Quante volte avete fatto un acquisto online e vi siete preoccupati di non essere a casa al momento della consegna? Una startup piemontese, Indabox, prova a risolvere il problema con un sistema tanto semplice quanto originale: organizzare una rete di bar (ma anche supermercati, edicole e tabaccherie) in cui gli acquirenti possono ritirare comodamente i prodotti comprati sul web. In altre parole, la merce si riceve al bar sotto casa pagando un sovrapprezzo di 3 euro (di cui 1,5 vanno al bar e 1,5 alla startup).
Per attivare il servizio è necessario registrarsi sul sito di Indabox, indicare in fase di ordine l’indirizzo del bar in cui si desidera ritirare la merce e comunicare al bar, attraverso la piattaforma della startup, di ritirare e custodire il pacco in arrivo.
“L’idea è nata da un’esigenza personale”, racconta Giovanni Riviera, fondatore e ceo di Indabox. “Erano tanti anni che compravo online. Ma ero stufo di dire a mia madre di rimanere a casa per aspettare il corriere e ritirare la merce. Così, ho iniziato a sfruttare un bar”. A quel punto, rilevato che si trattava di un bisogno diffuso, Riviera, esperto di marketing, ha coinvolto Michele Calvo e Mariano Abbona, e ha fondato la startup.
Il lancio risale al febbraio del 2013. “Ci siamo buttati e abbiamo iniziato ad affiliare i primi venti bar a Torino, facendoci pubblicità con i nostri soldi”. I primi riscontri furono positivi. Ma limitare l’esperienza al solo capoluogo piemontese non avrebbe avuto molto senso. Così, Riviera e i suoi soci si mettono a cercare finanziamenti per ampliare il business anche a livello nazionale.
L’idea di fondo è che, da una parte, molti utenti sono disposti a spendere una piccola cifra per la comodità (“gli utenti che fanno spese medie di 100-120 euro non si fanno problemi ad aggiungerne 3 per vedersi recapitati la merce in un luogo comodo”, spiega Riviera) e, dall’altra parte, i bar e i punti vendita fisici sono interessati ad affiliarsi perché è probabile che chi va a ritirare il pacco ne approfitti anche per fare una consumazione “offline”. “Per vari punti di ritiro può essere anche l’occasione per conquistare nuovi clienti”, aggiunge.
Il primo investitore a credere nel progetto è un gruppo di angel piemontesi, il Club degli Investitori, che nel luglio 2013 accorda loro un seed di 65 mila euro e un secondo round a giugno 2014 di 350 mila euro.
Al momento, la rete Indabox conta circa 700 punti di ritiro in tutta Italia, ma concentrati principalmente su Torino, Milano e Roma. “L’obiettivo è arrivare a 1.500 punti di ritiro nel 2014 e a tremila nel 2015”, afferma il ceo. La startup ha stretto anche un accordo con Carrefour: in circa 60 market tra Milano e Roma i clienti possono usufruire del servizio Indabox.
Per poter entrare nella rete i bar devono possedere alcuni requisiti: fare orario continuato, essere privi di videopoker o slot machine, essere distanti almeno 350 metri da un altro punto di ritiro, avere una connessione internet e disporre di un luogo idoneo e chiuso dove custodire la merce. Quanto agli ordini, non possono riguardare prodotti alimentari, devono pesare massimo 15 chili ciascuno, avere un volume massimo di 0,2 metri cubi e un valore di non oltre 500 euro.
Negli ultimi mesi, Indabox ha sviluppato dei moduli software che sono integrabili direttamente in alcuni siti di e-commerce. In questi casi, l’utente ha la possibilità di selezionare il punto Indabox senza indicarne l’indirizzo a mano, ma individuandolo direttamente dalla mappa. “Puntiamo a moltiplicare i siti integrati ma vogliamo portare avanti entrambe le strade: è importante che la nostra piattaforma resti universale e utilizzabile per acquisti effettuati su qualunque sito di ecommerce in Europa”.
Interessante notare come il principale investitore di Indabox, Riccardo Bertolino (nominato business angel piemontese dell’anno), sia anche il proprietario di Astelav, una società che distribuisce ricambi di elettrodomestici e che ha integrato nel proprio sito il modulo per accedere direttamente alla mappa dei punti di ritiro Indabox. In un solo colpo, ha investito su una startup che ha buone prospettive di crescita e ha “adottato” il servizio offerto da quest’ultima per arricchire l’offerta della propria azienda. È un caso di collaborazione tra startup e Pmi da tenere sott’occhio.
Ma se si mettono a fare un servizio simile anche i colossi dell’ecommerce e della logistica? “È una cosa che abbiamo messa in conto: è inevitabile che prima o poi scendano in campo anche i big. Ma la cosa non ci spaventerebbe più di tanto. Per esempio, se Amazon offrisse un servizio del genere, forse avremmo difficoltà con i loro clienti. Ma se l’utente compra da eBay? Può usufruire comunque di Indabox. Stesso discorso per i corrieri. Se Bartolini introducesse una piattaforma simile, non avremmo problemi con Ups o con altri corrieri. La nostra trasversalità ci consente di essere competitivi in diverse situazioni di mercato”.