Walmart e il Metaverso: ora anche il N.1 del retail vuole vendere beni virtuali e avere una criptovaluta

Il colosso statunitense della GDO ha presentato richiesta di brevetti relativi a produzione e vendita di beni solo virtuali, creazione di una criptovaluta e Non Fungible Token. “Stiamo esplorando costantemente il modo in cui le tecnologie emergenti possono modellare le future esperienze di acquisto” è il commento ufficiale

Pubblicato il 18 Gen 2022

La richiesta di brevetto per una criptovaluta presentata il 30 dicembre 2021 da Walmart (courtesy Gerben Intellectual Property)

Dopo Nike, Gucci, Dolce&Gabbana e Balenciaga, anche il più grande retailer al mondoWalmart, gigante statunitense della GDO, si avventura nel Metaverso (modalità attraverso la quale persone che fanno parte del mondo fisico interagiscono tra loro con avatar e oggetti virtuali), ragionando su produzione e vendita di beni solo virtuali, creazione di una propria criptovaluta e raccolta di Non Fungible Token (NFT).

Walmart, la merce virtuale e le criptovalute

Il gigante statunitense della grande distribuzione, fondato nel lontano 1945 ma particolarmente attento all’innovazione, ha infatti depositato il 30 dicembre 2021, presso l’Ufficio brevetti e marchi degli Stati Uniti, diversi nuovi marchi che, sostengono i media specializzati, indicherebbero la sua intenzione di produrre e vendere beni virtuali, tra cui elettronica, decorazioni per la casa, giocattoli, articoli sportivi e prodotti per la cura personale. In una separata richiesta di deposito di brevetto, la società ha dichiarato che avrebbe offerto agli utenti una valuta virtuale e i Non Fungible Token. In totale, scrive Cnbc, sono state presentate sette distinte richieste di brevetto. Secondo quanto riportato da “Bloomberg”, il gruppo ha depositato marchi per i nomi “Verse to Home”, “Verse to Curb” e “Verse to Store”.

Per il momento l’azienda non ha fornito dettagli al riguardo, limitandosi a una dichiarazione ufficiale piuttosto generica. Walmart ha spiegato che sta “esplorando costantemente il modo in cui le tecnologie emergenti possono modellare le future esperienze di acquisto. Stiamo testando nuove idee tutto il tempo” prosegue la nota. “Alcune diventano prodotti o servizi che arrivano ai clienti. E alcuni li testiamo, proviamo e riproviamo, e impariamo dall’esperienza”.

Le grandi aziende del retail e il Metaverso

Walmart è solo l’ultimo di un ancora numericamente limitato ma estremamente significativo drappello di grandi aziende del retail che negli ultimi mesi ha cominciato ad abbracciare il Metaverso. All’inizio di novembre 2021 Nike ha presentato una serie di domande di brevetto, anticipando i suoi piani per vendere sneaker e capi di abbigliamento esclusivamente virtuali. Più tardi, sempre a novembre, ha fatto sapere che stava collaborando con Roblox per creare un mondo online chiamato Nikeland.  A dicembre 2021 ha acquistato la società di sneaker virtuali RTFKT (che in inglese si pronuncia come “artifact”, cioè “artefatto”).

Metaverso: perché Nike ha acquisito RTFKT, che vende scarpe da ginnastica virtuali

Nello stesso periodo varie realtà del fashion e del luxury hanno cominciato ad investire nella realtà virtuale. Balenciaga vende “skin” su Fortnite, Gucci ha messo in vendita una borsa solo virtuale, Dolce&Gabbana ha ottenuto 5,7 milioni dalla vendita di 9 Non-Fungible-Token. Secondo Morgan Stanley, per il settore moda e lusso, gli introiti derivanti dalla realtà virtuale potrebbero ammontare, entro il 2030, a 50 miliardi di dollari (circa 44 miliardi di euro).

Un rapporto di CB Insights ha evidenziato alcuni dei motivi per cui i rivenditori e i marchi potrebbero voler avviare iniziative nel mondo del Metaverso. Il lancio di NFT, si legge nel report, consente alle aziende di tokenizzare prodotti e servizi fisici per contribuire a ridurre i costi di transazione online. E per marchi di lusso come Gucci e Louis Vuitton, gli NFT possono servire come forma di autenticazione per beni tangibili e più costosi. (L.M.)

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