Occupandomi di innovazione di servizi e prodotti, mi capita spesso di pensare alla Generazione Z ed analizzarne le sue peculiarità. Quelle che seguiranno saranno sia esperienze personali che casi studio così come risultati di ricerca.
Si sa, la generazione Z (14% della popolazione italiana) è difficile da coinvolgere, soprattutto perché i suoi valori sembrano a volte difficili da decifrare. È la prima generazione nata con internet in tasca, uno strumento che ha modificato radicalmente i modi, i tempi, le abitudini e le aspettative rispetto alle generazioni precedenti, che hanno creato internet ma che distinguevano e distinguono tutt’ora il fisico dal digitale.
L’intento di questo articolo non è dare una unica soluzione, un elenco puntato di dogmi. Perché non si addice proprio alla generazione che prendiamo in esame. Il fine è quello di dare chiavi di lettura e strumenti che permettono di capire quale tipo di intervento necessita la singola realtà che vuole aprire un canale di comunicazione con la Gen Z.
La Generazione Z, che comprende i nati tra il 1995 ed il 2010, non è solo quella che vuole salvare il pianeta, non è solo quella che balla su Tik Tok o passa la vita davanti ai videogiochi. È molto, molto di più, dobbiamo solo fare un piccolo sforzo per entrarci in empatia.
Generazione Z: il ruolo degli influencer
I 18-24enni di oggi sono persone che, come le generazioni precedenti, seguono i consigli dei vip. Però per questa generazione il vip si chiama influencer e non è lo stesso per tutti, anzi ognuno ha il suo ed ogni influencer ha una sua community, più o meno vasta ma calcolabile in dimensioni rispetto a quella indefinita dei vip di noialtri. Ogni persona segue una serie di vip sui vari canali e non è detto che Tik Tok sia quello più utilizzato. Infatti Instagram (54,6%), Youtube (41,5%) e Facebook (33,6%) sono i social più utilizzati da questa generazione, mentre TikTok si attesta al 10,7% di uso abituale nonostante sia il 22,8% a possederlo.
Quando parliamo di quanto la Gen Z usa i social non dobbiamo chiederci, come per quelle precedenti, se lo fanno una volta al giorno, la settimana o al mese. La maglia è molto più fine. Infatti il 44% dei giovani si connette più volte ogni ora, il 27% una volta l’ora e solo uno su 3 meno di una volta l’ora. Comunque tutti più volte durante l’arco della giornata.
Mostrare scene forti che puntano alla pancia? Solo se sappiamo che il nostro pubblico specifico le preferisce. Consideriamo che in generale il 70% della Gen Z ama vedere scene rilassanti e come media preferisce il video (71%). Evitiamo quindi scene crude, esplicite e di terrore nella nostra comunicazione se non abbiamo fatto una analisi approfondita del pubblico o delle community alle quali ci rivolgiamo (e non chiamiamolo target!).
La Gen Z è la più attenta ai temi green, questo lo sappiamo tutti. Il 79% si dice più attento al proprio impatto sull’ambiente rispetto a 12 mesi fa. Il 79% paga volentieri di più (fino al 10% in più) l’energia se proviene da fonti rinnovabili. Il 47% pianifica di installare pannelli solari sulla propria abitazione nei prossimi 5 anni, rispetto al misero 19% dei baby boomers. Sicuramente dati ben superiori rispetto alle generazioni precedenti, ma questo non vuol dire che tutta la generazione la pensa allo stesso modo o è egualmente sensibile rispetto i temi ambientali.
Generazione Z: nessun acquisto è “lontano”
È vero, però, che non aggiornarsi rispetto alle aspettative di questa generazione porta ad avere una clientela che non li include, essendo molto chiaro per i giovani ciò che vogliono e molto radicata la consapevolezza che se non lo trovano da un retailer, lo possono trovare da un altro. Non esiste per loro, infatti, il concetto di “lontano” quando si parla di acquisti. Essendo una generazione che per lo più acquista online, usa lo store fisico come touch point (65,4%) per prendere visione del prodotto fisico durante il processo di selezione del prodotto da acquistare.
Il nuovo ruolo dello store fisico
Sappiamo quindi che i giovani si fanno dare consigli dagli influencer (il 66,7% da esperti di quel tipo di prodotto, il 61,8% da quelli seguiti, a prescindere dall’esperienza) e usano lo store fisico come show-room più che come luogo di acquisto. Ma quali sono gli altri touch point? Sicuramente quelli in cui trovano le recensioni, che siano su Amazon (71,4%), passaparola di amici, familiari o colleghi (71,1%), video realizzati da consumatori (70,4) o su un blog (66,6%). L’informazione non può arrivare soltanto dal brand ed è meglio che ci sia qualcuno che ci metta fisicamente la faccia, in video o in persona. Sulla maggior parte della nuova generazione non funziona più l’azienda che parla del suo prodotto, una immagine statica o peggio ancora il semplice testo. Ovviamente rimane sempre il tema di chi è nello specifico il mio interlocutore.
In sintesi, quando parliamo di Gen Z parliamo di community, di influencer, di qualcuno tra noi ed il consumatore che trasmette l’idea che ha di noi e del nostro prodotto. Parliamo di empatia, di movimento, di fluidità, di istanti e velocità.
(Fonti: Oracle – Buzzoole – Unione Europea – IRENA)