La scelta di fornire ai retailer soltanto soluzioni di Software-as-a-Service per migliorare il loro approccio all’omnicanalità, la politica di acquisizioni e di open innovation con le startup, l’attenzione all’Italia: sono alcuni dei temi toccati, in questa intervista rilasciata a EconomyUp, da Pascal Houillon, CEO di Cegid, che a Montecarlo ha organizzato l’evento “Cegid Connections Retail 2022” .
Multinazionale francese tra i top player globali nell’offerta di soluzioni tecnologiche per la trasformazione digitale e omnicanalità di aziende che operano nel retail specializzato fashion & luxury, Cegid negli ultimi anni ha accelerato sensibilmente la propria crescita nel settore. Ora, come annunciato dalla direttrice della business unit retail, Nathalie Echinard, si muoverà principalmente in tre direzioni nel processo di sviluppo: un programma di accelerazione per startup all’interno di Station F, iniziato a gennaio 2022; il lancio della nuova piattaforma Cegid Retail Live Store (suite di applicazioni omnichannel e collaborative) e l’acquisizione di StorIQ, società fondata nel 2015 a Londra che conta circa 30 dipendenti. Durante la due giorni nel Principato, inoltre, è stata annunciata la nuova collaborazione con il brand di scarpe di lusso italiano AcquaAzzura, che si aggiunge ad altri marchi quali Benetton, Celio. Swatch e L’Erbolario.
I retailer, nella visione di Cegid, per continuare ad avere successo dovranno necessariamente coniugare l’impiego di nuove tecnologie con la centralità dei clienti in una logica omnichannel che unisca “human centricity” e innovazione. Un cambio di passo, dunque, che non a caso è stato anche uno degli slogan dell’evento.
Abbiamo approfondito questi temi con Pascal Houillon, CEO di Cegid dal marzo 2017, che illustra nel dettaglio diversi passaggi chiave, sia rispetto a quanto fatto finora sia per il futuro. Senza tralasciare il ruolo delle startup della multinazionale (attiva anche in altri settori quali finanza, HR e CPA, fornendo soluzioni di gestione del business in modalità SaaS).
Come si è evolve e arricchisce l’offerta di Cegid per il retail?
La business unit retail di Cegid ha ampliato in modo “importante” il proprio ecosistema, sia attraverso nuove partnership, sia tramite acquisizioni come quella di StoreIQ, piattaforma dedicata alla pianificazione delle operazioni nei punti vendita che attualmente supporta 11.000 negozi in 55 paesi e ha come clienti brand globali tra i quali Hugo Boss, Douglas, Clarks e Nespresso, e rivenditori locali di tutti i settori. Con l’acquisizione, Cegid arricchirà la propria offerta di soluzioni in modalità SaaS (Software-as-a-Service). Spesso non vogliamo sviluppare soluzioni autonomamente. Preferiamo stringere nuove collaborazioni e appoggiarci ad aziende terze per lo sviluppo di alcune funzionalità da integrare nella nostra offerta. La nostra lunga esperienza nel settore ci permette di scegliere partner locali per lo sviluppo di nuove funzionalità poi integrate nella proposta di servizi SaaS (Software-as-a-Service).
Perché Cegid propone ai retailer solo soluzioni di Software-as-a-Service
Quando e perché avete scelto di puntare esclusivamente su soluzioni in modalità SaaS?
Nel 2017, con il nuovo management, abbiamo individuato nella modalità SaaS la principale direttrice di sviluppo, poi nel 2019 siamo passati ad un approccio “SaaS only”. Abbiamo rilevato come molti retailer siano abituati a usare soluzioni client server, ma le domande in questi casi sono tante. Come raccolgono i dati, migliorano la customer experience e la crescita del brand senza conoscere i clienti? Attualmente è necessario creare un sistema di vendita che sia realmente omnichannel.
Ad esempio, per restituire un prodotto in un punto vendita diverso da quello dove lo si è acquistato. SaaS è la modalità abilitante che permette di ridisegnare una customer journey completa, adatta alle nuove esigenze dei clienti e, di conseguenza, “user friendly”.
I dati sono sempre più centrali nel ridefinire la customer experience, ma la gestione è difficile e presenta anche problemi di sicurezza. Come vi muovete in questo senso?
Grazie alla partnership con Microsoft “spostiamo” i dati in cloud. In questo modo riusciamo a garantire standard di sicurezza elevati anche alle PMI, che spesso non hanno un reparto IT capace di far fronte alle nuove minacce informatiche. La cybersicurezza attualmente è fondamentale, come testimoniano attacchi informatici recenti che, di fatto, hanno paralizzato le attività di diverse aziende.
Il trattamento dei dati è un altro tema complesso, con norme e leggi dei vari Stati spesso diverse tra loro. Cosa propone Cegid per far fronte alle problematiche ne derivano?
Il trattamento dei dati si basa su normative locali per quanto riguarda la privacy. Noi ci proponiamo come soluzione al problema, in modo che le aziende clienti siano sempre compliant con le leggi locali in materia. Al cliente diciamo la verità, senza troppi giri di parole: trattare i dati rispettando le diverse leggi è troppo difficile e richiede competenze specifiche difficili da acquisire. Noi siamo in grado di farlo al loro posto, forti di un know-how che ci permette di rispettarle a prescindere da quali siano. Lo scorso anno abbiamo aperto un quarto POD (Point of Delivery) in Cina, dove l’equivalente del GDPR europeo è molto più restrittivo. Per questo brand di lusso come Moncler, che guardano al mercato cinese, sono molto interessati alle nostre soluzioni per il trattamento dei dati nel rispetto delle leggi locali.
Quanto è importante il bilanciamento tra piattaforma, integrazione di nuove funzionalità e know-how?
La piattaforma SaaS e il sistema di integrazione sono di Microsoft, noi ci mettiamo l’imprescindibile know how e la nostra esperienza perché è un lavoro che spetta a Cegid e non può essere trasferito a terzi. È impegnativo, certo, ma è il nostro lavoro.
Nel corso di Cegid Connections avete annunciato l’acquisizione di StoreIQ. Cosa vi ha spinto a completare l’operazione?
Quando finalizziamo un’acquisizione si tratta di realtà con vocazione internazionale e già affermate, che ci permettono di crescere ancora senza dover sviluppare internamente soluzioni ampliando contestualmente il nostro portfolio di clienti.
Le acquisizioni di Cegid e il rapporto con i clienti
Quali criteri adoperate per decidere le possibili acquisizioni? E come si inseriscono nello sviluppo di soluzioni e funzionalità SaaS per la crescita di Cegid e delle aziende clienti?
La prima domanda che ci poniamo è quanto tempo e quanti investimenti richiede lo sviluppo interno di nuove funzionalità. Spesso è più conveniente e strategico comprare direttamente aziende che hanno già realizzato le funzionalità che ci interessano, in modo da avere soluzioni già pronte di realtà affermate che facilitano la nostra crescita. A volte le acquisizioni sono fatte per ampliare il nostro portfolio ed espanderci geograficamente, altre per guadagnare tempo rispetto a quello che richiederebbe lo sviluppo interno, prendendo il meglio che offre il mercato.
Nel 2017, quando sono diventato CEO di Cegid, i ricavi da Saas erano pari a 60 milioni. Nel 2021 sono aumentati fino a toccare i 500 milioni di euro, e l’intenzione è raddoppiarli. Le acquisizioni, pertanto, sono fatte per spingere la nostra crescita organica. Quando pensiamo a possibili acquisizioni, queste devono incrementare la nostra crescita organica del 50% in due anni. Altrimenti rinunciamo, a meno che non si tratti di una vero affare in termini economici.
Cegid e l’open innovation
Perché avete deciso di investire nelle startup con un nuovo programma di accelerazione e quale ruolo avranno per Cegid?
Con le startup l’approccio è diverso. Il primo obiettivo è restituire quanto ottenuto da Cegid alla società. Avremo circa 20 startup innovative ogni 7/8 mesi nel nostro programma iniziato a gennaio del 2022, e vogliamo inserirle nel nostro ecosistema. Spesso, una volta arrivate a realizzare un prodotto, le startup si trovano davanti a diverse domande. Ad esempio: qual è la value proposition? Come viene determinato il prezzo dei prodotti/servizi? E, quando hanno immesso sul mercato il prodotto, come trovano i clienti? Cosa succede con la vendita?
Noi offriamo il supporto di due mentor interni, abbiamo due coach/tutor che le seguono e parlano con loro ogni settimana. Il tutto gratuitamente. Non investiamo nelle startup per comprarle, e lo diciamo loro al primo approccio.
Forse in futuro compreremo una startup che ha un’idea straordinaria, ma non è questo l’obiettivo. Vogliamo invece aiutarle a capire quali mosse fare e quali no, una volta che sono pronte per entrare nel mercato. È una responsabilità che ci assumiamo, anche perché vederle porta nuove “energie” a Cegid.
Passando al mondo del retail in Italia, avete appena annunciato l’ingresso di AcquaAzzura nel vostro portafoglio di clienti. Nei programmi c’è l’intenzione di essere più “presenti” nel mercato italiano?
Per Cegid è un mercato strategico e siamo più che felici di completare nuove acquisizioni e allargare il portafoglio di clienti. L’Italia ci interessa, in passato abbiamo fatto tanto ma forse non abbastanza considerando le opportunità che offre. Per questo vogliamo essere più presenti in Italia. Se compariamo il mercato italiano con quello francese è caratterizzato da una minor competitività, ma non per questo risulta meno sfidante. Anzi.
Cosa porterà il nuovo Cegid Live Store nel mondo del retail?
L’obiettivo è creare una storia attorno ai prodotti di lusso nuovi con informazioni, dettagli e altre informazioni a cui il cliente finale può attingere. Nello specifico, si tratta di una soluzione pensata per la collaborazione dello staff di vendita in negozio, basata sulla piattaforma di Unified Commerce Global POS Cegid Retail. I vantaggi per i retailer sono molteplici, grazie alla semplificazione di onboarding, formazione e attività quotidiane anche dei reparti commerciali e IT, e comportano un miglioramento delle performance in ottica omnichannel.
Cegid e l’Italia: “Performance buone, ma c’è ancora il digital divide”
Parlando poi con Mario Davalli, Responsabile sud Europa di Cegid, sono emerse altre caratteristiche peculiari del mercato italiano per quanto concerne il retail, e come siano cambiate drasticamente negli ultimi anni. Sia per i clienti che per i venditori.
“L’Italia ha performance molto buone, abbiamo 10/15 nuovi clienti ogni anno e sono marchi importanti. Però è evidente che c’è un digital divide, rispetto alla Francia o ad altri Paesi. Nella vostra nazione non è ancora chiaro, con le dovute eccezioni, come la tecnologia sia fondamentale e non un servizio aggiuntivo.
La nostra proposta SaaS, inizialmente, è stata vista come un modo per mettere in discussione l’IT delle aziende. Ora, però, con il crescere delle minacce informatiche e dalle nuove funzionalità richieste dal business le nostre soluzioni diventano un asset percepito come imprescindibile. L’implementazione e il rilascio di nuove funzionalità, il nostro nome e la presenza internazionale stanno generando nuove collaborazioni. Inoltre la pandemia ha impresso un’accelerazione importante, facendoci ottenere risultati migliori dei precedenti dieci anni negli ultimi due”.