L'ANALISI

Il second hand è davvero sostenibile? Ecco 4 modi per renderlo “eco-friendly”

Molti pensano che il mercato del second hand sia di per se stesso sostenibile, ma non è così: occorre ridurre il numero di spedizioni, utilizzare fonti rinnovabili per i magazzini e veicoli elettrici per le consegne, migliorare il packaging. Solo così l’acquisto dell’usato online può diventare davvero “green”

Pubblicato il 14 Giu 2022

Il second hand è davvero sostenibile?

L’emergente fenomeno del second hand (vendere e acquistare capi di abbigliamento usati) risponde alla necessità, avvertita soprattutto dalle giovani generazioni, di optare per una moda più sostenibile, ovvero con un minore impatto sull’ambiente. Ma davvero abiti e scarpe di seconda mano sono sempre e comunque a impatto zero?

Second hand: un trend in ascesa

Nel 2021 il volume d’affari del second hand in Italia ha raggiunto l’1,4% del Pil (Prodotto interno lordo), con un valore di 24 miliardi di euro, riferisce l’ottava edizione dell’Osservatorio Second Hand Economy condotto da BVA Doxa per Subito.it. Sono quasi 23 milioni gli italiani che hanno scelto questa forma di economia circolare, con oltre 13 milioni di utenti unici mensili. Le ragioni, come detto, vanno ricercate anche nella ricerca di una maggiore sostenibilità.

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Second hand e sostenibilità: quante emissioni genera la produzione di abbigliamento

Secondo i dati dell’UE, infatti, la produzione di abbigliamento e scarpe è responsabile del 10% delle emissioni globali di anidride carbonica, più dei voli internazionali e del mondo delle spedizioni messi insieme. Il 70% delle emissioni di gas serra dell’industria della moda proviene dal processo di produzione. Se ne potrebbe dedurre che sia sufficiente contenere o tagliare la produzione per garantire al pianeta una migliore possibilità di sopravvivenza. Ma non è così facile, secondo quanto riferisce a Sifted Lee Smith, responsabile dell’area commerciale presso la società di consulenza Kantar. “La sostenibilità della moda di seconda mano ha molte componenti” spiega. “L’impatto ambientale della spedizione di articoli di seconda mano è ancora considerevole. Ma resta anche il dubbio se i consumatori stiano effettivamente sostituendo i nuovi acquisti di moda con l’usato, oppure ne stiano semplicemente aggiungendo altri a quelli che già possiedono”. Inoltre, è importante considerare i costi ambientali della gestione di grandi magazzini per pulire e conservare gli articoli usati prima di inviarli, i tassi di restituzione e la sostenibilità degli imballaggi.

Cosa fare dunque per rendere il second hand davvero sostenibile?

Locker e veicoli elettrici

L’acquisto e la vendita direttamente tra i clienti nell’ambito delle piattaforme di second hand possono portare ad un aumento delle emissioni a causa del maggiore utilizzo di imballaggi e trasporti. C’è inoltre almeno un ulteriore livello di spedizione da tenere in considerazione: quella dei vestiti che partono dal venditore e arrivano al magazzino prima di essere rispediti a un acquirente.

“Il trasporto è qualcosa che deve essere risolto”, afferma Carolina Brochado, partner di EQT Growth e membro del consiglio di amministrazione di Vinted, una delle app più note di second hand. Per questo alcuni mercati di seconda mano sono alla ricerca di modalità ESG-friendly per spedire, come l’utilizzo di armadietti pick up and drop off (PUDO) o veicoli elettrici (EV).

Gli armadietti PUDO evitano che ci si debba occupare della consegna dell’ultimo miglio, un percorso che può rappresentare più della metà di tutti i costi di spedizione ambientali. Questi locker si trovano spesso in aree popolate, quindi i consumatori possono ritirare o consegnare un pacco durante un viaggio che avrebbero comunque intrapreso. Sigita Žvirblytė, responsabile della sostenibilità di Vinted, afferma che l’azienda sta “incoraggiando” i venditori a utilizzare questi armadietti, invece della consegna a domicilio, e fornisce l’accesso a 200mila locker attraverso la sua rete di partner in 13 mercati europei.

Naturalmente, per ridurre l’impatto sull’ambiente della consegna merci, è opportuno utilizzare veicoli meno inquinanti, quindi la scelta dovrebbe ricadere su quelli ibridi o elettrici. Ma reperire una flotta elettrica per consegnare la merce non è sempre semplice. Per il mercato gestito da Thrift, che acquista vestiti dai consumatori, questa è stata una delle principali sfide nel ridurre l’impatto ambientale della spedizione. Thrift ha pensato di affidarsi a Oddbox, delivery di frutta e cibi vegani, che consegna solo di notte, lungo percorsi ottimizzati e solo una volta alla settimana, in modo da ridurre al minimo il suo impatto sul clima.

Consegne localizzate

Esiste poi il problema di quanto lontano alcuni vestiti debbano viaggiare per arrivare ai loro nuovi proprietari. Alcune società del second hand si stanno attivando per incoraggiare la spedizione locale. I venditori sulla piattaforma di Depop possono spedire nel Regno Unito, in Canada, in Australia e negli Stati Uniti, ma la società sta cercando di aggiungere funzionalità di prodotto per aiutare i clienti a trovare vestiti geograficamente più vicini. Invece Vinted consente ai venditori in Europa di spedire nei paesi vicini – la Francia è collegata con Belgio, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Italia, ad esempio – ma non tra l’Europa e il Nord America.

Magazzini e uffici

La riduzione dei costi ambientali di manutenzione dei magazzini, e il lavaggio e il riconfezionamento dei vestiti, sono altri campi di battaglia chiave per la sostenibilità. Jordan di Responsible dice a Sifted che la società ha recentemente rinunciato a un accordo con il parco commerciale in cui si trova il suo magazzino a Belfast in modo da potersi alimentare attraverso fonti energetiche green.

Resi e imballaggio

Uno dei grandi costi ambientali del fast fashion sono i resi. Secondo alcune stime, il 30-40% degli acquisti viene rispedito indietro – il che significa più spedizioni – prima di essere inviato a un nuovo acquirente o, peggio ancora, trasferito in discarica. La sostenibilità dipende anche dal packaging, che deve essere riciclabile, realizzato con materiali sostenibili, senza overpackaging né plastica. Come rileva l’Osservatorio Packaging del Largo Consumo di Nomisma, il 28% delle persone sceglie un prodotto anche in base alla sostenibilità del packaging. Solo tenendo conto delle varie componenti che portano una merce ad essere veramente sostenibile, le imprese del second hand possono garantire ai loro utenti un minore impatto sull’ambiente e sul pianeta.

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