Cos’è che guida davvero il cambiamento nel nostro modo di fare shopping? Con le festività natalizie possiamo aspettarci tutta una serie di discorsi già sentiti sul nuovo volto del retail. I titoli saranno senza dubbio incentrati sul fatto che i consumatori tendano sempre più ad acquistare online e quanto questo stia peggiorando una situazione già instabile, con un contesto commerciale sempre più difficile per retailer e negozi fisici. Si tratta in effetti di un cambiamento radicale che ha avuto inizio quando è esplosa la bolla di Internet, ossia all’incirca da quando il termine “disruption” è entrato nel gergo dell’industria del commercio.
Una conseguenza più recente di questa disruption è la comparsa del retail omnicanale, dove si fondono l’esperienza online e quella in negozio, permettendo al cliente di muoversi facilmente tra vetrine online, social media, pubblicità mirate, app sullo smartphone e negozi fisici.
Trattandosi di un modo per convertire sempre più l’interesse per i prodotti in vendite vere e proprie, l’approccio omnichannel è emerso come misura chiave per proteggersi dalla riduzione dei margini di guadagno. Uno studio condotto dall’Harvard Business Review ha rivelato che i consumatori omnicanale spendono il 4% in più ogni volta che visitano uno store e il 10% in più online rispetto a chi fa shopping usando una sola piattaforma. Un’altra analisi dell’ICSC ha mostrato che effettuare operazioni attraverso canali multipli può portare ad una spesa media continua di 167$ (circa 150€) online contro i 100$ (90€) in negozio.
Le tecnologie per l’omnicanalità
I lati positivi di una strategia omnichannel, tra cui la pressione commerciale che ne promuove l’adozione, sono ben noti e ampiamente accettati. Si è invece parlato poco del cambiamento tecnologico che si cela dietro a questa evoluzione. I rivenditori tradizionali stanno trasferendo sempre più le infrastrutture informatiche nel cloud, attratti prima di tutto dalla possibilità di bilanciare domanda e costi, in linea con i ricavi spesso oscillanti. Combinare una riduzione dei costi generali con un aumento dei ricavi non è l’unica possibilità offerta dalla sostituzione delle infrastrutture informatiche tradizionali con soluzioni cloud, ma si può sfruttare questa opportunità per ottimizzare l’enorme quantità di dati generati dai retailer. Unificare i dati duplicati, razionalizzare le strutture dei database e aprire linee di comunicazione tra i silos informativi significa che il prodotto di un negozio, la pagina del prodotto su un sito di e-commerce e la foto del prodotto nella pubblicità online possano essere tutte interpretate come lo stesso articolo dal punto di vista del sistema di commercio informatico.
Cosa può fare l’intelligenza artificiale per il retail
Questa trasformazione nel modo di gestire i dati, unita ad un aumento nella potenza di elaborazione, sta producendo un allineamento tra i diversi canali retail e allo stesso tempo sta ponendo le basi su cui verranno implementate le tecnologie emergenti. Se il primo passo per un’azienda retail è far convergere i suoi dati e il secondo passo è sfruttare quei dati per creare una convergenza tra i suoi canali fisici e digitali, i retailer stanno scoprendo sempre più i benefici di un terzo passo, in cui tutto questo viene ulteriormente impreziosito grazie all’intelligenza artificiale. Visto che il cloud computing è sempre più diffuso, vedremo benefici inaspettati apportati dall’intelligenza artificiale nello shopping personalizzato, nella possibilità di renderlo eco-friendly, e nelle varie esperienze che questa può offrire al consumatore.
Prendiamo la personalizzazione come esempio: si tratta di un’esperienza che, grazie allo shopping online, è già piuttosto familiare per tutti noi. Nella sua forma più semplice, la promozione dei prodotti da parte dei retailer sulla base degli acquisti effettuati in precedenza dal cliente ha un potenziale significativo di generare ulteriori vendite, dal momento che il carrello online fornisce molti più dettagli sulle necessità di un cliente rispetto a quanto avviene in negozio. Anche i dati provenienti dai negozi fisici possono essere raccolti, analizzati e applicati in modi analoghi. Da quanti clienti visitano un posto, al loro percorso all’interno del negozio, a come interagiscono con le diverse linee di prodotto, nel retail tradizionale c’è una ricca fonte di informazioni che è stata resa disponibile solo ora, grazie all’analisi basata sull’intelligenza artificiale.
Queste informazioni organiche e non strutturate sono fondamentalmente più difficili da utilizzare rispetto alle informazioni digitali estratte dai carrelli online e dell’interazione con il sito web. Nel momento in cui i retailer acquisiscono queste capacità, diventano disponibili anche le informazioni su come i fattori esterni all’azienda influenzano i comportamenti d’acquisto. Il clima o le manifestazioni sportive, le tendenze culturali che riguardano una specifica parte dei consumatori, i fattori culturali peculiari del luogo in cui si trova un negozio: sono tutti elementi che influenzano ciò che la gente compra e quando. Le aziende che hanno investito nella tecnologia necessaria per il retail omnichannel si trovano ora nella posizione di poter raccogliere questi dati e andare oltre la personalizzazione già diffusa negli acquisti online. Invece di concentrarsi sulla correlazione – “le persone che comprano x comprano anche y” – l’analisi basata sull’intelligenza artificiale sta aprendo il potenziale per le previsioni di acquisto basate sulla causalità – “le persone comprano y a causa di x”.
Retail, la soluzione di intelligenza artificiale di NetApp
Proprio allo scopo di favorire ulteriormente l’adozione dell’intelligenza artificiale semplificare, accelerare e scalare la pipeline dei dati per utilizzi di tipo Deep Learning, NetApp ha creato l’architettura ONTAP AI, che integra i supercomputer Nvidia DGX e lo storage cloud connected all-flash NetApp A800.
Guardando oltre l’immediato compito di vendere qualcosa in più, è facile trovare altri modi in cui poter applicare questa profondità di insight, come ad esempio riuscire ad anticipare quando qualcuno avrà bisogno di un prodotto e spedirlo giusto in tempo, mettere in contatto le persone con prodotti forniti o fabbricati localmente per ridurre al minimo le emissioni di carbonio dovute al trasporto o offrire configurazioni di prodotto specifiche sulla base delle preferenze individuali.
Coloro che sono interessati al retail marketing o a questa tecnologia rivoluzionaria saranno consapevoli che l’industria del retail è da tempo impegnata in dimostrazioni rivolte al consumatore, come il Westfield’s Trending Store basato sull’intelligenza artificiale. Al di sotto di tutto questo, tuttavia, sta accadendo qualcosa di più importante: poiché le aziende retail migliorano la loro capacità di raccogliere, analizzare e applicare i dati, lo shopping tradizionale nel suo complesso inizierà ad essere più simile alla sua controparte online nel modo di rispondere al cliente. Il potenziale emergente del retail data driven sta mostrando aspetti a cui altri settori potrebbero guardare con interesse per capire cosa li aspetta. In che modo l’accesso a informazioni contestuali e dettagliate sui bisogni e le esigenze di una persona influenzerà settori come la finanza, la sanità o i trasporti? Il retail è stato al centro del cambiamento più a lungo di qualsiasi altro settore: è qui che dobbiamo cercare quello che ci aspetta nel futuro.