Undicimiladuecentotrentotto immobili e millesettecentootto aziende, per un valore di 30 miliardi di euro: è il “tesoro” confiscato alla criminalità organizzata che Salvo Mizzi (responsabile digital markets e founder del programma Working Capital di Telecom Italia) propone di utilizzare per alimentare un Fondo per le imprese innovative nel Mezzogiorno. L’idea, come raccontato lo stesso Mizzi, è stata del figlio Alessandro, 17 anni.
Lanciata in occasione dell’inaugurazione dei nuovi spazi dell’acceleratore di Catania, che ha coinciso con l’anniversario della strage di Capaci con l’hashtag #22annidopo, la proposta pone come obiettivi quelli di finanziare l’innovazione; favorire la nascita di nuove imprese, in particolare quelle innovative; creare nuovi posti di lavoro, soprattutto tra i giovani; e in definitiva aiutare concretamente il Mezzogiorno a crescere. Orientamenti, quelli che prevedono di trasformare i beni confiscati in risorse per rilanciare il Paese, che tra l’altro erano emersi anche durante la prima conferenza nazionale sui beni confiscati “Le mafie restituiscono il maltolto” organizzata da Libera.
Tre sono le proposte concrete elaborate dai Mizzi: la prima prevede la creazione di un fondo di investimento per le imprese innovative destinando immediatamente un miliardo di euro alla crescita del Paese; la seconda chiede di destinare ai giovani che vogliono fare impresa un terzo degli immobili sequestrati, creando spazi di co-working a costo zero (o quantomeno ridotto); la terza suggerisce di concentrare nella presidenza del Consiglio le competenze di gestione, poiché il tema “è di importanza cruciale ed è trasversale a diversi ambiti: legalità, economia, politiche giovanili e sviluppo economico”.