Nella cultura italiana il fallimento equivale ancora a un fatto disdicevole, anche quando si parla di startup purtroppo. Qualcosa però sta cambiando ed è bene osservare che cosa succede e le consuetudini in materia di altri Paesi, dove all’opposto si è pronti a dire: “ho tentato, ho fallito. Capisco dove ho sbagliato e riprovo”.
Quello italiano è un approccio culturale e non soltanto tecnico e giuridico. Finalmente, però, sta cambiando ed evolvendo da “bollo negativo” a esperienza.
Negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e anche in alcuni Paesi europei, fallire vuol dire semplicemente aver ricevuto una risposta negativa dal mercato, situazione che comporta pochi gravami e aggiunge molta esperienza ai curricula dei giovani imprenditori.
Startup e fallimento, non si applicano le norme ordinarie
È bene sottolineare che le norme italiane create per favorire l’avvio di nuove startup innovative contribuiscono a creare una nuova visione del fallimento, perché abbracciano proprio la tesi dell’impatto negativo sul nuovo business e non sulla vita personale degli imprenditori.
Lo Startup Act, infatti, prevede che alle startup innovative non si applichino le procedure concorsuali e fallimentari ordinarie, ma siano soggette esclusivamente alla procedura di composizione della crisi da sovra-indebitamento.
Una procedura senza strascichi per le persone
È una procedura concorsuale che abbatte i debiti della società senza gli strascichi, anche di carattere sociale, tipici della disciplina del fallimento.
All’estero l’insuccesso è considerato un valore, perché contribuisce a correggere gli errori e a superare qualsiasi difficoltà per passare allo sviluppo di una nuova proposta. Negli Stati Uniti, per esempio, sono tantissimi i nomi più o meno famosi che, nonostante abbiano incontrato difficoltà e insolvenze, sono poi riusciti a superarle e a mettere a disposizione di mercato e società servizi e prodotti straordinari. Molti imprenditori di successo anche anche storie di fallimento lungo il percorso imprenditoriale.
È una questione di mentalità, che va superata perché esiste un regime di favore che, seppur limitato nel tempo (5 anni dalla fondazione), è applicabile solamente entro i termini di startup innovativa e in presenza di tutti i requisiti costitutivi previsti dalla norma.
Startup e fallimento, le verifiche da fare
Di fondamentale importanza per gli o le startupper è verificare che la società insolvente sia effettivamente una startup innovativa e quale sia il giorno effettivo dal quale far decorrere i termini. In giurisprudenza si chiama “dies a quo”.
Ai termini bisogna prestare particolare attenzione, perché l’iscrizione nella Sezione Speciale del Registro delle imprese è un presupposto necessario, ma non sufficiente, a garantire l’applicazione dell’esonero dalla dichiarazione di fallimento.
Un nuovo approccio al fallimento è la chiave di volta di tutte le crisi “startuppari“ che potrebbero contribuire a dare un nuovo slancio alla nascita di nuove imprese innovative.