Food retail e sprechi alimentari: la possibilità per le aziende di evitare di dover gettare via una determinata quantità di cibo non acquistato né consumato è una sfida ancora aperta. Ma l’intelligenza artificiale può essere d’aiuto per vincerla. E già alcune startup si stanno proponendo per ovviare al problema.
Rotture di stock nel food: come scongiurarle
Il 2020 è stato l’anno che ha segnato un punto di svolta per il mondo del Retail, avendo avuto la pandemia effetti economici molto negativi sui conti economici aziendali. Infatti, si stima il settore abbia perso quasi 2,1 trilioni di dollari a livello globale: un impatto economico pesante che ha messo in luce la necessità delle aziende di doversi dotare di strumenti in grado di prevenire, o quanto meno limitare, queste ingenti perdite.
Sebbene l’evento del Covid-19 fosse complesso da prevedere, il Retail è sempre stato caratterizzato da inefficienze operative che ne limitano la marginalità: basti pensare al fenomeno delle rotture di stock che, a causa dell’errata quantificazione dei fabbisogni di vendita, erode ai fatturati delle aziende 4 punti percentuali ogni anno, una perdita di circa 110 miliardi di euro per i retailer europei. Certamente, il verificarsi di un fenomeno così imprevedibile e impattante, come quello pandemico, non ha che peggiorato la situazione. Inoltre, nel caso dell’industria alimentare, si aggiungono anche gli sprechi derivanti dai prodotti scaduti che in Europa ammontano a circa 8 miliardi di euro.
È proprio nel Food Retail che si gioca la sfida più complessa. Infatti questo settore è caratterizzato dall’alta imprevedibilità dei consumi che rappresenta un problema non indifferente per gli attori del settore. I numeri parlano chiaro: in Italia, la difficoltà a prevedere la domanda di prodotti è all’ordine del giorno e questa si traduce in generazione di rotture di stock del 10% su categorie merceologiche quali l’ortofrutta. Ed è sempre la difficoltà di previsione dei fabbisogni che ha conseguenza finale di causare gli sprechi alimentari.
Per affrontare questo problema sono nate diverse realtà attive nella prevenzione o nel recupero degli scarti alimentari. Too Good To Go e MyFoody sono alcune di queste ed hanno l’obiettivo di diminuire le 20 milioni di tonnellate di cibo buttato annualmente in Italia. Ad esempio, quest’ultima, avvisando i consumatori di alimenti prossimi alla scadenza ed applicando sugli stessi degli sconti per incentivare l’acquisto, “salva” prodotti freschi dall’essere scartati.
Tuttavia, sebbene lo scopo di queste realtà sia lodevole, la radice del problema, l’imprevedibilità dei fabbisogni, permane. La risoluzione dello stesso, e la prevenzione degli sprechi citati, risiede nell’uso dei dati. A tal proposito, l’Intelligenza Artificiale (“AI”) viene in soccorso dei retailer tramite algoritmi intelligenti che permettono di ridurre significativamente i tradizionali problemi tipici del “demand forecasting”.
Food retail e sprechi: Afresh, startup di San Francisco
Ad esempio, Afresh Technologies è una startup di San Francisco che fornisce una piattaforma di AI per aiutare le aziende ad identificare l’esatta quantità di prodotti freschi che dovrebbero essere esposti a scaffale ogni giorno, studiando le correlazioni tra lo storico di vendita dei prodotti e i trend di acquisto futuri. Così facendo, la startup americana è in grado di superare i problemi legati alla deperibilità e alla variabilità dei prodotti freschi, introducendo una soluzione intelligente e redditizia che riesce ad eliminare l’utilizzo del metodo “carta e penna” utilizzato per la gestione dell’assortimento prodotti. I risultati derivanti dall’impiego di Intelligenza Artificiale sono sorprendenti: la startup dichiara di aver ridotto gli sprechi alimentari generati all’interno delle strutture servite del 50% ed aumentato di conseguenza i margini dei prodotti freschi del 4%.
Appare chiaro che il futuro del Retail passi da queste nuove tecnologie, non solo per ridurre gli sprechi che hanno sempre afflitto il settore, ma anche per inseguire una crescita sostenibile grazie all’ottimizzazione dei processi aziendali. E il mercato globale inizia a riconoscerne l’importanza: infatti, si stima che la crescita del mercato dell’Intelligenza Artificiale nel settore della Supply Chain sia pari a +45% annuo fino al 2027.
Food retail e sprechi: così la startup pugliese Tuidi usa l’AI per evitarli
Fortunatamente, l’innovazione bussa anche alle porte del mercato italiano: in particolare, la startup Tuidi affronta il problema dell’imprevedibilità dei fabbisogni di vendita, specializzandosi sul settore della distribuzione di FMCG (“Fast Moving Consumer Goods”). La startup pugliese infatti ha sviluppato un servizio di AI per ridurre le inefficienze di rotture di stock e sprechi alimentari. I primi studi effettuati con le aziende partner prospettano interessanti aspettative: infatti, Tuidi, lavorando sia con punti vendita che con depositi, ha diminuito fino al 80% il verificarsi di rotture di stock sui reparti dell’ortofrutta ed aumentato il livello di servizio di oltre 1 punto percentuale all’interno del magazzino di prodotti freschi seguito dalla startup. Il servizio di Intelligenza Artificiale della realtà pugliese supera i tradizionali sistemi di gestione degli assortimenti, facendo dell’innovazione il suo fiore all’occhiello: Tuidi aumenta sia la facilità di previsione di eventi complessi come le promozioni, identificando anche le variabili esogene che posso influenzare l’andamento delle stesse, sia il tempo dedicato dagli addetti al riordino prodotti ad attività prima trascurate, migliorando quindi redditività e produttività.
Come dichiarato da Giorgio Santambrogio, AD del gruppo Vegè e Vice Presidente di Retail Institute, alla luce delle future sfide che il mercato della distribuzione alimentare dovrà affrontare (si pensi alla presenza intimidatoria di Amazon, che ha siglato una partnership con Unes Supermercati) l’innovazione sarà una strumento fondamentale per permettere al settore di prosperare e ridurre sempre più gli inutili sprechi che impattano negativamente sia i margini delle aziende, sia il rapporto di quest’ultime con i consumatori finali.