Di nuove imprese innovative italiane che iniziano la loro avventura con le risorse finanziarie di una startup della Silicon Valley o della Tech City londinese ce ne sono poche. 2Pay, società fintech veneta che ha sviluppato un’applicazione di mobile payment slegata dai conti correnti bancari, non è ancora sbarcata a pieno titolo sul mercato nazionale ma ha cominciato la sua attività con finanziamenti da parte di investitori privati e business angel per 2,8 milioni di euro: una cifra che in Italia, se arriva, è di solito quella di un round sostanzioso alimentato da un fondo di venture capital.
Oltre a queste risorse, 2Pay è stato riconosciuto dalla Banca d’Italia come Istituto di moneta elettronica (Imel), assoggettato ad autorizzazione e vigilanza da parte di Via Nazionale. Per legge il patrimonio di vigilanza da mettere a garanzia quando si è un Imel è di almeno 350 mila euro: 2Pay ha scelto di metterne 700 mila. In tutto, fanno 3 milioni e mezzo. Escluse le startup fintech, in Italia non se ne vedono molti di casi del genere.
A fondare 2Pay è stato un trio di over 40, con alle spalle una lunga esperienza nel mondo finanziario e bancario made in Italy: Diego Occari, commercialista esperto di pagamenti elettronici, Daniele Bernardi, titolare di una società di intermediazione mobiliare, e Costantino Magro, anche lui commercialista e con esperienze nei cda di alcune banche.
Facendo valere la loro storia professionale, sono riusciti a raccogliere il denaro necessario per far partire la loro attività coinvolgendo soggetti come Micro credito per l’Italia. “Non ci sono bastate certo un paio di telefonate per convincere i nostri finanziatori a puntare sul nostro progetto, ma la nostra credibilità nel mondo della finanza ha sicuramente inciso tra conoscenti, privati e business angel”, dice a EconomyUp il ceo Daniele Bernardi.
La startup è nata nel 2012, durante un evento estivo. I tre futuri co-fondatori della società discutevano del fatto che con il cellulare si potesse fare tutto tranne che i pagamenti. Così si sono detti: proviamo a farlo noi. Hanno analizzato il mercato e hanno visto che la maggior parte dei player del mercato, dai big ai piccoli, si stavano orientando sul dematerializzare la plastica. “Tutti puntavano a eliminare la fisicità delle carte di credito e dei pos scommettendo sulle carte virtuali: un bel passo in avanti, certo, che però resta molto costoso in termini di commissione per chi riceve i soldi”.
I tre co-fondatori di 2Pay pensano quindi di bypassare il circuito delle carte di credito, creando un sistema di pagamenti digitali indipendente da banche, carte di credito e società di telecomunicazione: una carta prepagata virtuale che funziona su un circuito privativo e utilizza lo smartphone o il tablet come strumento di circolazione della moneta. In pratica, tutti gli utenti e gli esercizi, fisici o online, che sono dotati dell’app 2Pay possono scambiarsi denaro per pagamenti di vario tipo.
Dopo due anni di lavoro i tre riescono a ottenere il brevetto per la loro invenzione, arricchito anche della funzione di assegnare al codice identificativo della carta (il PAN, la sequenza di cifre che si trova sulla carta) il numero del proprio cellulare. “Chi deve fare per esempio un pagamento a un amico non deve chiedergli il PAN ma può limitarsi al numero: non c’è bisogno di ricordare sequenze interminabili di cifre”, aggiunge Bernardi, che dei tre soci fondatori è quello che si dedica a tempo pieno alla startup, mentre gli altri due continuano anche a fare la loro attività precedente.
Nel tempo, dalle iniziali funzioni di pagamento e richiesta denaro, prendono forma anche funzioni come il cash back. In sostanza, i clienti-utenti possono beneficiare di sconti presso gli esercizi che fanno parte del circuito 2Pay, in particolare quando accettano di condividere sui social network l’esperienza di acquisto vissuta. Nel sistema 2Pay, la commissione a carico dell’esercente è di 2 centesimi a transazione e sale all’1% se decide di applicare la funzione di cash back per un suo cliente e a un 1% ulteriore se il cliente condivide l’acquisto sui social.
“Il nostro obiettivo era di dare ai commercianti un sistema di pagamento sostanzialmente gratuito: permettere offline ciò che avviene online su Paypal. Il nostro business non si basa tanto sulle commissioni sulle transazioni, che essendo di due centesimi sono pressoché nulle per gli esercenti. Noi guadagniamo dalle fee sui servizi di marketing che la piattaforma offre, come i cash back, che permettono ai negozianti di fidelizzare i clienti”.
La carta prepagata virtuale si ricarica con bonifico, carta di credito (opzione che parte da marzo 2016), presso le tabaccherie e i punti Acli convenzionati. A oggi, il sistema 2Pay non è ancora partito su scala nazionale. È stato testato in due città, Udine e Cagliari, e un terzo test sta per partire a Padova, città dove la startup ha sede. “Il costo di acquisizione dei clienti per ora è molto alto”, spiega il ceo. “A oggi siamo a 10 mila utenti, ne vogliamo almeno 100 mila: per sbarcare su tutto il territorio nazionale aspettiamo di fare un altro round di aumento di capitale nel 2016, in cui cerchiamo 10 milioni di euro, ma da fondi di venture capital e non da privati”.