La valigia è pronta. Ora manca solo la conferma definitiva da parte dei preparatori atletici della nazionale di calcio prima che Vittorio Haendler (27 anni), Lucio Pinzoni (27) e Tommaso Finadri (31) prendano il primo aereo. Destinazione Brasile, dove i tre ragazzi seguiranno i Mondiali di Calcio, non dagli spalti degli stadi ma direttamente dalle panchine degli azzurri. Perché loro sono i tre ideatori di Beast, il sensore che permette a un atleta, a un trainer o a un team di monitorare le performance di allenamento sul proprio smartphone, analizzando ogni singolo movimento in tempo reale e con dati ad alta precisione. Basta applicare un magnete dotato di algoritmo che riconosce i movimenti dell’atleta direttamente sugli attrezzi della palestra o sul corpo umano: in tempo reale forza, potenza e velocità dei movimenti vengono registrati sullo smartphone.
Un congegno tecnologico innovativo che non è passato inosservato a Demetrio Albertini, vicepresidente della FIGC, al punto da considerarlo fondamentale nella fase di preparazione che la nazionale italiana di calcio sta sostenendo per la coppa del mondo FIFA 2014.
E pensare che “all’origine di Beast c’è un mix di ingegno, fortuna e passaparola” racconta Lucio Pinzoni. “Siamo tutti originari di Desenzano del
Garda, amici da una vita, abbiamo frequentato insieme la Facoltà di Ingegneria Aerospaziale del Politecnico di Milano condividendo la passione per la tecnologia e per lo sport. L’idea di creare un sensore come Beast è di Tommaso, che voleva utilizzarlo per i suoi allenamenti personali in quanto fa parte della Nazionale Italiana di Football Americano. Ha condiviso l’idea con noi e insieme abbiamo sviluppato un sensore in grado di misurare le performance sportive” racconta. “All’inizio del 2013 abbiamo partecipato a Switch2Product, la competition del Politecnico di Milano, che ci ha aperto le porte di Polihub, l’incubatore d’impresa del Politecnico, e alla fine dello scorso anno abbiamo fondato la società Beast Technologies Srl”.
Ma, come dicono tutti i neoimprenditori, la sola idea non basta. A spianare la strada del successo del sensore Beast è stata la dea bendata. “Tommaso stava utilizzando Beast per i suoi allenamenti in palestra. Lo ha fatto conoscere agli amici, lo ha mostrato ai curiosi e poi è partito il tam tam del passaparola. Finché le voci sono arrivate all’orecchio dei preparatori atletici della nazionale di calcio che hanno contattato Polihub per conoscerci e vedere da vicino il dispositivo” continua il giovane ingegnere. “Colpiti dalla semplicità del meccanismo e dalla possibilità di utilizzarlo ovunque, hanno deciso di adottare il sensore per la preparazione degli azzurri durante i Mondiali” conclude Pinzoni.
E mentre su Indiegogo è partita la campagna di crowdfunding per il sensore Beast, il primo goal dei campionati mondiali di calcio è stato segnato proprio dalla tecnologia, che dimostra come neanche il mondo dello sport possa restare indifferente agli effetti dell’innovazione.