In Italia i tassisti sono spesso considerati una categoria pronta a difendere con decisione, se non con arroganza, diritti acquisiti e status quo. Ma ora che Uber è approdata in Italia, e quindi il gioco si è fatto più duro, a confrontarsi con i signori delle vetture bianche la start up californiana ha mandato una donna, Benedetta Arese Lucini, piuttosto “dura” e decisa anche lei, almeno stando alle sue dichiarazioni: “La sfida più grande in Italia è rendersi conto che è in atto una trasformazione e che molti lavori cambieranno. Finora il mercato dei tassisti è stato molto protetto, ma non sarà più così”.
Parlando al Tech Cruch Italy 2013, Benedetta ha spiegato come è arrivata ad essere scelta General Manager a Milano di Uber, servizio di “autista personale” on-demand gestibile per mezzo di un’app. “Sfide nella mia vita ne ho viste tante: l’ultima esperienza di lavoro – dice – è stata quella in Rocket Internet, in Malesia, in qualità di Global Venture Developer. Poi ho avuto un colloquio con il Ceo di Uber, Travis Kalanick, e lui ha deciso di darmi la delega per il lancio in Italia”.
Dai suoi primi mesi di lavoro in territorio milanese sostiene di aver capito che il brand è global (la start up si sta espandendo in tutto il mondo) ma l’attività è molto local: “Cambia il modo di spostarsi ma i valori del brand restano gli stessi”.
E i tassisti, che probabilmente temono – e forse a ragione – di essere soppiantati dal nuovo servizio? “Stiamo rivoluzionando l’industria dei trasporti – afferma Arese Lucini – e resta fondamentale mettere al primo posto gli utenti”. Chi non cambia è perduto.