Futuro possibile

Che anno il 2013! Anche il Tg1 scopre le startup

Tre settimane dopo il Tg1 racconta la vendita record di Eos. Meglio tardi che mai. Perché il 2013 si chiude alla grande. Tra tante chiacchiere ma anche molti fatti. L’augurio è che l’attenzione crescente attiri capitali e che tutto non si risolva in una sarabanda temporanea

Pubblicato il 12 Dic 2013

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Lo ha detto la tv, sentenziava mia nonna. E sottintendeva: quindi è vero. Il Tg1 di giovedì 12 nella sua edizione di punta, quella delle ore 20, ha fatto un servizio, come si dice in gergo, sull’italiana Eos acquisita dall’americana Clovis. Quindi, direbbe mia nonna se fosse ancora viva e se la tv contasse come un tempo, che le start up esistono, anche se quella che una volta era considerata la prima fonte di informazione ha impiegato tre settimane tre per accorgersi dell’affare da mezzo miliardo di dollari portato a buon esito dal cimico-imprenditore Silvano Spinelli. Un ritardo condito anche con una bella dose di disattenzione perché avrebbe potuto il Tg1 recuperare la storia prendendo spunto dalla notizia di giovedì 12, la vendita della “italiana espatriata” GoPago ad Amazon. Probabilmente il direttore Orfeo (Mario, il bravo giornalista che guida la prima testata del servizio pubblico) avrà dato incarico di preparare un servizio da manda in onda per l’Epifania…

E’ comunque un gran bel finale d’anno per l’ecosistema delle startup. Se ne parla sempre di più, si accendono le polemiche (come quella calda calda tra Aldo Bonomi e Alberto Onetti), aumentano i passaggi televisivi (persino Vespa ha aperto il suo salotto alle imprese innovative), ma accadono anche le cose. Dopo Eos, è arrivata l’acquisizione di GoPago. Dopo il regolamento Consob sul crowdfunding, le agevolazioni fiscali per chi investe startup. Insomma, qualcosa si sta muovendo, nonostante la confusione del quadro politico (o forse proprio grazie a questo?). Cosi anche i tradizionali centri di potere (a cominciare dal Tg1…) si stanno rendendo conto che nella realtà ci sono giovani e meno giovani che ci credono e si impegnano ma anche investitorii, seppur ancora deboli, che si muovono e ci scommettono. C’è chi sente la moda e chi subodora l’affare. Tutto bene se l’effetto sarà un aumento di attenzione, una maggiore visibilità e di conseguenza una maggiore disponibilità da parte di chi ancora i soldi preferisce metterli sul mattone o portarli in vacanza all’estero. Molto meno bene se tutto si risolverà in una sarabanda temporanea che consumerà la parola startup dimenticando il suo contenuto concreto, la nuova imprenditorialità e il futuro economico del Paese.

P.s. Volete vedere il servizio del Tg1?  Cliccate qui, lo trovate al minuto 31 circa.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.


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