto insomma sembra congiurare, positivamente, per dare impulso all’ecosistema delle startup italiano ed europeo. Lo sa bene Alberto Onetti, Chairman di Mind the Bridge, perché la sua organizzazione no profit italo-americana sta coordinando Sep-Startup Europe Partnership, piattaforma per sostenere l’internazionalizzazione delle imprese innovative presentata il 22 maggio da Neelie Kroes, commissario all’Agenda digitale e vice-presidente Ue. Insomma, sta cercando di dare impuslo alle nuove, grandi startup del futuro, italiane ed europee.

Onetti, cosa significherà Digital Venice per le startup?
L’Italia ha paradossalmente l’opportunità storica di fare molto di più per le startup. Dopo gli imbarazzi organizzativi, il nostro Paese sembra sia determinato a cogliere questa opportunità. Uno dei cinque workshop, “Startup Europe!”, sarà appunto incentrato sulla crescita del fenomeno startup in Europa.

Perché è importante?
Perché è la prima volta in assoluto che, nell’agenda di un evento sotto l’egida dal Consiglio Europeo, viene dato spazio al mondo delle startup. Quindi da Venezia arriva un segnale – politico – forte per il mondo delle startup. Un segnale che sarà ancora più forte se il tema delle startup sarà anche incluso nella Venice Declaration, la dichiarazione che verrà presentata nel prossimo incontro dei Capi di Stato e di Governo a Novembre.

In concreto cosa può fare l’Europa per le startup?
Se immaginiamo il mondo delle startup come una piramide, vediamo che finora si è lavorato moltissimo sulla base, ed è un’ottima cosa, ma adesso c’è bisogno di lavorare più sull’altezza. Vogliamo che qualche realtà imprenditoriale esca dal guscio e prenda il volo. Se non succede tutto il sistema crolla. Uno degli strumenti è Sep, che figura tra le 6 azioni individuate dalla Commissione europea per sostenere tutto quello che è legato al modo delle startup e in particolare lo scale up delle neo-imprese, la loro crescita. Il problema di fondo dell’Europa, e in particolare dell’Italia, è proprio questo: da un lato si è sviluppato un ecosistema favorevole alle startup ma manca un sostegno efficace alla loro capacità di crescere e diventare aziende interessanti.

Nasceranno Google, Facebook e Twitter europei?
I giganti dell’hi-tech non vivono in Europa, ma non sono cose che si risolvono con la bacchetta magica. La Commissione Ue ha attivato il programma Sep per attraverso il intervenire su quelle startup che hanno già fatto il primo passo, ovvero hanno trovato i primi capitali e sono già strutturate. Non interveniamo sulla fase seed, per intenderci.

Come le selezionate?
Nei vivai naturali delle startup: incubatori, acceleratori, fondi. I soci fondatori di Sep sono Telefonica, Orange, Bbva, fondi di investimento (European Investment Fund, parte dell’European Investment Bank Group) e alcune delle più importanti università europee. E Telecom Italia è la prima azienda in Europa a supportare Sep come corporate member. Noi facciamo incontrare queste grandi aziende già affermate con quelle che stanno per spiccare il volo. Portiamo a bordo i ‘piccoli’, insomma. Prima però cerchiamo di capire a quali aree tech sono interessate le grandi aziende: facciamo valutazioni di richieste ed esigenze, e in base a quelle valutazioni, facciamo partire un’attività di scouting a livello europeo che fa leva, come dicevo, su fondi e acceleratori. Così le grandi imprese europee possono instaurare partneship con i neonati imprenditori su tre livelli: acquisto di beni e servizi, investimenti e acquisizioni. Lo abbiamo fatto a Napoli il 13 maggio, lo faremo a Madrid il 26 giugno.

C’è già qualche partnership?
A maggio le aziende hanno incontrato 8 startup. So che c’è stato un incontro di followup. Ma siamo appena all’inizio: i primi risultati concreti si vedranno nell’arco di qualche anno. Dobbiamo mettere in moto la macchina, allargare la base delle corporate. Questa prima fase del programma Sep si chiama Matching. Poi c’è lo Sharing.

Di cosa si tratta?
In occasione degli eventi, le corporate, che hanno tutte queste programmi di accelerazione per stratup, si incontrano e condividono le esperienze. Ci sono panel aperti al pubblico, molto interessante sia per le corporate stesse sia per chi fa parte del mondo delle startup. A Parigi l’11 febbraio 2015 è previsto un panel di questo tipo. In pratica puntiamo a creare cultura nella relazione tra startup e grandi imprese. Infine, terza fase del Sep è il Mapping: stiamo facendo l’analisi delle startup più interessanti e il lavoro di mappatura sta ottenendo risultati. Abbiamo pubblicato un report. Raccoglieremo e pubblicheremo dati. È importante per capire il fenomeno e promuovere i casi di successo.

Riuscirete a replicare il caso Skype, piattaforma messa a punto in Estonia e poi venduta agli americani di Microsoft?
In effetti ce ne sono di startup europee che hanno avuto successo o che sono state acquisite a suon di milioni di euro fuori dall’Europa. Penso a King, società britannica fondata da un italiano che propone il gioco Candy crush, penso al caso Spotify, o alla finlandese Angry Birds o all’inglese Shazam. Ma non si può parlare, come azzarda qualcuno, di una Silicon Valley europea. La Silicon Valley è un ecosistema unico al mondo che nessuno finora è stato in grado di replicare e l’Europa in questo senso ha un gap da colmare. Ma le startup stanno portando un nuovo e forte fermento imprenditoriale in quasi tutti i Paesi europei, fermento che va accompagnato e sostenuto per evitare che vada disperso.

Però alcuni analisti sostengono che la frammentazione del mercato delle tlc e il lento sviluppo delle nuove tecnologie nella Ue freneranno lo sviluppo dell’ecosistema delle startup. Cosa ne pensa?
Paragonata agli Usa, effettivamente l’Europa risente della frammentazione in tanti Stati diversi e di una diversa cultura d’impresa, meno orientata alla crescita e all’innovazione. Ma c’è fermento nel mondo delle startup e per alimentarlo servono capitali, soprattutto venture capital, una normativa che semplifichi l’avvio, la gestione e la chiusura delle imprese, casi di successo (gli esempi valgono più di mille parole) e un ponte solido e strutturato per connettere startup e imprese esistenti. A questo punta Sep.

E cosa risponde a chi fa notare che le startup europee poi emigrano negli Usa?
È un dato di fatto, non demonizzerei il fenomeno: meglio una startup che ha successo all’estero di una che muore a casa. Certo, bisogna creare le condizioni perché molte decidano di restare e altre arrivino in Europa da altre aree. Non dimentichiamo che il successo della Silicon Valley dipende dagli “immigrants”: questa è la prima lezione da imparare.

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