Crowdfunding, la moltiplicazione dei nani

In Italia sono presenti oltre 40 piattaforme, di cui 27 già attive. Il valore complessivo dei progetti finanziati ha superato i 23 milioni di euro. Ma siamo ancora all’inizio e dobbiamo superare l’ostacolo del digital divide. È quanto emerge dal report annuale sul mercato del crowdfunding in Italia

Pubblicato il 22 Ott 2013

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“L’Italia è a buon punto, ma il crowdfunding è solo all’inizio”. Lo dice Daniela Castrataro, cofondatrice di Twintangibles, che ha elaborato il report annuale sul mercato del crowdfunding in Italia, curato insieme a Ivana Pais e presentato nella seconda edizione della conferenza Crowdfuture a Roma.

Attualmente nel nostro Paese sono presenti oltre 40 piattaforme, di cui 27 già attive. Il valore complessivo dei progetti finanziati – continua la Castrataro – ha superato i 23 milioni di euro”. Una cifra importante se si pensa che solo un anno fa erano 16 le piattaforme attive e in Italia ancora in pochissimi conoscevano il significato e le potenzialità del crowdfunding. I numeri, in aumento negli anni, confermano anche i dati diffusi a Las Vegas durante la convention mondiale. Lì, si era parlato di un raddoppio delle cifre, con una stima di 5 miliardi di dollari raggiunti nel 2013.

Dalla nascita negli Stati Uniti di Grameen Bank, e poi di Kickstarter, vero e proprio apripista nel 2009, si è fatta dunque già molta strada. Ma il mercato italiano è caratterizzato da una particolarità: “Manca un big player, tutte le piattaforme sono allo stesso livello di sviluppo – racconta la Castrataro a EconomyUp.it – non ce n’è una in grado di raccogliere più delle altre”.

Un passo avanti nello sviluppo della materia, si è fatto con il recente Regolamento della Consob, approvato nel mese di giugno e prima normativa simile ad essere stabilita in un Paese europeo. “Il Regolamento ha reso la materia mainstream”, continua la cofondatrice di Twintangibles. Dal report emerge anche che sono oltre 50mila i progetti ricevuti dalle piattaforme italiane, e 15mila quelli approvati, che sono soprattutto reward-based, cioè donazioni in cambio di una ricompensa.

Grande ostacolo rimane ancora il digital divide, che continua a colpire e caratterizzare l’Italia, condizionando anche lo sviluppo di piattaforme di crowdfunding. Resta poi da risolvere un problema culturale di fondo. Per farlo, occorre continuare a “promuovere eventi come la conferenza Crowdfuture e agire a livello strutturale”.

Ad esempio, sfruttando il fatto che le piattaforme territoriali e settoriali, come è stato rivelato nel report annuale, hanno maggiore presa perché “coinvolgono una comunità precisa”. E’ questa una delle principali tendenze del crowdfunding in Italia. Grazie alla ricerca è stato possibile riscontrare anche una difficoltà molto diffusa: le piattaforme cosiddette “equity”, vale a dire quelle in cui si scambia una partecipazione azionaria con il denaro investito, spesso non riescono a trovare intermediari finanziari a cui appoggiarsi.

Superate queste difficoltà, anche nel nostro Paese si potrà diffondere ancor di più il ricorso agli strumenti di finanziamento via web, anche se “prevederne il futuro è davvero un’impresa”.

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