“Che cos’è innovazione per noi di Coop? Usare le tecnologie per fare cose importanti per i consumatori. L’innovazione più significativa è quella che si può fare sui prodotti”. Ne è convinto Marco Pedroni, presidente di Coop, che spiega come il colosso della grande distribuzione organizzata in Italia stia intraprendo alcune strade innovative. Con una premessa: “Non sono un esperto di innovazione tecnologica”. Poi però Pedroni rivela che di recente si è recato in Silicon Valley per far visita a Google, Facebook e altri giganti tecnologici. Ma cita anche un economista del secolo scorso, Joseph Schumpeter, quando parla di “fase di creazione distruttrice”, paragonandola all’attuale disruption tecnologica.
Insomma, se è vero che “ognuno viene da qualcosa e dietro ogni impresa c’è una cultura”, è altrettanto vero – fa capire Pedroni – che chi opera sul mercato deve saper guardare al presente e al futuro. Pur mantenendo le radici e i valori, che nel caso di Coop sono quelle del movimento cooperativistico. Perciò dichiara ammirazione per innovatori come Mark Zuckerberg o Jeff Bezos: “Sono persone che hanno deciso di mettere in pratica un’idea non con la sola prospettiva di far soldi: non avevano in testa come prima cosa i profitti, ma volevano realizzare progetti importanti. I profitti vengono dopo”. L’essenziale, ribadisce, è “fare cose buone”. E l’innovazione, in questo senso, può aiutare.
INNOVAZIONE NEGLI ASSORTIMENTI
“Dal 2008, anno in cui è arrivata la crisi economica anche in Italia, l’idea del consumismo è andata in crisi: le persone hanno cominciato a preoccuparsi degli sprechi alimentari, il cibo è diventato sempre più anche un fenomeno culturale. Per cui la prima azione importante in Coop è stata realizzata sugli assortimenti, leva principale per i retailer. Così abbiamo deciso di evolvere i nostri prodotti a marchio. Siamo stati i primi ad articolare i prodotti a marchio in più linee, rendendoli non più una ‘copia’ ma veri e propri prodotti di marca”. Abbiamo lanciato 5 nuove linee con oltre 300 referenze. Un esempio: ‘Origine’, un marchio che certifica prodotti con controllo sull’intera filiera. Dà modo di sapere dove ha mangiato l’animale, chiarisce che non si sono OGM, che non è stato utilizzato lavoro nero, che non sono stati usati additivi. Certo, tutto questo costa: ma è la nostra sfida. Se cresce la consapevolezza dei consumatori, è possibile che i prodotti acquistino valore”.
INNOVAZIONE ECOSOSTENIBILE
“Siamo partiti diversi anni fa con i detersivi senza fosforo e le merci senza coloranti artificiali, poi sono arrivate le leggi. L’anno scorso siamo partiti con l’allevamento di animali senza l’utilizzo di antibiotici, abbiamo già coperto pollame e uova, e in parte i bovini. Questo comporta il 7 o 8% di costi in più e la necessità di maggiori spazi per gli allevamenti. Il valore di certe iniziative non è il reddito a breve, ma acquisire credibilità. Lo si fa anche attraverso la chiarezza e la trasparenza. Le industrie purtroppo sono molto resistenti a dichiarare cosa c’è dentro i prodotti, i due terzi delle informazioni sul web sono sbagliate o incomplete. Per questo serve un’informazione aperta. A volte si ha paura di comunicare per via della concorrenza. La concorrenza c’è e deve esserci, ma non può essere un sistema chiuso”.
INNOVAZIONE NEL RETAIL
“Il supermarket del futuro deve essere un’agorà, una piazza, deve consentire lo scambio tra le persone. È uno scontro continuo tra creatività e economia. Così anche i negozi sono destinati a cambiare e ad evolversi. È assurdo immaginare che i retailer non si pongano il problema dell’online. Qualsiasi retailer se lo pone. D’altra parte per i retailer online è fondamentale avere negozi fisici. È in corso un’ibridazione. Tuttavia i costi sono diversi: un negozio fisico ha strutture e costi che devono essere affrontati. Serve parità di condizioni tra negozio fisico e negozio online”.