L’e-commerce può utilizzare una vasta gamma di soluzioni tecnologiche per individuare, attirare e convincere il cliente in modo efficace, continuativo e a volte anche eccessivamente pervasivo. Non è così nel commercio elettronico del luxury. O almeno non è così per la Brunello Cucinelli Spa, casa di moda italiana con sede a Solomeo (Perugia), fondata dall’omonimo imprenditore, impegnata nella produzione e vendita di maglieria pregiata in cashmere in tutto il mondo.
“Abbiamo scelto di adottare soluzioni digitali per proteggere il brand dal digitale” dice a EconomyUp Francesco Bottigliero, Chief Digital Officer della Brunello Cucinelli. Un concetto che può apparire paradossale a chi è fautore di un e-commerce più aggressivo, ma l’intervistato tiene a spiegare: “Il nostro retail è all’insegna dell’esclusività e del rispetto del cliente. Quando si parla di soluzioni digitali per i retailer si pensa invece all’opposto. Ma per noi non funziona così: nell’e-commerce del luxury i solleciti eccessivi possono far scappare il potenziale acquirente. Ciononostante da anni puntiamo su digitalizzazione e innovazione”.
Il nostro presidente risponderebbe con una citazione di Voltaire: ‘Chi non è pronto ad abbracciare il cambiamento è destinato a prenderne la parte peggiore’. In realtà siamo sempre stati innovativi, ma negli ultimi 6 anni abbiamo optato per un’accelerazione del processo di innovazione. Ci definiamo ‘artigiani umanisti del web’: artigiani perché non vogliamo perdere l’anima artigianale, umanisti perché crediamo nella cultura, e del web perché non possiamo fare a meno del digitale, che oggi è il principale strumento di comunicazione dell’azienda. Siamo presenti in moltissimi Paesi, è prioritario riuscire a comunicare ovunque e con tutti.
Come si è sviluppato il vostro processo di innovazione digitale?
Siamo partiti dalla necessità di avere un e-commerce e un CRM, Customer Relationship Management. Perciò siamo entrati in contatto con Demandware, provider americano cloud-based di servizi per l’e-commerce. In seguito, nel 2016, SalesForce l’ha acquisita per 2,8 miliardi di dollari. Così oggi collaboriamo con SalesForce, che ha capito perfettamente le nostre esigenze. Abbiamo trovato una tecnologia molto sofisticata, che ci propone persino più cose di quelle che vogliamo. Da noi vige il rispetto dell’umana riservatezza. Il digitale ci permette di entrare nei cellulari e in qualche modo nella testa delle persone, ma siamo molto cauti su questo punto: se esageriamo perdiamo il cliente. Le faccio un esempio: il carrello abbandonato.
Cioè?
È uscito un report sull’e-commerce nel luxury: ci siamo classificati al secondo posto per esperienze di acquisto digitali, ma siamo arrivati ultimi per ‘carrello abbandonato’. È quello che vogliamo. Evitiamo di sollecitare pesantemente chi ha avviato la procedura di acquisto online e poi l’ha abbandonata sul finale. Nel nostro settore rincorrere il cliente è pericoloso, per uno che recuperi ce ne sono tanti altri che fuggono. In altri settori probabilmente non è così. Salesforce ci ha dato la possibilità di suddividere i clienti in varie fasce.
Lei ha parlato di rispetto della riservatezza. Quanto è stata rilevante per la vostra azienda l’introduzione del GDPR?
Sono anni che abbiamo team di lavoro su questi temi. Siamo in linea con quanto ha detto a questo proposito Mark Benioff, CEO di SalesForce: “Nell’Unione europea c’è una nuova normativa per cui i dati sono di proprietà dei clienti. Negli Stati Uniti sono proprietà delle aziende”. Il concetto di umana riservatezza è nel nostro Dna.
Quanto conta l’elemento umano nel retail? I commessi saranno sostituiti dalla tecnologia?
Per noi il commesso è qualcuno a cui il cliente vuole assomigliare, perciò noi diciamo “lunga vita al commesso!”. Ma un sito è online 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. Internet è quasi sempre un self-service, non farà morire la categoria dei commessi. Peraltro anche chi cerca online può voler vivere l’esperienza unica del negozio.
A proposito di esperienze uniche, quanto è importante il customer care?
Il cliente è la nostra divinità interna. Noi mettiamo il customer care al centro dell’azienda, non lo vediamo come un costo ma come un investimento. Penso a Amazon: è quasi impossibile trovare il servizio clienti e poter avere un contatto diretto con qualcuno. Per loro il customer care è un costo da minimizzare. Per noi proprio no.