Il commercio sta diventando sempre più “conversational”, basato cioè sul dialogo costante tra venditore e cliente supportato dalle app di messaggistica: si chiama appunto “conversational commerce“, ha fatto capolino nelle nostre vite alcuni anni fa, a seguito della comparsa delle applicazioni per chattare online, ed ha ricevuto un ulteriore impulso nel periodo della pandemia. Ma in cosa consiste esattamente?
Il crescente ricorso delle persone alla comunicazione online tramite messaggi ha indotto i brand a utilizzare WhatsApp, Facebook Messenger e analoghi servizi per raggiungere e relazionarsi con il cliente in modo più diretto ed efficace. Consapevoli delle limitazioni di altri canali quali email, call centre e simili, le aziende hanno deciso di esplorare il variegato mondo della messaggistica, anche perché i dati parlano chiaro: ad oggi i quattro quinti del tempo speso sui dispositivi mobili viene utilizzato sulle app per chattare.
Un tempo le aziende usavano le piattaforme di messaging essenzialmente per il customer service. Poi hanno cominciato a capire che potevano essere utilizzate per vendere prodotti e servizi. Centinaia di milioni di cinesi lo stanno già facendo su WeChat, altri big statunitensi seguono a ruota.
Ecco perché il conversational commerce promette di essere “the next big thing” nel mondo delle vendite.
Che cos’è il conversational commerce
Traducibile letteralmente con “commercio conversazionale”, si può definire come “l’intersezione tra app di messaggistica e acquisti, ovvero la tendenza ad interagire con le aziende attraverso applicazioni di messaggistica, chat o attraverso la tecnologia vocale”. La definizione è stata coniata nel 2015 da Chris Messina, di Uber, in questo articolo pubblicato su Medium.
Esempi di conversational commerce
L’esperimento di Walmart
Uno dei più recenti esperimenti di conversational commerce è quello messo in atto da Walmart, la grande catena statunitense che è allo stesso tempo una realtà radicata nella storia e un campione di innovazione.
Lo Store nº8 di Walmart e Global Tech team stanno collaborando per testare in alcune aree il servizio “text-to-shop” basato su soluzioni di conversational commerce: per i clienti sarà sufficiente inviare dei messaggi con i nomi dei prodotti per aggiungerli alla lista della spesa o al carrello virtuale su sito o app.
La startup
Un astro nascente del conversational commerce è la startup Yalo, piattaforma di intelligenza artificiale con sede a San Francisco, che fornisce una tecnologia per collegare le aziende alle piattaforme di messaging. La società – che ama definirsi parte del mondo c-commerce (“chat commerce”) – ha raccolto quest’anno 50 milioni di dollari di finanziamenti, a conferma delle potenzialità insite nel trend del conversational commerce.
Il conversational commerce per le banche
Il conversational commerce è entrato anche negli istituti bancari. Tramite l’integrazione sempre più completa con l’intelligenza artificiale – si legge in un report di LivePerson, società di tecnologia globale che sviluppa software per conversazioni e AI – sono diversi i punti di contatto che si possono avere con i clienti durante la loro navigazione. È possibile progettare conversazioni ad alto impatto e distribuirle attraverso ogni canale di messaggistica (ad esempio SMS, Apple Business Chat, Google RBM, Facebook Messenger, WhatsApp e applicazioni web e mobile), integrare sistemi, gestire e misurare. “Il conversational commerce ha la possibilità di aiutare le banche a cogliere il vantaggio dell’esperienza mobile, desiderio dei consumatori di nuova generazione”, spiega Agostino Bertoldi, VP Southern Region di LivePerson.
Da indagini condotte su aziende clienti, LivePerson ha rilevato un incremento di 4 volte nel numero di vendite e un aumento del 20% nella soddisfazione del cliente grazie alla sinergia di conversational commerce e IA.
Il caso PayPlug: vendere con un link in chat
PayPlug, azienda francese approdata in Italia 5 anni fa, sta supportando i commercianti nell’approcciare il commercio conversazionale e le vendite tramite mobile: attraverso i canali di messaggistica, il negoziante può rispondere in tempo reale a domande e curiosità degli utenti, per trasformarle in occasioni di acquisto, costruire un rapporto di fiducia con la propria Customer Base e garantire una user experience più fluida. Insieme ai partner, PayPlug ha messo a disposizione un servizio integrato e la funzione “pay-by-link” che consente ai commercianti di inviare un link di pagamento tramite SMS, chat, e-mail. I consumatori vengono reindirizzati ad una pagina di pagamento sicura e possono convalidare e pagare l’ordine in modo semplice e veloce dal proprio smartphone: tra gennaio e maggio 2021 il 15% dei commercianti (contro l’11% dello stesso periodo del 2020) ha concluso vendite via SMS tramite questo strumento.
“Ci occupiamo di conversational commerce da molto tempo – ha detto a EconomyUp il CEO di PayPlug, Antoine Grimaud – è un tool per consentire ai merchant di vendere tramite email, sms o WhatsApp senza avere un proprio sito. Durante la pandemia abbiamo assistito a una forte accelerazione di questo trend perché è il primo, semplicissimo passo affinché uno store fisico possa cominciare a vendere a distanza”.