Da dove arrivano i soldi del venture capital in Italia? Dal 2013 sono stati raccolti poco più di 2 miliardi, la maggioranza dei capitali arriva da investitori pubblici e privati, perché ancora aziende e soggetti istituzionali investono poco sulle nuove imprese innovative. È il principale risultato di uno studio di Italian Tech Alliance, l’associazione degli investitori professionali, realizzato analizzando i dati relativi al capitale raccolto dalle SGR (o equivalenti) in Italia dal 2013 a oggi, con l’obiettivo di comprendere la provenienza delle risorse che hanno alimentato il mercato tecnologico nell’ultimo decennio (dal calcolo è stato escluso l’ammontare a disposizione di CDP Venture Capital SGR per investimenti diretti).
Venture capital, i soldi raccolti dal 2013 e quelli che restano da investire.
Il venture capital in Italia è ancora giovane e gracile, questo lo sappiamo da tempo. Negli ultimi anni si è registrata una significativa crescita, grazie anche all’azione del Fondo Nazionale Innovazione e nel 2022 è stata superata la soglia psicologica dei 2 miliardi. Ma se si guarda a un periodo più lungo, escludendo l’intervento di CDP Venture Capital, i dati propongono l’immagine di un mercato ancora asfittico. Dal 2013 a oggi i fondi italiani hanno raccolto 2,372 miliardi di euro, di cui 1,2 miliardi già investiti in startup e PMI innovative, mentre 1,172 miliardi sono ancora disponibili per investimenti. Quindi poco più di 200milioni l’anno, con una evidente impennata nel corso degli ultimi anni. Non tutti sono stati investiti, come è giusto che sia.
Quel miliardo o poco più rappresenta il cosiddetto Dry Powder, ovvero il totale di masse già raccolte dai VC dai propri Limited Partner e ancora disponibili per essere investiti: non è sufficiente a coprire le esigenze di crescita dell’ecosistema italiano dell’innovazione, segnala ITA.
Venture capital in Italia, da dove arrivano i soldi
Il 49,9% della raccolta dei VC italiani è riconducibile a investitori sovrani, con CDP Venture Capital SGR (o storicamente Fondo Italiano d’Investimento) e Fondi regionali che contribuiscono per un totale di 693,9 milioni, pari al 29,3% del totale raccolto, per un taglio medio d’investimento di 26,7 milioni nei 26 fondi in cui sono presenti. A questi si aggiungono i 488,5 milioni dell’European Investment Fund (EIF), che pesano per il 20,6% sulla raccolta complessiva, con una presenza in 15 fondi e investimenti medi di 32,6 milioni.
Dopo gli investitori sovrani, ci sono le corporate e, a sorpresa, gli investitori privati. Buoni ultimi gli investitori istituzionali.
Venture capital, la latitanza di aziende e investitori istituzionali
Investitori istituzionali e grandi corporate contribuiscono in maniera considerevolmente inferiore rispetto a quanto avviene altrove.
A corporate (244,6 milioni) e banche (227,3 milioni) è riconducibile il 19,9% della raccolta, con le prime che totalizzano il 10,3% delle masse raccolte dai VC, con una presenza in 20 fondi e un investimento medio di 12,2 milioni, mentre le banche rappresentano il 9,6%, sono presenti in 25 fondi e investono in media 9,1 milioni.
In controtendenza il dato relativo agli investitori privati, che complessivamente pesano per il 15,7%, risultando fra le categorie maggiormente presenti fra quelle prese in esame, pur a fronte di una minore disponibilità di risorse. Nel dettaglio, i Family Office e altre tipologie di investitori privati hanno sottoscritto fondi per 296,7 milioni (pari al 12,5% del totale investito, con la presenza in trenta fondi e un investimento medio 9.9 milioni) e le SGR 67,3 milioni, corrispondente al 2,8% del totale investito, per un investimento medio di 2,2 milioni e anch’esse presenti in trenta fondi.
Gli investitori istituzionali sono la categoria meno presente tra quelle considerate, con un totale impegnato che corrisponde al 14,9% del totale, molto scarso rispetto alla loro potenziale capacità di investimento.
In particolare le casse di previdenza professionali, con 164,1 milioni pesano per il 6,9%, con un investimento medio di 10.9 milioni in 15 fondi; le fondazioni bancarie hanno contribuito con 155 milioni mentre i sistemi contrattualistici complementari – Fondi Pensione Negoziali, Fondi Pensione Preesistenti (FPP), Casse e Fondi di assistenza sanitaria integrativa -, presenti in cinque fondi, hanno erogato 23 milioni, con una percentuale sul totale raccolto appena dell’1% e un investimento medio 4.6 milioni. 11,6 milioni sono invece quelli riconducibili a fondi pensione aperti (FPA), piani individuali pensionistici (PIP) e compagnie assicurative, corrispondenti allo 0,5% della raccolta, con un investimento medio di 1,7 milioni e la presenza in soli sette fond.
Giuseppe Donvito: che cosa dovrebbe cambiare
“Dal report emergono alcune evidenze che ci aiutano a meglio comprendere gli elementi che dovrebbero cambiare o migliorare per dare una forte spinta alle risorse investite in innovazione in Italia”, commenta Giuseppe Donvito, presidente di Italian Tech Alliance.
“L’European Investment Fund ha effettuato ancora pochi investimenti in VC italiani, essendo presente solamente nel 58% dei fondi partecipati anche da CDP Venture Capital SGR. Inoltre, gli investimenti di corporate e banche nei fondi sono ancora decisamente inferiori rispetto a quanto si verifica in altri Paesi europei come Francia, Spagna e Germania. A questo bisogna aggiungere che gli investitori istituzionali sono la categoria meno presente tra quelle considerate, con un totale impegnato molto inferiore rispetto alla loro potenziale capacità di investimento, mentre all’estero questi soggetti sono ampiamente presenti nei fondi di VC”.
“Tenendo in considerazione la minore disponibilità di risorse”, conclude Donvito, “gli investitori privati risultano quelli che in percentuale hanno investito in maniera maggiore rispetto alle altre categorie analizzate. In questo contesto, un elemento positivo è il crescente interesse di operatori stranieri a investire in Italia”.