A breve giornalisti, blogger, autori e chiunque abbia qualcosa da scrivere sulla Rete potrebbe avvalersi, in completa autonomia, di uno strumento preciso e affidabile in grado di individuare quali link all’interno di un determinato testo stanno portando traffico e quali no, probabilmente anche in modalità gratuita: è il progetto di una startup romana, ClickMeter, nota per essere nata in Italia ma essere diffusa principalmente negli Usa, oltre che in altri Paesi stranieri. Da quando è stata costituita nel 2012 la società offre un servizio online rivolto a inserzionisti, agenzie digitali, editori e affiliati, quindi per il momento destinato al mercato business, in grado di gestire, tracciare e monitorare i link di marketing: in questo modo aiuta le aziende che pubblicizzano la propria attività su Internet a capire quali link stanno fruttando di più e quindi qual è la campagna pubblicitaria più adatta al loro scopo. Ma in futuro lo stesso servizio potrebbe essere proposto al mercato consumer.
A svelare il nuovo progetto a EconomyUp è il founder e Ceo di ClickMeter, Davide De Guz: “Il 3 novembre – dice – lo presenteremo al Web Summit di Dublino, grande evento dove affluiscono un migliaio di investitori, altrettanti influencer e circa 30mila visitatori. Il nostro vuole essere uno spin-off di ClickMeter più orientato al consumer finale invece che al business. In pratica quello che facciamo potrà essere applicato a chiunque usi il web. Lo lanceremo negli Usa e in lingua inglese, l’Italia è più lenta a percepire le novità in questo specifico settore. Potrà essere – prosegue De Guz – estremamente utile per i giornalisti ma anche per altri tipi di utenti, in versione gratuita o mediante una fee da versare. Lo stiamo ultimando e siamo in cerca di nuovi finanziamenti: se funziona, ne avrà bisogno”.
In attesa di sviluppi, vale la pena raccontare la storia di questa startup nata nella capitale grazie anche a un incubatore molto particolare, PiCampus, ma con la testa assolutamente globalizzata. “Viviamo in Paesi diversi e in diversi continenti – si legge nel sito aziendale a proposito del team della startup – rispondiamo alle domande, ripariamo i bug e creiamo nuove specifiche dall’ufficio, da casa o persino all’aperto. Vivere nel luogo che ti rende felice è il nostro valore più importante”.
Ad oggi il 70% dei clienti di ClickMeter è negli Usa e soprattutto in Silicon Valley. Un percorso iniziato appena tre anni fa. “Ma ogni anno del mondo Internet ne vale molti del mondo tradizionale” spiega De Guz, che tuttavia ha oltre tre lustri di esperienza come imprenditore ed esperto di marketing online. Quarantaduenne, nato a Roma ma sempre in viaggio per il mondo fin da piccolo grazie anche a un padre pilota, laureato in Economia a La Sapienza, Davide De Guz ha fondato nel 1999 University.it, il portale degli universitari, poi venduto nel 2001 a investitori italiani. Nel 2004 ha dato vita a ConsultingSoft, azienda che recluta programmatori offshore e project manager negli Usa. Infine, nel 2012, arriva ClickMeter, che parte come uno dei pilastri iniziali di PiCampus, incubatore di startup creato da Marco Trombetti e Gianluca Granero. In pratica ClickMeter è stata la terza startup ospitata da PiCampus dopo Translated di Trombetti (società che fornisce sottotitolazioni, anche a YouTube) e Memopal di Granero (software di backup online e storage online). “Eravamo amici da anni, ci siamo conosciuti nel mondo delle startup, così abbiamo finito per lavorare insieme” dice il founder di ClickMeter.
PiCampus è un incubatore un po’ diverso dagli altri innanzitutto per la location: zona Eur, un quartiere residenziale con villette immerse nel verde, piscine e una tranquillità insospettabile all’interno di una città come Roma. E poi anche per lo stile di vita e di lavoro adottato all’interno. “La filosofia aziendale di PiCampus – spiega De Guz – punta innanzitutto a creare una cultura intorno alle aziende incubate, che sono startup tecnologiche e digitali, attraverso il contatto tra persone diverse (per esempio i nostri sviluppatori parlano con quelli di altre startup, c’è un interscambio continuo) e all’aggregazione dei talenti. Nel mondo Internet – prosegue – poche persone sono in grado di fare cose che attraggono milioni di persone. Quindi ci vogliono i massimi talenti. E per attrarli non serve solo un buon compenso economico ma un ambiente importante, bello e lo spazio intellettuale: stare insieme a persone creative. Poi parte l’effetto calamita: quando si forma massa di persone valide, queste ne attirano altre”.
Da PiCampus De Guz fa la regia della sua ClickMeter, in sostanza un prodotto rivolto a chi fa marketing su Internet, che naturalmente si va ad aggiungere ad altri prodotti esistenti, ma che sostiene di avere qualcosa in più per ottimizzare le attività di mkt: permettere di capire cosa sta funzionando e cosa no. Un esempio: un’azienda decide di lanciare una campagna promozionale su Google, o attraverso l’email marketing o in altri modi. All’interno degli articoli, che sono parte costitutiva della campagna, viene piazzato un normale link ipertestuale che rimanda a un sito: ClickMeter consente di trasformarlo in un tracking link. Per l’utente non cambia niente, per l’azienda sì perché il link della startup svolge due tipi di azioni: traccia i click permettendo di verificare da quale nazione arrivano, da quale utente e tiene in memoria quell’utente in modo poi da verificare se quello effettuerà un acquisto entro 90 giorni. Inoltre, invece di far atterrare l’utente che ha fatto click su un link alla homepage di un sito, ClickMeter può farlo atterrare sulla pagina promozioni. E, se un utente clicca 2 o 3 volte, la terza volta gli fa vedere un diverso messaggio. Tutti strumenti racchiusi in un unico pannello di controllo.
ClickMeter è nato come strumento per le pmi (piccole e medie imprese), ma lavora anche con grandi clienti come HP, Ibm e altri. “Stiamo esplorando il mondo enterprise, vorremmo che la nostra soluzione fosse usata per campagne promozionali molto grandi” afferma il Ceo.
Poi c’è il progetto consumer: “È ambizioso – ammette – ci sono ancora dei punti interrogativi, ma finora c’è molto entusiasmo. Fino ad oggi siamo stati completamente bootstrapped, cioè autofinanziati. Abbiamo da subito fatturato ma abbiamo sempre reinvestito. Legarsi a un finanziatore può anche essere rischioso, se non si fa la scelta giusta la società può morire. Ora però è il momento di cercare finanziatori per ulteriori progetti”.