Bologna professionalmente per me rappresenta tutto. Sono arrivato qui da universitario nel 1993 e qui ho avuto il primo accesso a Internet attraverso la Rete civica Iperbole: andavo al Comune e facevo le mie prime incursioni nel web. Per me, giovane pugliese iscritto a Ingegneria fu uno stimolo incredibile. Qui cinque anni dopo misi su la mia prima start up, Wireless Solution, che assunse 40 persone e arrivò a fare 20 milioni di fatturato prima di essere venduta, nel 2003, a Dada.
Ho sempre pensato che Bologna ha tutte le caratteristiche per diventare il posto più favorevole dove fare una startup: ci sono risorse umane di qualità con sviluppatori di altissimo livello, grazie all’Università più antica del mondo; c’è una qualità di vita che neanche San Francisco ha; la posizione logistica è unica visto che siamo a 2 di volo da Londra e Berlino, 1 ora e mezza da Parigi e qui siamo al centro di un importante snodo ferroviario e autostradale. Bologna è un hub naturale.
Che cos’è che è mancato in tutti questi anni rispetto a Milano, Treviso, Roma, persino Catania o Bari? L’accortezza da parte di qualcuno di considerare tutti questi fattori positivi, le storie di successo accumulate nel tempo (da Yoox a Wiman, da MusixMatch a DoveConviene) e creare un contenitore dedicato a chiunque avesse un’idea, a chi usciva dall’università o veniva licenziato dall’indotto meccanico in crisi per potersi lanciare nel nuovo mondo digitale.
Bologna purtroppo è cambiata moltissimo. Paradosslamente 20 anni fa aveva più attenzione per l’innovazione. Ricordo soltanto che la fibra ottica di Fastweb dopo Milano è arrivata qui perché la città era già cablata grazie al progetto Socrate. Ma le ultime due giunte si sono preoccupate di altro, adesso puntano sulla città del food e tutti i miei tentativi continui di coinvolgere sindaci e assessori sono stati inutili nonostante gli stimoli non siano mancati.
L’anno scorso durante il lancio di iPhone5 Tim Cook aprì il Keynote con un video ambientato a Bologna su un ragazzo che aveva sviluppato un’app per i non vedenti, visto che Bologna è la città più friendly per i ciechi. Rimanemmo tutti sbalorditi…ma cademmo nel ridicolo. Si accorgono a Cupertino dei nostri talenti e qui non facciamo nulla per coltivarli e valorizzarli! L’amministrazione non fece nulla per cavalcare questo momento di visibilità perché si è sempre disinteressata della città digitale, presa dalle sagre del tortellino e della mortadella, con tutto il rispetto per il food.
Quando sono venuti i fondatori di Google a ritirare il premio della Fondazione Marconi sono rimasti stupiti dalla bellezza della città. Qui ha vissuto per dieci anni Eric Schmidt, il cui padre insegnava alla John Hopkins. Quando porto i miei ospiti americani o inglesi a Sasso Marconi restano a bocca aperta: solo l’idea che il primo segnale radio sia stato lanciato da qui, che qui siano nate le telecomunicazioni moderne li affascina ma purtroppo lascia indifferenti i nostri amministratori. Abbiamo una storia incredibile ma non siamo stati in grado di usarla e attualizzarla. L’anno scorso ho lanciato i summer internship: vieni tre mesi a lavorare con noi, ti diamo vitto e alloggio. Ho avuto 47 application da America, India e Cina. Ho preso un indiano e cinese e quando è finito il trimestre non volevano andarsene più. Questa capacità di attrazione per non è stata sfruttata. Così Treviso ha creato il suo polo, e poi Milano, Roma e altre città in Italia.
Per tutte queste ragioni dobbiamo dire grazie a Telecom Italia. E dobbiamo dare il benvenuto al nuovo acceleratore di WorkingCapital: per la prima volta sotto le due torri c’è uno spazio dove incontrarsi, discutere, creare qualcosa insieme. Succede per l’iniziativa di un’azienda privata, visto che le amministrazione locali non hanno risposto ad alcun appello negli anni scorsi nonostante la quantità di immobili pubblici vuoti. Con la famiglia Rieffeser abbiamo proposto un progetto e chiedevamo solo uno spazio ma non se n’è fatto nulla. Finalmente adesso c’è un centro di riferimento che permetterà di valorizzare la città digitale. E se c’è, è solo grazie all’iniziativa privata. Purtroppo.
Max Ciociola è Founder & CEO musiXmatch