DIGITAL TRANSFORMATION

Digital luxury: Cina avamposto di innovazione, dal boom del livestreaming alla realtà aumentata

Molte delle tendenze innovative nel Fashion & Luxury che stanno emergendo in Europa sono già mainstream in Cina. Tanto che persino Amazon (e Alibaba) sembrano superati. Ne parla Andrea Negrin, Managing Director di Retex Spa

Pubblicato il 30 Mar 2021

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La pandemia ha svolto il ruolo di catalizzatore per la digitalizzazione nel Luxury, ma non ne è stata certo la causa scatenante. A sottolinearlo è Andrea Negrin, Managing Director di Retex Spa, che ripercorre le tappe più recenti dell’adozione del digital nel mondo del Lusso, per poi guardare agli sviluppi nell’immediato futuro. Un futuro che è già realtà in Cina, dove si stanno affermando alcuni trend che nei prossimi anni potrebbero imporsi anche nel Vecchio Continente.

L’effetto pandemia nel retail

Già molto prima dello scoppio della pandemia le aziende del retail, e in particolare del Fashion, avevano cominciato a ridurre in maniera drastica i punti vendita fisici. Di “apocalisse del retail” si è iniziato a parlare negli Stati Uniti da almeno 4 anni: gli shopping mall americani, che per un lungo periodo erano stati il simbolo della prosperità americana, sono d’un tratto diventati cattedrali nel deserto.

Davanti a una crescita costante dell’online e a un calo cronicizzato della domanda nei negozi, molte catene internazionali hanno preferito serrare i battenti. A giugno 2020, per esempio, Zara ha annunciato la chiusura di 1.200 punti vendita presenti principalmente in Asia e in Europa. Effetto coronavirus? Come detto, solo in parte. L’emergenza sanitaria ha accelerato una strategia che era comunque nei piani. Il gruppo Inditex, colosso galiziano della moda fast fashion fondato negli anni Sessanta da Amancio Ortega, aveva già deciso il progressivo spostamento dalla dimensione fisica della vendita a quella digitale. Infatti, contestualmente, ha fatto sapere che avrebbe investito 2,5 miliardi di euro per modernizzare la piattaforma di eCommerce e trasformare alcuni negozi in flagship iconiche all’interno dei quali poter acquistare online. Obiettivo: arrivare a coprire il 25% del fatturato con le vendite online entro il 2022.

“Nella moda il Covid-19 non è stato è l’evento disruptive, ma l’acceleratore del cambiamento di un modello di business” ribadisce Andrea Negrin, già Executive Manager e consigliere indipendente in consigli di amministrazione di numerose aziende della Grande Distribuzione Alimentare, del Fashion, dell’Occhialeria e del Lavoro Interinale. “Probabilmente – prosegue – quello che è in cantiere da anni sarebbe semplicemente stato realizzato un po’ più tardi se non ci fosse stata la pandemia. Ma sarebbe comunque accaduto”.

Il cambiamento nella user experience

Esattamente cosa è cambiato negli ultimi anni con la trasformazione digitale? “È fondamentale capire che il nuovo territorio di competizione è la user experience, soprattutto per i retailer del Lusso” afferma il Managing Director di Retex Spa. Se infatti negli anni precedenti l’attenzione era concentrata sul punto vendita e su come migliorarlo, magari rendendolo scenografico attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, oggi la vera sfida è un’altra: garantire al cliente un’esperienza d’acquisto assolutamente seamless in ogni punto di contatto dell’azienda. Tutto continua a ruotare intorno all’omnicanalità, concetto in base al quale l’utente può non solo interagire con l’azienda mediante una molteplicità di opzioni, ma anche vivere la medesima esperienza su tutti i touchpoint senza riscontrare interruzioni nel percorso dall’uno all’altro. Un esempio: un cliente vede esposta in un negozio una borsa di un marchio di lusso, si reca all’aeroporto per prendere un volo e torna a valutare l’oggetto nel chiosco del brand, dopodiché effettua una ricerca sul suo tablet, riceve una notifica tramite link dall’app cinese WeChat e acquista la borsa direttamente sull’aeroplano, in pochi clic, mentre è in attesa di decollare. “È tutto già possibile, anche in Europa, ma in Cina è, per così dire, dato per scontato” afferma Negrin.

Il successo di WeChat

“Non serve la macchina del tempo per prevedere cosa accadrà nel mondo del Lusso europeo, basta acquistare un biglietto aereo e girare per una settimana a Shangai” afferma il manager. Pochi meglio della sua azienda lo sanno: Digital Retex, società italiana del Gruppo Retex spa, è partner di riferimento ufficiale di WeChat per tutta l’Europa. E WeChat, il popolarissimo servizio di messaggistica (definizione, come vedremo, molto restrittiva) sviluppato dalla cinese Tencent, è uno dei “cavalli di Troia” per vendere in Cina sul mercato del retail e di conseguenza, del luxury nel fashion.

“Il consumatore cinese non è passato attraverso le varie ere geologiche dei computer, ma è approdato direttamente all’utilizzo dello smartphone, con il quale fa letteralmente di tutto” spiega Negrin. Alla maggior parte dei Cinesi non serve il portafoglio, né tantomeno la carta di credito. Per qualsiasi operazione usano WeChat, una sorta di ecosistema che funge da canale social, strumento di messaggistica ma anche da motore di eCommerce. Dentro una singola applicazione sono presenti una molteplicità di funzionalità, dalla prenotazione di una visita dentistica fino al disbrigo delle pratiche per un divorzio.

Il mercato del Lusso ha come riferimento la Cina, ora più che mai, dal momento che è l’unico mercato già ripartito dall’inizio della pandemia. Ecco dunque che diventa indispensabile capirne le dinamiche e analizzarne gli scenari, per poter portare anche in Europa le idee e le soluzioni innovative già applicate in Asia.

Il trend del livestreaming

Se per esempio da noi, a causa dell’emergenza sanitaria, l’attenzione di aziende e consumatori è focalizzata sul fenomeno delle sfilate online, in Cina si assiste a un vero e proprio boom del livestreaming per l’eCommerce. Sono lontani i tempi in cui il governo di Pechino, nel 2016, censurò il livestreaming di TaoBao, piattaforma per lo shopping online, “colpevole” di usare Internet come strumento di vendita e non di intrattenimento. Dopo la sua riabilitazione, nel 2019, l’azienda ha fatturato 61 miliardi di dollari grazie allo streaming contemporaneamente registrato e trasmesso in tempo reale allo spettatore.

A tutt’oggi, nelle metropoli, le piattaforme specializzate in livestreaming occupano interi palazzi con i loro uffici, i loro set e i loro influencer. Una rivisitazione in chiave post-moderna delle televendite? Di fatto i Сinesi hanno capito che è più divertente guardare una vendita in diretta rispetto alle foto statiche di prodotti su Alibaba. “Si potrebbe anche scherzare sul fatto che abbiano inventato la tv: in realtà l’hanno cablata e inserita dentro una chat” commenta Negrin.

Risultato? Dior, per la collezione autunno-inverno 2020, ha registrato 100 milioni di visitatori in livestreaming su WeiBo, piattaforma di micro-blogging. Numeri impensabili fino a poco tempo fa.

Il fenomeno ha anche generato un nuovo modo di concepire l’ingaggio con il cliente: sono numerose le piattaforme in Cina che usano i KOC (Key Opinion Consumer), ovvero i clienti più cool o affezionati al brand. Una relazione più interattiva e multidirezionale.

Realtà aumentata nel retail

Un altro trend che in Europa si sta gradualmente affermando, mentre in Cina è dato per scontato, è l’utilizzo della realtà aumentata nel retail. È molto diffusa, per esempio, nel settore Beauty: chi segue un livestreaming sul makeup, può poi scaricarsi un’applicazione che consente di verificare l’effetto di un determinato trucco sulla propria pelle. In Europa, Chanel ha proposto di recente una soluzione di questo tipo, in Cina è un servizio di massa. Un altro elemento estremamente diffuso sono gli smart mirror: molti negozi si sono trasformati in piccole showroom, dove è possibile provarsi virtualmente il capo davanti allo specchio. In Europa alcuni retailer stanno ancora sperimentando gli smart glass, la Cina è andata oltre: solo per fare un esempio, nel 2017 Retex ha ricostruito in WeChat la flagship di Officine Panerai Orologi. Il cliente poteva navigare all’interno del negozio, situato fisicamente a Firenze, scegliere un orologio ed acquistarlo. Tutto, naturalmente, grazie alla realtà virtuale.

Cina avamposto di innovazione

“Amazon è il passato, e in un certo senso anche Alibaba. L’eCommerce sta travalicando nuove frontiere. E quello che succede oggi in Cina, tra qualche anno arriverà in Italia” chiosa il Managing Director di Retex.

“È inesorabile – prosegue – che l’innovazione digitale nel punto vendita, una volta entrata nell’azienda, contamini i vari settori come farebbe un virus e pervada l’attività produttiva nel suo complesso. Chi lavora nella parte creativa si troverà a confrontarsi con le sfilate online, quelli del buying dovranno utilizzare strumenti virtuali per raccogliere i pricing dei fornitori mondiali. Già le vecchie showroom delle aziende di alta moda a Parigi o Roma sono digitalizzate: dove una volta andavano i buyer ci sono stanze nelle quali, in livestreaming, la modella testa il capo e raccoglie l’ordine. È un vero e proprio capovolgimento del modello di business, al quale le aziende italiane dovranno sempre più abituarsi”. A questo proposito Digital Retex, per conto del ministero degli Esteri, sta sviluppando una piattaforma in WeChat, prevalentemente finanziata da Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, con l’obiettivo di promuovere il Made in Italy. “Molte PMI italiane – spiega Andrea Negrin – rischiano di vedere la Cina come troppo lontana, perché non si possono permettere, per esempio, di aprire un account su WeChat. Si tratta infatti di investire qualche centinaio di migliaia di euro per diventare visibili. Grazie a Pavilion Italia e all’investimento di Agenzia ICE, all’impresa vengono richiesti solo 5mila euro all’anno. È un esempio di nascita e sviluppo di un marketplace che promuove il made in Italy”.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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