DIGITAL FASHION WEEK

L’open innovation flessibile di Aeffe (Moschino e Alberta Ferretti)

Gionata Galdenzi, responsabile ecommerce, racconta a EconomyUp l’open innovation di Aeffe Group (Moschino, Alberta Ferretti, Philosophy, Pollini). “Cerchiamo di aprire gli occhi e ascoltare tutti – dice – poi le soluzioni delle startup devono essere adattate alle esigenze dell’azienda”. E nel futuro vede il B2C

Pubblicato il 16 Lug 2020

L'open innovation di Aeffe Group

È un’open innovation informale e flessibile quella del gruppo Aeffe, cui fanno capo i marchi Moschino, Alberta Ferretti, Philosophy di Lorenzo Serafini e Pollini. Flessibile perché è aperta all’incontro potenzialmente con chiunque, attraverso qualsiasi modalità, informale perché l’approccio è da “underground dell’ecommerce”. La definizione è di Gionata Galdenzi, manager 40enne alla guida del team e-commerce di Aeffe con il compito di scovare spunti, idee, progetti e soluzioni innovativi da portare in azienda. In un certo senso l’open innovation in Aeffe “è” Galdenzi e il suo gruppo. Lo racconta lui stesso ad EconomyUp mentre è in corso la Milano Digital Fashion Week (14-17 luglio 2020), per la prima volta interamente online a causa dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid19. “Naturalmente partecipiamo anche noi, la piattaforma è valida. Tuttavia – dice Galdenzi – queste sono soluzioni per gestire l’emergenza. Credo che a ottobre-novembre 2020 le aziende si accorgeranno di dover gestire l’innovazione e di dover ragionare seriamente sulla digitalizzazione. Gli esiti del Covid19 saranno partoriti nel 2021”.

Ma vediamo meglio che cosa fa Aeffe e come gestisce l’open innovation, strategia teorizzata dal docente americano Henry Chesbrough meno di una ventina di anni fa che sta sostanzialmente a indicare la ricerca di innovazione al di fuori del perimetro aziendale.

Gionata Galdenzi, ecommerce Aeffe

Gruppo Aeffe: il fashion luxury con casa a Rimini

Il Gruppo Aeffe opera a livello internazionale nel settore della moda e del lusso ed è attivo nella creazione, nella produzione e nella distribuzione di un’ampia gamma di prodotti che comprende prêt-à-porter, calzature e pelletteria, lingerie e beachwear. Basato a San Giovanni in Marignano (Rimini), è quotato in Borsa.

L’attività di Aeffe trae origine dall’iniziativa della stilista Alberta Ferretti che inizia la propria attività come impresa individuale nel 1972. La realtà industriale e creativa di Aeffe si è contraddistinta, sin dagli albori, per una chiara vocazione multibrand, che ha portato l’emittente a realizzare e distribuire le collezioni di prêt-àporter di importanti maison, anche grazie al know how acquisito nella realizzazione di linee di prêt-à-porter di lusso. In quest’ottica si inquadra la collaborazione di Aeffe con lo stilista Franco Moschino, per il quale produce e distribuisce, su licenza esclusiva sin dal 1983, la linea a marchio “Moschino Couture!”​. L’acquisizione di Pollini nel 2001 e di Velmar nel 2002 consente ad Aeffe di completare le collezioni realizzate dalle proprie maison con le rispettive linee di accessori, calzature e pelletteria, nonchè di lingerie, beachwear, e loungewear.

Ad oggi il Gruppo sviluppa, produce e distribuisce le proprie collezioni sia con marchi di proprietà, tra i quali “Alberta Ferretti”, “Moschino” “Philosophy di Lorenzo Serafini” e “Pollini”, sia con marchi di cui è licenziataria, tra i quali “Cedric Charlier” “Jeremy Scott” e “Blugirl”.

Il gruppo Aeffe ha chiuso il 2019 con fatturato aggregato a 351 milioni di euro, in leggera salita (+1,4%) sul 2018, con una performance positiva sia del canale retail sia dell’online.

Chi fa open innovation in Aeffe

“Quella dell’open innovation è una struttura abbastanza semplice” dice Gionata Galdenzi. “Il nostro amministratore delegato Simone Badioli è lo sponsor del progetto digitale, è un animo nerd. A me e al mio team va il compito di selezionare le startup innovative e valutarle”. La squadra di Galdenzi è composta da persone di varie età: “Fungo da raccordo tra i 20enni e i 30enni e i manager over 50”.

La strategia di open innovation di Aeffe punta a mettere insieme un gruppo di startup in collaborazione con l’acceleratore italiano Retailhub, a sua volta una startup. Fondata da Antonio Ragusa e Massimo Volpe, è una piattaforma digitale per generare cultura dell’innovazione nel retail e favorire l’incontro tra corporate e startup. Ma Retailhub non è l’unico canale che utilizza Aeffe per stabilire contatti con le realtà innovative.

Lo scouting: “Aprire gli occhi e ascoltare più persone possibili”

“Abbiamo occasione di contattare le startup quando partecipiamo ad eventi – prosegue il responsabile dell’ecommerce – e spesso sono loro stesse a contattarci. Tendiamo ad ascoltare tutti. Capita anche di entrare in contatto con loro grazie alla targetizzazione. Mi spiego meglio: navigo online, vengo targetizzato come utente che cerca un servizio e su Linkedin mi appaiono le sponsorizzate simili. Tempo fa ero alla ricerca di un servizio per ipovedenti e Linkedin mi ha segnalato una realtà americana di questo tipo. L’ho subito contattata. Uso anche le videochat: se per esempio ho bisogno di individuare una società di software e devo avviare una selezione, vado in chat, mi risponde il venditore, mi faccio raccontare quello che c’è da sapere e alla fine del percorso ho imparato tanto. In questo modo riesco a definire meglio i miei desiderata. Il consiglio che do è aprire un po’ gli occhi e ascoltare più persone possibili. Gli accordi – tiene a precisare Galdenzi- sono basati sulla relazione tra le persone, non scritti. Abbiamo scelto una via più flessibile. Con diversi fornitori, per esempio, ci sentiamo anche solo per consigli e confronti sulle evoluzioni delle startup”.

Aeffe e l’open innovation: come avviene la selezione delle startup

Dopo averle selezionate, il team di Galdenzi approfondisce la valutazione delle startup e mette in campo i pro e i contro delle soluzioni proposte. “Tendenzialmente lavoriamo con tutte le startup del mondo, da Israele al nordest dell’Europa, e poi con Italia, Spagna, Francia, Uk, Canada, Usa…”. Dal lato azienda, Aeffe è desiderosa di testare le startup e capire le loro esigenze. “Avere una startup ci permette di andare oltre” afferma Gionata Galdenzi. “Occorre però lavorare insieme con queste realtà perché le soluzioni che propongono siano adattabili alle esigenze di una grande azienda. Ho notato – sostiene il manager – che manca totalmente una visione di quello che può servire all’azienda in termini di budget e benefici. Le startup creano un servizio, ma magari il brand ha bisogno di qualcosa di parzialmente diverso. Ogni startup chiede dal 5 al 10% come revenue, ma poi magari collaborando con noi cambiano il modello e ci accordiamo per costi fissi, creiamo un modello di co-sharing, coinvolgiamo altri colleghi, cerchiamo un network”.

L’open innovatione del gruppo: quali startup sono nel mirino di Aeffe

L’obiettivo del gruppo, da realizzare insieme a Retail Hub, è rendere operative una decina di startup entro la fine del 2020. Tra le selezionate c’è Naizfit, un tool per la guida alle taglie che, attraverso un selfie caricato dal cliente, permette al software di calcolare la taglia giusta da comprare. C’è poi il chatbot Inside sviluppato dalla californiana Powerfront, che punta a interpretare desideri ed emozioni del cliente, utilizzando una serie di informazioni sulle visite o gli acquisti passati. Altre giovani aziende entrate nella selezione: Giftmagic (Regno Unito); Wapping Web e Viume (Spagna); Noibu (Canada); Algolia (Usa). C’è anche l’italiana Qaplà, piattaforma tecnologica che consente di monitorare le spedizioni di corrieri nazionali ed internazionali permettendo di comunicare direttamente con il cliente finale e di avvertire tempestivamente su eventuali problematiche relative alla spedizione. Nel 2016 Qaplà ha ricevuto un aumento di capitale che ha visto l’ingresso nella compagine societaria di Nana BiancaClub Acceleratori ed un investitore angel.

La Milano Digital Fashion Week e gli eventi digitali

Se è vero che la strategia di open innovation di Aeffe è basata su rapporti in qualche modo flessibili e “destrutturati”, è altrettanto vero che non si ferma davanti alla necessità di distanziamento sociale. Nel periodo della quarantena il gruppo ha partecipato ad eventi digitali di scouting. Tra questi Digital1to1, sorta di speed date in cui cui sono a disposizione 20 minuti per parlare con startup.  L’anno scorso era un evento fisico che si teneva in uno spazio a Barcellona, quest’anno è stato organizzato in una virtual room. “Impressionante il modo in cui ci si poteva virtualmente spostare tra le stanze, andare a bordo piscina e così via. Anche se il posto era così bello che vorrei tornarci fisicamente…” commenta il manager. In ogni caso l’evento ha dato i suoi frutti:  dall’anno scorso il gruppo collabora con una startup incontrata in quell’occasione.

Il post Covid: Le aziende B2B della moda andranno verso il B2C

Secondo Galdenzi, dal trend della digitalizzazione incentivato dalla pandemia emergerà maggiore focus e attenzione al cliente finale. “Sembra scontato, ma dato che le nostre aziende sono tendenzialmente B2B (“l’obiettivo di Aeffe è il negoziante”), la digitalizzazione spingerà sul B2C. Il venditore si troverà a dover allestire televendite e sistemi di vendita a distanza, perciò dovrà provvedere a installare telecamere, ad acquisire un mini-know a livello IT. Di tecnologie ce ne sono migliaia, ma bisogna vedere come vengono usate. WhatsApp, per esempio, viene usato come customer care, ma in realtà molte aziende non lo stanno facendo nel modo corretto. Per le televendite servirà formazione sul linguaggio del corpo, i commessi e le commesse dovranno diventare in qualche modo un po’ attori”.

E quando l’incubo Covid19 finirà? “Si andrà verso un modello ibrido” è convinto Galdenzi. “Sulla comodità non si torna indietro, per esempio chi ha capito durante il lockdown come fare la spesa online non vorrà perdere il vantaggio”. Oltre che sull’omnicanalità, Aeffe conta di continuare a investire sul customer care online. “Crediamo tantissimo nel contatto col cliente, per noi diventa personal shopping”. E la crisi che tanto si teme quale impatto avrà sul settore? “La crisi globale ci sarà per forza, ma il digitale compenserà le perdite. Il lato ‘fisico’ ha perso due mesi durante il lockdown, il digitale ha continuato a lavorare”.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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