C’è la crisi dei negozi? Certo, è inevitabile dopo quasi 60 giorni di lockdown, con le saracinesche abbassate e la gente a casa. Sono quindi politicamente comprensibili le campane a morto suonate dalla Confcommercio di Carlo Sangalli per 270mila imprese del commercio e del turismo con disastrose consueguenze sull’occupazione. Sono ancor di più umanamente comprensibili le proteste in piazza come quella del ristoratore Paolo Polli, che fa lo sciopero della fame seduto all’Arco della Pace di Milano. La crisi dei negozi c’è e ben vengano gli aiuti pubblici tanto attesi, ma non saranno certo questi a garantire il futuro del retail e l’occupazione in un mondo in profonda trasformazione che ha subito l’inattesa spinta del coronavirus. E, si sa, le spinte possono farti cadere o andare avanti più velocemente.
Ormai lo diciamo e lo sentiamo dire da settimane: cambiano abitudini, modelli di consumo, canali di acquisto. La crisi dei negozi, quindi, è destinata a durare se non ci saranno cambiamenti importanti. Un terzo degli italiani, ad esempio, secondo un report di Big Fool, dichiara che continuerà a comprare online, anche quando i negozi riapriranno. Chi ancora spera di poter riaprire e ripartire come prima, come se niente fosse accaduto, magari grazie a un incentivo fiscale o un contributo a fondo perduto. Evidentemente non ha ancora metabolizzato quel che è accaduto, appunto. E per salvare le imprese, piccoli esercizi commerciali di quartiere o grandi compagnie che siano, oggi più che mai è importante capire che cosa è successo, cosa sta succedendo, che cosa succederà. Nessuno ha la palla di cristallo, ma certamente i segnali ci sono, così come le opportunità.
Parlare di delivery, consegne a casa, non è solo un vezzo metropolitano. Si sta aprendo un nuovo mercato, anche per il lavoro che in parte potrebbe andare a compensare le perdite di occupazione causate dalla crisi dei negozi. In un’intervista alla BBC il boss di Tesco Dave Lewis ha detto che la più grande catena della distribuzione alimentare nel Regno Unito ha assunto circa 45mila persone “per adattarsi alle abitudini dei clienti cambiate con il coronavirus”. E ha raddoppiato gli slot per le consegne a domicilio. Qualche segnale italiano? Federico Sargenti, CEO di Supermercato 24 ha raccontato ad EconomyUp che durante il lockdown gli ordini e i personal shopper, che fanno la spesa per chi ha ordinato on line, sono quasi raddoppiati. Qualcosa di più concreto, sempre in Italia? Nei giorni scorso Bofrost Italia, azienda di San Vito al Tagliamento, provincia di Pordenone, ha annunciato di essere alla ricerca di 300 persone da assumere.
Bofrost è la più importante azienda italiana della vendita a domicilio di specialità alimentari surgelate e fresche. Le vendite a domicilio nel mese di aprile sono cresciute del 160% (Fonte ISMEA) e quindi adesso potenzia il personale di oltre il 10% (i dipendenti sono già 2400), inserendo venditori che andranno a casa dei clienti per assisterli nella scelta dei prodotti e promoter commerciali. L’amministratore delegato Gianluca Tesolin spiega così quel che sta accadendo: «Gli ultimi mesi hanno portato Bofrost a essere conosciuta e apprezzata da moltissimi nuovi clienti per un servizio che si è rivelato essenziale, quello della consegna di alimentari a casa in tutta sicurezza . Anche nella “fase 2” il nostro resterà un servizio estremamente richiesto e ci stiamo preparando a sostenere la forte domanda nel periodo estivo con l’inserimento di nuovi addetti. E se dopo l’estate, come crediamo, la spesa a domicilio sarà entrata stabilmente nelle abitudini degli italiani, i nuovi inserimenti potranno essere stabilizzati».
Follow the customer! Le centinaia di migliaia di imprenditori del commercio, mentre si leccano le ferite e lottano con i denti per non chiudere definitivamente le loro attività, dovrebbero domandarsi: conosco i miei clienti? Ho capito che cosa vogliono ora, in questa cupa primavera 2020 e non secondo la mia esperienza passata? Sono attrezzato culturalmente e tecnologicamente per rispondere a queste nuove esigenze? Cosa posso cambiare del mio modello e non solo per seguire un obbligo di legge? Sto usando gli strumenti digitali più diffusi come Facebook o Instagram per curare la relazione con i miei clienti e fare magari marketing di prossimità? Ho preso in considerazione le nuove forme di pagamento digitale che mi permettono di essere più efficiente e più sicuro (nella prima settimana di Fase 2 nei bar e pub che usano SumUp le transazioni sono aumentate del 55%)?
Rispondere a queste domande può garantire la sopravvivenza o persino preparare un rilancio. Su EconomyUp continueremo a raccontare idee, storie e soluzioni per affrontare la crisi come una sfida, senza mai arrendersi. Una sfida in cui la posta in palio è il futuro dell’impresa, e del lavoro che genera, e le armi non possono che essere tecnologiche.