Luca aveva incontrato la ragazza della sua vita in un pub: era amore a prima vista. Quattro chiacchiere, poi lei accetta di bere qualcosa. Il locale era affollatissimo, la coda interminabile, ma lui si butta nel mucchio e riemerge dopo quasi mezz’ora con i drink in mano. Purtroppo, nel frattempo, lei era sparita.
Così è nata Cloubs, applicazione disponibile su smartphone che permette ai clienti dei locali notturni di ordinare bevande in autonomia direttamente dal proprio telefono. Luca, forse, non ritroverà quella ragazza, ma lui, come gli altri che useranno l’app, non si lasceranno scappare così facilmente la prossima.
I creatori di Cloubs, Luca Tarasco, ceo, Gian Marco Toso, Cto e Lorenzo Rando, Cfo, tutti e tre torinesi, si sono aggiudicati di recente uno dei grant da 25mila euro di Working Capital. Ma prima di quel momento avevano già percorso un po’ di strada. “Decisivo è stato l’incontro con Marco Zamperini – racconta il ceo – che ricordo con grandissimo affetto: è stato il primo a darci retta, prima ancora che scegliessimo il nostro nome e prima che io avessi la minima idea di cosa fosse un pitch. Durante un ‘Mentor Corner’ in WCap lui mi ha pazientemente ascoltato e mi ha incoraggiato a frequentare gli incontri pubblici organizzati da Working Capital. Si sono rivelati momenti di crescita personale e professionale decisivi. Da allora l’impegno si è fatto molto più serio e abbiamo cominciato a lavorare per Cloubs a tempo pieno”.
Prima di Zamperini, il funky professor grande divulgatore di Internet scomparso di recente, c’era stato, naturalmente, l’incontro fra i tre giovani. Luca e Gian Marco si conoscono da quando erano piccoli e vivono nello stesso quartiere. Dopo gli studi in Filosofia a Torino, Tarasco ha conseguito un Master in Design alla Domus Academy di Milano e lavorato come designer free-lance. Toso, che da ragazzo era il punto di riferimento di tutto il quartiere per chi aveva il computer in panne, è laureato in Ingegneria Informatica al Politecnico di Torino e lavora come sviluppatore freelance, collaborando anche come ricercatore presso l’Istituto Superiore Mario Boella. “Con Rando invece – spiega Tarasco – ci siamo conosciuti all’università una decina di anni fa durante un seminario teatrale. Dopo esserci persi di vista, ci siamo rincontrati in modo rocambolesco in un aeroporto in Olanda”.
Ma il biglietto di ritorno era per l’Italia, visto che è qui che i tre hanno fondato Cloubs e dato vita a questa un’applicazione gratuita, presto disponibile sull’AppStore di Apple (al momento è operativa solo iOS). In pratica consente la consultazione dei menù del locale in cui ci si trova, e l’ordinazione veloce del prodotto desiderato, attraverso il proprio dispositivo. Cloubs può essere inoltre utilizzato dagli utenti come strumento social, in quanto è possibile ordinare anche per i propri amici. Il pagamento può avvenire attraverso contanti, carta di credito o wallet virtuale ricaricabile.
“Da poco abbiamo trovato casa anche presso gli uffici di I3P del Politecnico di Torino – spiega Luca Tarasco – e la nostra settimana lavorativa si divide tra Torino e Milano. Continuiamo però ad organizzare riunioni la domenica sera a casa mia. Riunioni che, grazie alle inclinazioni musicali di Lorenzo e Gian, si concludono spesso con belle schitarrate. Tutte le volte che otteniamo un buon risultato, poi, è ormai diventato di rito stappare una buona bottiglia di vino di Govone, nel Roero, terra d’origine della mia famiglia”.
La famiglia, appunto, non ha mai rappresentato un ostacolo. “Operare in un settore astratto come quello del digitale – commenta il ceo – spesso comporta difficoltà di comprensione, soprattutto se i risultati dell’impegno non sono immediatamente percepibili e l’investimento in tempo, energie e denaro è davvero molto. Nonostante questo, però, godo di un sostegno incondizionato e gratificante”.
L’obiettivo dei tre torinesi è ovviamente che Cloubs si affermi come strumento irrinunciabile della vita notturna. “Come designer – dice Luca – ho sempre ambito ad entrare nella quotidianità delle persone, fornendo loro strumenti che migliorassero, anche di poco, l’esperienza di un certo gesto comune. In questo mi ritrovo perfettamente con quanto diceva Bruno Munari quando affermava che il vero designer vorrebbe finire nei mercati rionali, non nelle gallerie d’arte; per poter cambiare, di poco, con la sua piccola innovazione, la vita al maggior numero di persone possibile”.