Negli Usa ci scommette la Ford, in Giappone la Panasonic. Invece in Italia non un solo euro è stato investito dalle grandi aziende sul primo prototipo di automobile a energia fotovoltaica messo a punto da un team di docenti dell’Università di Bologna insieme con piccole e medie imprese del territorio. Tutti impegnati sul progetto a titolo gratuito. Eppure, spiega Francesco Cassarini, ricercatore al Dipartimento di Ingegneria Elettrica e dell’Informazione dell’ateneo bolognese e portavoce del team, “alcuni strumenti sviluppati per la nostra auto sono già in commercio, come il cruscotto o il sistema di gestione della batteria”. Come a dire: se anche la commercializzazione di un’automobile alimentata dalla luce solare fosse ancora di là da venire, dalla ricerca e dalle sue applicazioni pratiche emergono già elementi innovativi utili a molti settori. “Ma da noi – ammette Cassarini – è difficile che l’università trovi finanziamenti privati per un progetto che non ha sbocchi a breve termine”.
Quando avete cominciato a lavorarci?
L’idea è nata da un gruppo di persone di Castel San Piero. Inizialmente volevamo realizzare una bicicletta con pedalata assistita a energia fotovoltaica, poi nel 2011 abbiamo creato il prototipo di un veicolo ad energia solare, quindi nel 2013 il gruppo si è rafforzato ed è diventato il team Onda Solare.
Da chi è composto?
Sono coinvolti il Dipartimento di Ingegneria elettrica e quello di Ingegneria meccanica dell’Università di Bologna. Poi ci sono piccole e medie aziende del territorio emiliano, specializzate e con un alto livello tecnologico. Per esempio Grafite Compositi lavora sulla struttura di carbonio dell’automobile, Tbe si occupa della parte di elettronica e Fratelli Bergami fa gli stampi. Grazie al contribuito di tutta la squadra siamo riusciti, nel 2013, a partecipare al World Solar Challenge in Australia, la gara più famosa del mondo riservata alle auto solari. Abbiamo percorso 3000 chilometri in mezzo al deserto utilizzando esclusivamente l’energia del sole.
Come vi siete piazzati?
I team erano 40, siamo arrivati decimi. Per noi è stato un grande risultato, perché partecipavano le più grandi aziende del mondo. Ha vinto l’équipe dell’Università di Delf, in Olanda, che era sponsorizzata da una sorta di Enel locale. Secondi i giapponesi, che avevano come sponsor la Panasonic e una grande azienda chimica. Al nono posto, quindi immediatamente prima di noi, c’era l’Università del Michigan, sponsorizzata dalla Ford. Noi, ripeto, non siamo finanziati da nessuno, è tutto volontariato. Le pmi del territorio ci forniscono materiali e know how in cambio dell’eventuale utilizzo degli strumenti innovativi sviluppati. Per esempio alcune soluzioni che abbiamo sviluppato sono già commercializzate. Il cruscotto della nostra auto solare è usato dalla Tbe per un veicolo di produzione. La gestione della batteria, nata per il veicolo solare, è ora applicata ad altri tipi di veicoli. Per la parte meccanica, alcune fibre provate sul veicolo sono utilizzate in altre applicazioni. La tecnologia sviluppata ha un’applicazione immediata.
Avete provato a chiedere finanziamenti ai grandi gruppi italiani?
Non siamo riusciti a trovare nessuno che ci creda veramente. Abbiamo contattato Alenia, Enel e altri grandi aziende, ma niente. La Ferrari si è limitata a consentirci l’inaugurazione di un primo e un secondo prototipo di veicolo all’interno della Galleria Ferrari nel 2011 e nel 2013.
Gli stranieri sono più lungimiranti o l’auto solare mass market è un’utopia?
È noto che il gruppo Fiat non appoggia i veicoli elettrici. E poi in Italia le aziende non sono alla ricerca di progetti fuori dal comune. Noi comunque andiamo avanti. A gennaio 2015 saremo ad Abu Dhabi per partecipare a una competizione simile a quella australiana. Stiamo lavorando su un altro veicolo in grado di essere commercializzato. Quello presentato al World Solar Challenge era un monoposto nato per la gara. Il futuro modello avrà almeno due posti e non funzionerà soltanto a energia solare. Sarà un mix tra solare ed elettrico.
Anche l’auto elettrica non ha mai avuto fortuna da noi.
Fa una gran fatica, al contrario per esempio di Norvegia e Giappone, dove è molto diffusa. Sicuramente il mercato italiano deve fare ancora diversi step. In ogni caso l’auto che stiamo progettando sarà sempre un prodotto di nicchia. Ma, nonostante la scarsa fiducia dell’Italia in questo progetto, non possiamo certo costruire un’auto tradizionale. Noi siamo qui per fare innovazione.