Dieci anni fa sono andato per la prima volta in Cina e ricordo come fosse ieri la sorpresa che ho provato. Pensavo di trovare un ambiente tipo Kung Fu Panda, invece arrivando a Shanghai ho scoperto che era come essere in Matrix. Da quel primo viaggio ogni volta il Regno di Mezzo mi ha riservato delle sorprese, delle novità e ho capito in fretta che molte di queste erano destinate a diventare dei fenomeni dirompenti anche qui in Occidente.
Live commerce, in Cina coinvolge il 38% degli utenti
Uno di questi è sicuramente il Live Commerce, l’evoluzione delle vendite a distanza che unisce e mixa tre componenti fondamentali: la televendita, intesa come la presentazione dei prodotti in diretta, il social, perché mentre seguo il live posso fare commenti, domande e inviare emoji, e l’e-commerce, potendo consultare le schede prodotto di quanto presentato e comprare con un click. Da questa ibridazione è nato un nuovo modo di vendere, che sta riscuotendo un grandissimo successo in Cina, perché è intrattenimento e relazione diretta con i consumatori, che si sentono protagonisti e non semplici spettatori o compratori anonimi.
I primi ad adottarlo sono stati i retailer mass-market di cosmetica, ma via via il livello dei prodotti e delle categorie merceologiche si è allargato e innalzato. Ora regolarmente i brand internazionali del lusso propongono eventi di vendita a distanza in diretta, tramite Tmall, JD, WeChat e sempre di più Douyin, cioè TikTok in Cina.
I numeri del Live Commerce in Cina sono impressionanti. Secondo i dati della CNNIC (China Internet Network Information Center) a giugno 2021 il 38% degli utenti internet cinesi seguiva regolarmente degli appuntamenti di Live Commerce. Proporzionando i numeri all’Italia, a casa nostra sarebbero circa 15 milioni di italiani.
Perché il live commerce diventerà popolare in Occidente
Perché questo fenomeno diventerà popolare anche da noi e sarà parte fondamentale delle strategie dell’imprese di tutti i settori, in particolare Fashion&Lifestyle?
Perché il Live Commerce entra di diritto nel concetto di omnicanalità, visione della relazione tra retailer e consumatore che dovrebbe essere ormai assodata e metabolizzata, ma che in realtà è ancora in una fase primitiva. Secondo McKinsey Global Institute Analysis, a novembre 2021 il 70% dei consumatori cinesi sono acquirenti omnicanale, con una costante crescita delle vendite online, ma anche un aumento di quelle tradizionali, se viste in una logica integrata. Secondo il National Bureau of Statistics of China la strategia da online a offline ha avuto delle ricadute sulle vendite al dettaglio che, a ottobre 2021, sono cresciute del 4,9% rispetto allo stesso periodo del 2020. Secondo il rapporto di Kantar di novembre 2021, il 57% delle famiglie urbane cinesi ha utilizzato i servizi di consegna a domicilio O2O per l’acquisto di beni di largo consumo, da gennaio a settembre 2021. I consumatori che utilizzano le piattaforme O2O hanno ridotto lo scontrino medio, ma hanno effettuato più ordini, a dimostrazione del fatto che questa modalità sia ormai entrata nelle abitudini quotidiane della maggior parte della popolazione cinese. Anche in occidente abbiamo visto questa evoluzione accelerare nei due anni di pandemia e questo nuovo modo di vivere gli acquisti sta spingendo sempre di più le imprese in una direzione direct to consumer e omnicanale.
Ma per governare con successo una strategia di retail che veda i diversi canali perfettamente integrati, è necessaria una gestione dei dati molto sofisticata. E questa è un’altra lezione che possiamo imparare guardando alla Cina. Ad esempio, l’utilizzo pervasivo dei pagamenti tramite mobile app (Alipay o WeChat Pay) genera una mole straordinaria di informazioni sui comportamenti dei consumatori, informazioni che correttamente rielaborate guidano le attività di performance marketing dei retailer di tutti i settori. Questa consapevolezza sta aumentando anche qui da noi, dove fino a poco tempo fa i pagamenti erano un tema puramente tecnico-finanziario e non una risorsa per il marketing.
L’evoluzione dei negozi: da spazio commerciale a spazio esperienziale
Altro trend molto forte nel mercato cinese è la costante evoluzione dei format di vendita in negozio, dove lo spazio fisico è sempre più uno spazio esperienziale e sempre meno commerciale.
Gentle Monster, brand di occhialeria della Corea del Sud, ha in Cina i flagship store più sofisticati e avanzati, dove i prodotti sono presentati e raccontati in modo suggestivo e la vendita si conclude spesso online sullo Store WeChat del brand. Di recente ha aperto a Shanghai un negozio a tre piani a tema ‘Future Retail’ che comprende, oltre a Gentle Monster, il marchio di cosmetici Tamburins e il marchio di caffetteria/ dolci Nudake. Il negozio è un’esperienza culturale che unisce shopping, pop-up e mostre d’arte in un unico spazio.
Altro caso di grande interesse è il TX Huaihai | Youth Center è un concept mall innovativo, sempre a Shanghai, che parla alle nuove generazioni: non è solo un centro commerciale ma anche un centro d’arte – principalmente digitale – che unisce giovani designer emergenti e artisti di tutto il mondo e utilizza la tecnologia per promuovere creatività e le ultime tendenze culturali ed artistiche.
Il TX Huaihai si sviluppa in tre spazi principali: uno spazio pubblico, uno spazio commerciale al dettaglio e uno spazio tematico che integrano esperienze di shopping e arte immersiva in un unico spazio.
Il 50% dei suoi negozi sono pop-up stores di brand online, per lo più di commercianti Taobao con follower sui social media e un track record di forti vendite di prodotti orientati ai giovani.
TX Huaihai non chiede un affitto, ma prende una percentuale sulle vendite. I negozi Taobao incoraggiano i loro fan a visitare il centro, che ha visto anche brand come Fendi, Nike e G-Shock presenti con i loro pop-stores.
Credo che la Cina continuerà ad essere una fonte di ispirazione importante per i prossimi anni ed ecco perché è fondamentale studiare e comprendere i casi cinesi, per essere pronti a guidare la trasformazione piuttosto che esserne sopraffatti.