Supply chain management significa rendere più efficaci ed efficienti i processi produttivi e distributivi a monte e a valle della produzione. A monte, facendo in modo che tutti gli operatori della filiera lavorino in maniera integrata e armonica in modo da efficientare i processi, azzerare gli errori, rendere fluida la gestione degli ordini, ottimizzando i tempi di spedizione e di consegna. A valle, favorendo la qualità della relazione e della soddisfazione dei clienti mantenendo allineata l’offerta alla domanda, in un’ottica di personalizzazione dei prodotti e dei servizi sempre più spinta.
Breve cronistoria del supply chain management
La letteratura racconta che a parlare per la prima volta di supply chain management sono stati due consulenti in ambito logistico, Keith Oliver e Michael D. Webber, che nel 1982 pubblicarono un saggio intitolato “Supply Chain Management: Logistics catches up with strategy”.
Che l’abbrivio sia partito dalla logistica non è un caso. Quest’area, a tutti gli effetti, costituisce il sistema nervoso di tutta la supply chain. Dai processi di approvvigionamento alla gestione dei fornitori, dalla pianificazione della produzione alle consegne, gli operatori della filiera devono cercare di ottimizzare le scorte a magazzino adottando approcci quanto più possibile razionalizzati, automatizzati e standardizzati. A favorire un cambio di passo tecnologico del supply chain management è stata la diffusione delle tecnologie RFID (RadioFrequency IDentification) e dei sensori che hanno iniziato a entrare nei magazzini, ma anche negli allevamenti e in altri ambiti produttivi, alla fine degli anni ’80, quando sono partiti, a macchia di leopardo, i primi progetti pilota.
Supply chain management: in principio era il tag
Il punto di partenza era nell’utilizzo dei tag (microchip dotati di un codice identificativo univoco, di una piccola memoria e di un’antenna che si attiva automaticamente quando sollecitata da un reader RFID per trasmettere informazioni) in affiancamento all’uso dei tradizionali barcode e dei codici Datamatrix. In questo modo, era possibile velocizzare la movimentazione delle merci e fare in modo che in fase di picking e confezionamento i colli fossero sempre congruenti agli ordini. Rispetto ai barcode che, ancora oggi per la natura stessa della tecnologia, vanno letti singolarmente e in modalità stesa e diretta (se, ad esempio, sono graffiati, piegati o scoloriti il lettore non riesce a decodificare i dati) i tag RFID garantiscono letture massive in tempo reale e con margini di errore praticamente nulli. Il concetto è quello di usare dei palmari RFID e di inserire all’interno dei magazzini e sulle porte delle baie di carico dei varchi su cui sono montati dei reader che funzionano analogamente ai telepass. I muletti con le merci attraversano i varchi intelligenti e i prodotti intelligenti sono automaticamente caricati a sistema con un sistema di alert che segnala se ci sono discordanze tra le bolle degli ordini e le merci transate. I KPI dell’RFID sono ormai statisticamente dimostrati da un’ampia letteratura.
I tag vengono scelti in relazione alle aree in cui vengono impiegati e i sistemi di lettura sono distribuiti in maniera adeguata agli ambienti per garantire una letteratura corretta di campo. I tag sono sensori che facilitano sia la gestione delle consegne in ingresso che quelle in uscita, azzerando il numero di resi e delle relative operazioni di riconciliazione. Il vantaggio è che le informazioni archiviate e messe a sistema possono essere condivise, abilitando un supply chain management a valore aggiunto.
Evoluzione dell’Internet of Things
A cavallo degli anni ‘90 non si parlava ancora di IoT, ma l’obiettivo era lo stesso: rendere connessi e comunicanti prodotti, animali, mezzi e persone. Le tecnologie di riferimento erano il Machine to Machine (M2M), lo Human to Machine (H2M) e l’Animal to Machine (A2M). In quest’ultimo caso, tracciare il bestiame, ad esempio, è utile a supportare le operation ma anche a presidiare maggiormente la filiera agroalimentare per tutelare la salute dei consumatori.
Oggi il supply chain management ha allargato il suo orizzonte operativo abbracciando l’evolutiva della Internet of Things fondata su tecnologie trasmissive di ultima generazione, abilitando un approccio smart a tutto tondo. Si parla, infatti, di tutte le declinazioni di un approccio smartificato: smart manufacturing, smart agrifood, smart logistic, Intelligent Transport System e così via.
“Smartificare” le filiere: vantaggi e opportunità
Dal Product Lifecycle Management (PLM) al Customer Experience Management (CEM), il supply chain management, potenziato dalla sensoristica di nuova generazione, supporta idealmente qualsiasi tipo di filiera: dai fornitori delle materie prime alla produzione, dalla logistica ai trasportatori, dai distributori a tutti i servizi di corredo associati (help desk pre e post vendita), includendo gli enti legati alla conformità normativa (forze dell’ordine, enti certificatori, sanità, uffici legali e via dicendo), arrivando ai clienti finali, che chiedono sempre più informazioni su ciò che comprano. Piattaforma di scambio che mette in correlazione mondo fisico e mondo digitale, attivando un meccanismo convergente di collaborazione tra più referenti (partner, provider, operatori, brand e consumatori), l’ Internet of Things ha come suo main sponsor da sempre la logistica. I motivi sono prettamente pratici: la volontà di accorciare le distanze tra produzione, magazzino e consumatori, rendendo più efficienti ed efficaci le dinamiche di gestione e di consegna, ma anche di velocizzare uno scambio di informazioni che per essere efficiente impone un alto tasso di integrazione.
Internet of Things: chi ha coniato il termine
A usare per la prima volta il termine Internet of Things è stato Kevin Ashton, direttore esecutivo del Centro di Auto-ID del MIT. «Potrei sbagliarmi – racconta Ashton in occasione di un’intervista – ma sono abbastanza sicuro che la frase Internet of Things sia nata come titolo di una presentazione che ho fatto per Procter&Gamble nel 1999. Collegare il nuovo approccio RFID della supply chain di P&G con l’argomento, allora rovente, di Internet fu un ottimo modo per attirare l’attenzione dei dirigenti. Credo riassuma un’importante intuizione, spesso ancora fraintesa».
Supply chain management data driven
A distanza di 20 anni, il Supply chain management, grazie all’IoT, è diventato l’approccio ideale per intercettare, organizzare e gestire la molteplicità di informazioni generate dall’intelligenza delle cose e del Big Data management associato. La quantità di informazioni generate dai tag e dai sistemi di CRM permette una gestione dell’informazione e della conoscenza, con verticalizzazioni più specifiche legate alle nuove dimensioni delle tecnologie digitali, mobile e cloud inclusi. Per governare l’IoT, infatti, ci vuole una competenza multilivello: organizzativa, tecnologica, integrata a paradigmi di sicurezza e compliance, ma anche a modalità di integrazione e gestione standardizzata delle informazioni – condivisione tra tutti gli operatori della filiera in un’ottica di co-gestione.
Smart supply Chain Management: ecco come funziona
La gestione della catena di fornitura coinvolge cinque funzioni principali: allineamento dei flussi, integrazione delle funzioni, coordinamento dei processi, progettazione di sistemi complessi e gestione delle risorse.
Allineamento dei flussi: tra fornitori e clienti si generano costantemente dei flussi di denaro, di materiali e di informazioni. Quando gli operatori possono tracciare e rintracciare queste informazioni utilizzando una piattaforma condivisa, è possibile in tempo reale capire dove ci sono colli di bottiglia a livello operativo e insoddisfazioni a livello di customer experience. Integrando strumenti come il Configure to Order.
Funzioni di integrazione
Lo smart supply chain management collega diverse aree aziendali:
- Marketing (anticipazione della domanda)
- Rapporti con i fornitori
- Approvvigionamenti
- Gestione e stoccaggio scorte materie prime
- Produzione
- Gestione e stoccaggio scorte prodotti finiti
- Gestione ordini d’acquisto
- Gestione spedizioni e consegne
- Logistica di ritorno
La trasparenza informativa portata dalla IoT rende più veloci ed efficienti i processi di lavorazione e di comunicazione, incrementando le performance. Grazie all’integrazione con il CRM, è possibile pianificare meglio l’offerta, adeguandola in modo più agile all’evoluzione della domanda. L’approccio, imperniato sul concetto di customer centricity, garantisce una capacità di risposta che viaggia su una taylorizzazione garantita da configuratori di prodotto (CTO – Configure To Order) e sistemi di ingegnerizzazione dell’ordine (ETO – Engineer To Order) che abilitano una pianificazione su misura.
Coordinamento dei processi
Grazie allo smart supply chain management, la gestione della catena di fornitura aumenta la redditività allineando i processi utilizzati per pianificare, procurare, realizzare, fornire (ma anche monitorare) in ottica predittiva. I sensori, che rendono connessi e comunicanti animali, componenti, prodotti, impianti e mezzi di trasporto, mettono a sistema un flusso di informazioni che porta massima trasparenza nei processi, evidenziando all’analisi tutte le possibili aree di miglioramento e allertando quando ci sono deterioramenti o usure degli impianti, malfunzionamenti o situazioni che richiedono un intervento immediato.
Progettazione di sistemi complessi
Un altro aspetto chiave del supply chain management è l’uso della simulazione. A questo proposito, si parla di digital twin, ovvero degli alter ego virtuali che consentono di testare e capire come si comporteranno i sistemi o i prodotti che si vogliono realizzare in un’ampia varietà di ambienti, usando lo spazio virtuale per il forward looking (best and worst). I vantaggi sono molteplici, a partire dalla possibilità di accedere facilmente ai dati di molte fonti diverse, aggregarli e visualizzarli attraverso un unico cruscotto centralizzato, sincronizzato e condiviso, potendo aggiungere informazioni contestuali.
La cabina di regia della programmazione
Oggi l’Internet of Things è una nuova dimensione tecnologica che cortocircuita mondo analogico e mondo digitale attraverso una pluralità di strati di software (middleware) che, attraverso una nuova intelligenza di sistema, abilitano tutta una serie di accessi, ognuno dei quali veicola in sicurezza informazioni in ingresso e in uscita. L’intelligenza del supply chain management, dal punto di vista hardware è data da sensori, tag RFID, cellulari, smartphone, chioschi multimediali, telecamere, videocamere: l’IoT, infatti, include più standard tecnologici come, ad esempio, i sistemi GPS, la Near Field Communication (NFC) e le tecnologie Bluetooth. Quello che è importante sapere, è che l’IoT non è una tecnologia che si compra a pacchetto ma richiede una grande competenza progettuale. Per garantire la funzionalità dei servizi e l’efficienza dei processi, infatti, serve una fase di analisi non solo dei bisogni, dei processi e degli obiettivi, ma anche degli ambienti in cui le tecnologie verranno utilizzate. Questo assicura la qualità dei risultati, ripagando in brevissimo tempo gli investimenti.
Vodafone Smart Manufacturing Suite: IoT industrial a portata di azienda
Vodafone Business è il partner di riferimento per tutti gli operatori della supply chain presidiando sia le infrastrutture legate alla connettività NB-IoT e mobile 4G, 4.5G e 5G che tutti i servizi legati allo sviluppo delle applicazioni che supportano le filiere connesse e comunicanti. Per semplificare la smartificazione del supply chain management il brand ha messo a punto una piattaforma dedicata: un set completo di funzionalità per lo sviluppo e il rilascio di quello strato di programmazione che mette a sistema Smart Manufacturing, Smart Lifecycle e Smart Logistics potenziate dalla sensoristica più avanzata per:
- monitorare e controllare i sistemi da remoto in tempo reale
- garantire un presidio degli asset in modalità predittiva
- abilitare una gestione più efficiente di impianti, prodotti e servizi
- gestire la simulazione 3D e i digital twin a supporto di tutti gli ambienti di test