Banca d’Italia e Consob accolgono le istanze di Aifi per la creazione di un mercato europeo dei fondi. Sono stati pubblicati gli attesi provvedimenti dei due enti sulla direttiva AIFM e, da una prima analisi dei documenti, si legge in un documento diffuso dall’Associazione italiana del private equity e venture capital, emerge come siano state recepite gran parte delle istanze avanzate da AIFI nella consultazione avvenuta nel corso del 2014.
In particolare dal Regolamento Banca d’Italia è stata accolta la richiesta di abbassare il capitale minimo iniziale per i gestori specializzati nell’attività di private equity, che viene ridotto a 500mila euro per i gestori i sopra soglia e a 50mila euro per tutti i gestori sotto soglia.
In generale, nei regolamenti di Banca d’Italia e di Consob molti aspetti che sono stati oggetto di consultazione sono stati adeguati alla miglior prassi internazionale, come richiesto da AIFI.
“Le autorità italiane hanno fatto un buon lavoro per mettere gli operatori italiani sullo stesso piano di quelli internazionali” dichiara Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI. “Il contributo di AIFI sul documento di consultazione, è stato importante per arrivare ai provvedimenti pubblicati oggi. Siamo soddisfatti e molto positivi del dialogo instaurato sia con Banca d’Italia sia con Consob e dei risultati raggiunti a vantaggio dei fondi che rappresentiamo”.
Pochi giorni fa l’AIFI aveva deciso di uscire allo scoperto. L’Associazione che riunisce gli operatori del Private Equity e del Venture Capital ha inviato a Banca d’Italia una serie di proposte sul recepimento della direttiva europea AIFM, che dovrebbe contribuire alla creazione di un mercato “interno” (cioè europeo) dei fondi. Prima di entrare nei dettagli tecnici è necessario spiegare la posta in gioco: la paralisi del sistema italiano del venture capital. Perché? I fondi si sono organizzati con società di investimento. Adesso Bankitalia intima che si trasformino tutti in SGR, cioè Società di Gestione del Risparmio. Cosa cambia? Costi e burocrazia. E non è cosa da poco soprattutto in un momento in cui il mercato non sembra particolarmente brillante.
Ecco quindi le proposte inviate da Aifi a Bankitalia per attuire l’impatto con la Direttiva:
• Capitale sociale minimo per l’autorizzazione dei gestori sopra soglia allineato a livello internazionale AIFI chiede un allineamento con gli altri Paesi sul capitale minimo per la costituzione dei gestori sopra soglia;
• Esenzione, per i gestori sotto soglia, dall’obbligo di istituire una funzione di valutazione indipendente AIFI chiede un’esenzione tout court per i gestori sotto soglia perché l’istituzione di unafunzione ad hoc costituirebbe un aggravio di costi senza contributi informativi aggiuntivi, considerato il ruolo-chiave e le competenze del gestore di un fondo di private equity e venture capital in questo processo;
• Moratoria per l’adeguamento delle investment companies di private equity e di venture capital AIFI chiede di prevedere una moratoria di un anno per gli obblighi di adeguamento e di richiesta di autorizzazione per le Sicaf riservate sotto soglia. Questa è finalizzata a concedere più tempo agli operatori di private equity e di venture capital già esistenti per permettere l’adeguamento delle strutture attualmente non vigilate e la negoziazione delle nuove condizioni con i propri investitori;
• Politiche di remunerazione allineate a quelle internazionali AIFI sottolinea la necessità di non introdurre elementi di svantaggio competitivo rispetto ad altri Paesi che hanno già implementato le linee guida sulla remunerazione, chiedendo di applicare un principio di proporzionalità. Il consiglio direttivo ha poi affrontato il tema del credito d’imposta per fondi pensione e enti previdenziali a fronte di investimenti di medio lungo periodo (c.d. Legge di Stabilità 2015). È stato infatti introdotto un credito d’imposta per i fondi pensione e gli enti previdenziali ma tale agevolazione è riconosciuta a condizione che un ammontare corrispondente al risultato netto maturato assoggettato a imposta sostitutiva o ai proventi, sia investito in attività finanziarie a medio lungo termine. AIFI ha inoltrato una richiesta al MEF per far includere, tra le asset class, gli investimenti in fondi di private equity, venture capital e minibond oltre alla richiesta di ampliare il plafond di risorse attualmente destinate all’agevolazione, pari a 80 milioni di euro.
Questa richiesta segnerebbe un ulteriore strumento per consentire ai fondi di private equity, venture capital e minibond di attrarre capitali utili a investire nel nostro Paese. I primi dati sui risultati del 2014 evidenziano una crescita della raccolta mondiale per i fondi del 16% rispetto al 2013” afferma Innocenzo Cipolletta presidente AIFI, “questo fa ben sperare che nel 2015 anche in Italia si possa essere ottimisti sulla crescita per gli investimenti nel capitale di rischio. E questo sarà certamente un contributo alla crescita del Paese che si annuncia debole per l’anno in corso”