Exit

Banzai va in Borsa e gli investitori incrociano le dita

Per chi ha puntato sul gruppo digitale fondato da Paolo Ainio è il momento di “fare liquidità”. La società potrebbe valere fra 150 e 300 milioni: per le famiglie Micheli e Drago o il fondo Quantica significherebbe un ritorno fra 2 o 3 volte. Che sarebbe più alto per Matteo Arpe, che è arrivato dopo e a prezzi scontati

Pubblicato il 13 Nov 2014

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Paolo Ainio, fondatore di Banzai

Nel giorno di San Martino Banzai ha presentato domanda di ammissione al segmento Star di Borsa Italiana. Il collocamento è una svolta importante, impegnativa e coraggiosa per il gruppo digitale fondato da Paolo Ainio, uomo prolifico di idee, imprese e non solo (ha cinque figli). A poco più di 50 anni è considerato uno dei padri di Internet in Italia, essendo stato tra i creatori di Matrix, editore del primo motore di ricerca italiano, Virgilio.

Superata con successo (e soddisfazioni finanziarie) la bolla della New Economy d’inizio secolo, nel 2007 Ainio lancia Banzai che oggi è leader italiano nell’ecommerce (ePrice, Saldi Privati) e nell’editoria nativa digitale (ilPost, Giallo Zafferano, Giornalettismo, Liquida, Pianeta Donna, Soldionline, Studenti.it, solo per citare i marchi più noti) dopo essersi disimpegnato tempo fa dal settore consulenza. La dimensione è rilevante (440 tra dipendenti e collaboratori; ricavi 2013 pari a 153 milioni; 17milioni di utenti unici al mese), adesso il tema è la crescita fuori dai confini nazionali.

Ecco come Paolo Ainio spiega che cos’è il digitale e dove sta il business

Da qui il passo verso la Borsa in un momento in cui altre realtà hanno avuto ripensamenti (vedi la brusca frenata di ItaliaOnline) e il modello editoriale basato sui ricavi da advertising (Banzai conta circa 450 inserzionisti) è fortemente messo in discussione da alcuni analisti. Ma il collocamento è il passaggio naturale, e auspicato, per chi ha finora investito nella società e attende la fatidica exit. Primi fra tutti la famiglia Micheli, i Drago, Lorenzo Pelliccioli e Quantica SGR (oggi Principia) che, a un anno dalla clamorosa vendita di Eos all’americana Clovis, vede “maturare” un altro suo asset. Tra il 2009 e il 2010 Quantica, allora gestita da Pierluigi Paracchi e Stefano Peroncini, ha investito in Banzai con il fondo Principia1, attraverso diverse operazioni, oltre 5milioni di euro (5,3 per la precisione), di cui poco meno della metà (2,250) tramite leva pubblica, arrivando a controllare circa il 6% di Banzai. Significa che la società in quel momento arriva ad avere una valutazione di circa 75milioni. Che si abbassa con l’ingresso nel capitale di Matteo Arpe, che sottoscrive il 27,3% investendo 21milioni (Ainio ha circa il 26%). Nei fatti Arpe, a fronte dell’ingente innesto di liquidità, ottiene uno sconto sulla valutazione di Banzai rispetto ai primi investitori di circa il 20%: la valuta poco meno di 60 milioni, pre-money, prima dell’ingresso del suo fondo, Sator, contro la valutazione di circa 75 milioni pagata dalla maggior parte degli altri investitori. Ciò anche a fronte di un mecanismo di incentivazione che riporta in su la valutazione a fronte del raggiungimento di obiettivi aziendali. La quotazione potrebbe essere uno di questi.

Che cosa possono aspettarsi gli investitori e il mercato dall’Ipo (Initial Pubblic Offering, l’offerta pubblica di acquisto) di Banzai? Con 5milioni di Mol (margine operativo lordo) e un fatturato di 153 milioni la società potrebbe valere fra i 300 (due volte il fatturato) e i 150 milioni (un consistente multiplo sul Mol ma in linea con le società quotate del settore). Per quanto è noto oggi è difficile restringere maggiormente la forchetta.

Questo significherebbe che per gli investitori prima di Sator l’investimento avrebbe un rendimento fra 2 e 3 volte. Che può essere considerato più che soddisfacente, ma è poca roba se si pensa, ad esempio, che per EOS o Intercept Pharmaceuticals (investimento dei Micheli) il ritorno è stato a doppia cifra. Ma quelle sono società che operano nel biotech, un settore molto più duro e difficile del digitale, ma molto più redditizio. Per Arpe il ritorno potrebbe essere anche superiore a 3 volte l’investimento iniziale. Molto dipenderà dal piano di sviluppo che Banzai presenterà al mercato e all’andamento del corso delle azioni una volta quotate. Una Ipo, infatti, non è ancora una exit.

Già dalla scorsa estate si parla della quotazione di Banzai. E se dopo alcuni stop and go è arrivata la domanda ufficiale vuol dire che i “padrini”, la banca internazionale Jefferies International e Banca Profilo, che è sempre controllata dal fondo di Arpe Sator, hanno dato il via libera e il collocamento potrebbe esserci già entro la fine dell’anno. Con loro ci sono Banca Akros S.p.A nel ruolo di sponsor e joint lead manager, mentre Vintage Capital, che è anche tra i soci minori di Banzai, è l’Advisor Finanziario. Un’operazione da seguire con molta attenzione quella di Banzai, perché darà anche il tono di salute generale della digital economy italiana (g.io)

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