Agricoltura, il ministro Martina promette incentivi ai giovani

Il responsabile del dicastero a EconomyUp: “Intendiamo investire 75 milioni di euro per imprenditoria e lavoro giovanile. Ai ragazzi dico: tornate a mettere i piedi nella terra con la testa rivolta al mondo”. E sul Made in Italy: “Siamo al lavoro per un marchio unico dell’agroalimentare”

Pubblicato il 09 Mag 2014

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Maurizio Martina, ministro dell'Agricoltura

Mutui a tasso zero per le imprese agricole condotte da under 40, assunzione dei giovani nelle aziende agroalimentari con contratti più stabili e 75 milioni di euro l’anno in arrivo da impiegare per l’imprenditoria e per il lavoro giovanile. Sono le carte che intende giocare il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina per incentivare le giovani generazioni a tornare a lavorare in questo settore e stimolarne la voglia di fare agro-business. Classe ’78, nonni contadini, diplomato all’Istituto tecnico agrario di Bergamo e laureato in Scienze politiche, Martina ha ricoperto vari incarichi nel Pd fino ad approdare a un dicastero non secondario in un Paese come il nostro che ha tra i punti di forza proprio l’agroalimentare. E che è destinato ad acquisire ulteriore peso in vista dell’Expo 2015 il cui tema è “nutrire il pianeta”. Ma per una forte e più generale ripresa del comparto, fa capire Martina, servono anche e soprattutto braccia giovani.

Cosa vorrebbe dire ai suoi coetanei che si stanno lanciando o si sono appena lanciati nell’imprenditoria attraverso le start up?

Dico a loro di crederci, di mettere i piedi nella terra e la testa rivolta al mondo. Li aiuteremo con tutti i mezzi possibili perché le loro energie sono fondamentali per il futuro del comparto e del Paese. La ripresa economica passerà dall’agroalimentare perché è una leva fondamentale per il rilancio di tutto il Paese. Il sistema agroalimentare italiano nel suo complesso vale circa il 17% del Pil nazionale e le potenzialità sono ancora molte. Lo scorso anno l’export agroalimentare ha toccato quota 33 miliardi di euro, ma se liberiamo le imprese dai freni che le limitano possiamo aumentare le esportazioni anche del 50% nei prossimi 5 anni. Lo sviluppo del settore significa anche la nascita di nuove imprese e quindi la possibilità di creare occupazione. Puntiamo a far nascere 50mila nuove aziende, con 100-150mila nuovi posti di lavoro. Per ottenere questi risultati dobbiamo lavorare sulle semplificazioni e sull’aumento della competitività che portano a una crescita dell’occupazione. Con questi obiettivi abbiamo pensato “Campolibero”, un piano di azioni per l’agroalimentare articolato in primi 18 punti. Abbiamo condiviso queste misure con cittadini, imprenditori e protagonisti della filiera attraverso una call pubblica sul sito del Ministero. In particolare, tornando alla sua domanda sulle giovani generazioni, in “Campolibero” abbiamo previsto mutui a tasso zero per le imprese agricole condotte da under 40 e favoriamo l’assunzione dei giovani nelle aziende agroalimentari con contratti più stabili.

In particolare quali occasioni può offrire l’agricoltura italiana all’ecosistema delle startup?

Stiamo lavorando per investire il 2% delle risorse della nuova Politica agricola comune nel sostegno per la presenza di giovani nel comparto. Si tratta di circa 75 milioni l’anno che possono essere impiegati per l’imprenditoria e per il lavoro giovanile. Sono risorse significative che spenderemo al meglio per i tanti ragazzi che guardano al mondo agroalimentare con speranza.

In generale, a parte le risorse dedicate a giovani e nuova impreditoria, quali sono le novità principali previste da “Campolibero”?

Vogliamo dare nuovo slancio al settore e colmare il gap che separa le imprese italiane da quelle straniere. Vogliamo snellire il carico burocratico, con strumenti come il registro unico dei controlli e la dematerializzazione di registri carico/scarico di diversi prodotti. Ma dobbiamo tagliare anche i procedimenti per aprire una nuova società agricola. Con “Campolibero” intendiamo abbattere i tempi da 180 giorni a 60.

Cambiamo argomento: il Made in Italy nel mondo significa in gran parte food. Come riuscire a mantenere alta la reputazione internazionale?

Chi compra i nostri prodotti cerca prima di tutto qualità e varietà dell’offerta. Troppo spesso però chi cerca il Made in Italy si trova davanti un falso. Per una comunicazione più diretta al consumatore stiamo lavorando per introdurre un marchio unico per il Made in Italy agroalimentare, che servirà ad identificare con velocità i nostri prodotti.

Un noto problema del Made in Italy è l’Italian sounding. Come intende contrastare la contraffazione in campo agro-alimentare?

Intensificare la lotta contro tutti gli illeciti che ci colpiscono è fondamentale. In Europa abbiamo già misure che ci aiutano in questo senso. Come la protezione ex officio del Pacchetto qualità che ci permette di intervenire tempestivamente a livello comunitario per salvaguardare le eccellenze italiane. Così abbiamo bloccato, per esempio, la commercializzazione di un falso olio Igp toscano in vendita a Londra sugli scaffali di Harrod’s. Anche nei Paesi terzi dobbiamo trovare il modo di proteggere i nostri prodotti e per questo stiamo spingendo perché l’Ue inserisca questa priorità nelle trattative per gli accordi di scambio, come quelli con Giappone, India e Stati Uniti. Stiamo lavorando anche sul fronte internet dove il fenomeno è sempre più diffuso.

Parlando dell’Expo 2015 lei ha detto che ancora non c’è la giusta attenzione al tema ‘nutrire il pianeta’. Cosa si deve fare da qui all’inizio della manifestazione per dare più forza al messaggio?

Dobbiamo puntare i riflettori sulla centralità dell’agroalimentare e di tutte le tematiche che ruotano intorno ad esso. La visita del presidente Renzi a Milano ha ulteriormente rafforzato le tappe di avvicinamento all’evento. Con l’Anci stiamo portando avanti un progetto che coinvolga il tutto territorio nazionale. Già oggi più di mille imprese sono al lavoro per Expo. Quello che ci aspetta è un appuntamento decisivo, non solo dal punto di vista economico ma anche culturale. Per sei mesi circa 150 Paesi avranno la possibilità di confrontarsi su tematiche prioritarie. La questione della sicurezza alimentare è una sfida globale ed è necessario cercare insieme risposte adeguate. L’esposizione deve essere un’occasione anche per incidere su fenomeni come gli sprechi alimentari. Ogni anno solo in Italia si sprecano 12 miliardi di euro in campo alimentare. In Europa si getta cibo per 179 chilogrammi per abitante. Si tratta di cifre impressionanti, soprattutto se pensiamo che contemporaneamente ci sono 79 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà.

Quanto è importante l’innovazione tecnologica nel settore? Può fare qualche esempio concreto di come le più recenti tecnologie si debbano sposare con l’agroalimentare?

L’innovazione è strategica per il futuro del comparto. Nella nuova programmazione europea ha un ruolo importante e stiamo lavorando affinché negli atti delegati si vada incontro alle esigenze delle imprese. Abbiamo deciso di valorizzarla anche ad Expo, con un bando di gara per la selezione di nuovi progetti nelle diverse filiere agricole e agroalimentari. In Italia abbiamo già degli esempi incredibili di innovazione, ma dobbiamo rimuovere degli ostacoli strutturali per andare avanti. Penso per esempio al digital divide. Abbiamo investito negli ultimi anni oltre 200 milioni di euro con quasi mille chilometri di reti in fibra ottica nelle zone rurali. Abbiamo ancora più di 4500 chilometri da mettere ancora a terra per incidere sul digital divide, che continua a rappresentare un limite per le aziende del settore in molti territori del Paese. L’e-commerce è una delle possibili chiavi per la svolta anche del comparto e dobbiamo poterla cogliere.

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