GLOSSARIO/RETAIL

Onlife commerce – Definizione

Con il termine Onlife Commerce si intende l’insieme dei comportamenti dell’utente iperconnesso che non vive una netta separazione tra esperienze online e offline. Un fenomeno ancora più diffuso dopo la spinta alla digitalizzazione causata dalla pandemia

Pubblicato il 08 Apr 2021

Onlife commerce

L’Onlife Commerce, termine mutuato dalla definizione del filosofo Luciano Floridi di “on-life” (crasi tra “online” e “life”), indica l’insieme di comportamenti dell’utente iperconnesso che non vive una netta separazione tra esperienze online e offline.

Se questa definizione era già apparsa nel mondo dell’eCommerce nel 2017, la spinta alla digitalizzazione causata dalla pandemia ne ha messo in rilievo l’attualità. Il lockdown ha infatti “generato” 1,3 milioni di nuovi consumatori digitali, secondo le rilevazioni di Netcomm. Rilevazioni confermate anche da una ricerca di GFK secondo la quale il 37% di chi ha acquistato qualcosa online a marzo 2020 non l’aveva mai fatto nel corso dei 12 mesi precedenti.

Le procedure dell’Onlife Commerce si basano sull’omnicanalità, ovvero il processo in base al quale il consumatore passa da un canale all’altro senza soluzione di continuità: può vedere un oggetto in un negozio e decidere di acquistarlo online da pc, fare la spesa da smartphone e andarla a ritirare nel punto vendita, assistere a una sfilata di moda in live streaming e acquistare i capi preferiti con un click, provare vestiti in uno store, visionare online diverse taglie e poi farsi recapitare quella giusta in negozio, o a casa e così via. Le soluzioni sono molteplici e presuppongono tutte un passaggio fluido tra la dimensione online e quella della vita fatta di persone e spazi fisici.

Come detto, il termine Onlife fa riferimento a quello coniato da Floridi che, nel saggio “La quarta rivoluzione”, scrive che viviamo in un’infosfera in cui i confini tra online e offline sono scomparsi. “Sicuramente – spiega il filosofo – questo ha un impatto su tutto il settore della vendita al dettaglio. Ad oggi il retail non ha ancora un rapporto costruttivo con il digitale: giocando in rimessa, finirà per perdere. Il supermercato che non ha una sua app è destinato a chiudere in tempi brevissimi. In questo settore i margini sono limitati e la competizione è feroce:  il focus non è tanto su che cosa vendo ma sull’esperienza che ha il mio cliente nell’acquistare questo o quell’altro. Tutto si gioca sulla qualità dell’esperienza del customer: se la app è facile da usare, se il cliente la trova subito nello store ecc. ecc. Sono nozioni che il marketing conosce a memoria ma che vanno messe in salsa digitale. In Italia c’è ancora un certo ritardo su questo fronte, forse perché è un Paese frammentato e con realtà diverse tra loro, però ci stiamo arrivando”.

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