Il 2014 è, per l’Italia, l’anno dell’equity crowdfunding. Le prime offerte iniziano a popolare i portali attualmente attivi suscitando un sempre maggiore interesse da parte del pubblico degli utenti – investitori che si avvicinano a questo nuovo innovativo strumento a disposizione delle startup innovative di cui all’art.29 del dl 18 ottobre 2012, n.179 (“Decreto Crescita 2.0”).
Infatti, il nostro Paese, per primo al mondo, si è dotato di una disciplina – prevista dal citato Decreto Crescita 2.0 e attuata con la delibera Consob 26 giugno 2013 n.18592 – che ha come obiettivo quello di rimuovere gli ostacoli di carattere normativo alla sollecitazione all’investimento, facilitando l’accesso al capitale per le startup innovative, indipendentemente dalla forma giuridica prescelta e, per tale via, contrastare il problema strutturale della sottocapitalizzazione delle imprese italiane.
Le disposizioni in commento cercano di contemperare l’esigenza di rendere funzionale per le startup innovative l’accesso a tale forma di finanziamento e quella di assicurare la salvaguardia degli interessi dei risparmiatori. L’offerta al pubblico tramite i portali online, infatti, è possibile, in funzione della deroga introdotta dagli artt.26 e 30 del Decreto Crescita 2.0, solo per le startup innovative e solo nell’ambito dei limiti stabiliti dalle esenzioni di cui all’art.34-ter del Regolamento Emittenti.
Tale ecosistema favorevole potrà costituire un forte impulso alla crescita del modello di raccolta di capitali che si affiancherà al tradizionale modo di operare dei fondi di venture capital o dei business angel.
Lo strumento dell’equity crowdfunding appare tanto più efficace se la startup innovativa pone in essere alcuni accorgimenti preparatori alla campagna stessa, che qui di seguito, sinteticamente si rappresentano:
1. Adozione di un nuovo statuto. In particolare si ricorda che le Srl innovative possono prevedere, nell’atto costitutivo, la creazione di categorie di quote fornite di diritti differenziati in deroga all’art.2468 del cod. civ. Sempre nell’atto costitutivo, inoltre, è possibile, derogando all’art.2479 del cod. civ., creare quote che non attribuiscano diritti di voto o che li attribuiscano non proporzionalmente alla partecipazione detenuta dal socio o, ancora, diritti di voto limitati a particolari argomenti o subordinati al verificarsi di determinate situazioni, non meramente protestative.
2. Riorganizzazione degli assetti societari. La creazione di categorie di quote potrebbe rivelarsi particolarmente utile al fine di consentire all’imprenditore di raccogliere, all’interno di una campagna di equity crowdfunding, il capitale necessario per sviluppare il proprio progetto, senza necessariamente dover rendere complessa la gestione sociale per effetto della concessione dei diritti di voto ai numerosi soci investitori, tramite la creazione di strumenti finanziari che, per esempio, potrebbero (i) attribuire il diritto di voto solo su specifiche materie; (ii) prevedere un privilegio sull’eventuale distribuzione di dividendi; (iii) incorporare il diritto di co-vendita, nel caso si verifichi la perdita del controllo sociale da parte del socio di maggioranza; (iv) consentire il diritto di recesso al verificarsi di determinate condizioni.
3. Delibera di aumento di capitale. In relazione all’offerta sul portale delle quote o delle azioni, la startup deve deliberare un aumento di capitale. Per agevolare l’operazione di crowdfunding, sembra ragionevole immaginare che la delibera di aumento consenta espressamente che il capitale venga incrementato di un importo pari alle sottoscrizioni raccolte: si tratterà, dunque, di un aumento scindibile, ugualmente realizzabile nelle SpA come nelle Srl.
Sul punto è opportuno ricordare che tutti coloro che sottoscrivono la campagna di equity crowdfunding della startup innovativa tramite i portali online accedono ai noti benefici fiscali di cui al decreto del MEF, di concerto con il MISE, del 30 gennaio 2014.
4. Due diligence e predisposizione del documento di offerta. La campagna di equity crowdfunding ha tanto più successo quanto più la startup innovativa è in grado di presentare informazioni appealing e facilmente comprensibili da parte del vasto pubblico. Ciò, tuttavia, non prescinde da una rigorosa analisi da effettuarsi preventivamente diretta all’identificazione dei fattori di rischio che possono gravare sull’emittente. A tal fine è opportuno condurre delle attività di due diligence volte a verificare la presenza di potenziali passività sulla startup di natura fiscale (ie. contenziosi pendenti o accertamenti in corso), lo status dei diritti di proprietà intellettuale, la documentazione societaria.
La disclosure delle risultanze della due diligence, e dell’autorevolezza professionale dei soggetti incaricati di compierla, possono sicuramente rappresentare un valore aggiunto per l’offerta.
* Flavio Notari – Dottore Commercialista e Revisore Legale in Legalitax Studio Legale e Tributario, co-fondatore BAIA Italia, fellow Competere.