Incentivare la diffusione della cultura digitale, puntare su formazione e espansione all’estero, rivedere le normative fiscali: sono le necessità più urgenti per l’e-commerce in Italia secondo Roberto Liscia, Presidente di Netcomm, consorzio nato per favorire la crescita e la diffusione del commercio elettronico in Italia aiutando le imprese nella loro evoluzione digitale.
In Italia, però, ci sono ancora alcuni ostacoli alla piena affermazione del commercio eletttronico. A parlare sono i numeri: da noi le imprese che vendono online sono 40mila contro le 550mila in Germania e le 200mila in Francia. I motivi di questo divario? Eccone alcuni:
- un tessuto imprenditoriale composto da piccole e medie imprese che hanno difficoltà a investire in nuove tecnologie per il commercio e nel rapporto con i mercati globali
- la scarsa consapevolezza da parte degli imprenditori di come le tecnologie li possano aiutare a riprogettare i propri modelli di business e la relazione con i clienti.
- la mancanza di skill hi-tech su tutta la filiera del settore, in particolare laureati in marketing digitale, data analysts, specialisti in cybersecurity, IoT
- la logistica che in Italia deve ancora colmare un gap strutturale con l’Europa: le performance di consegna sono in aumento significativo e cresce sia l’uso sia la disponibilità di servizi di ritiro presso negozi, locker, uffici postali ed edicole, ma esistono ampi spazi di miglioramento, per esempio nella disponibilità dei servizi finalizzati a coordinare e dare intelligenza alla consegna e al reso
A tutto questo, sottolinea Roberto Liscia, devono aggiungersi i limiti “culturali” del consumatore. L’utente italiano è un grande fruitore di smartphone ma si rivela arretrato nelle sue modalità di utilizzo, non riuscendo a sfruttarlo appieno per tutti quei processi che darebbero valore aggiunto al business, come gli acquisti online, i pagamenti o le operazioni di home banking. Succede lo stesso per l’uso della moneta elettronica, che fatica a trovare le giuste condizioni di sviluppo e ad emergere
Ecco dunque le tre proposte del presidente di Netcomm al governo che si formerà in seguito alle elezioni del 4 marzo.
DIFFONDERE LA CULTURA DIGITALE
Il Governo che a breve si insedierà, scrive Liscia, si dovrà far carico di un grande progetto di cultura digitale nel Paese, che passa attraverso forme di agevolazione per accedere alla conoscenza, sia da parte dei cittadini che delle imprese e dei centri di formazione. È necessario accrescere la preparazione digitale degli imprenditori facendone comprendere il valore, formare o dotare università e scuole delle risorse tecnologiche adeguate, educando anche il cittadino a un comportamento più digitale che passa in parte attraverso la Pubblica Amministrazione.
AIUTARE L’E-COMMERCE ITALIANO A COMPETERE CON L’ESTERO
Altro compito per il nuovo Governo è estendere le agevolazioni dell’industria 4.0 alla formazione delle imprese e dotarle di strumenti e conoscenze atte a far fare loro un salto nella competizione digitale in Italia e all’estero. Un esempio è il progetto collettivo realizzato da Netcomm per la vendita online in Cina di prodotti di aziende cosmetiche italiane. Un’iniziativa cross-border di e-commerce che ha permesso a piccole-medie imprese italiane, che altrimenti non avrebbero avuto la forza economica né strategica di affacciarsi sul mercato cinese, di beneficiare delle sue potenzialità per commercializzare e far conoscere i propri articoli di beauty.
RIVEDERE LA NORMATIVA FISCALE
La web tax, così come è stata approvata dal Governo italiano – scrive Liscia – non fa altro che incidere ulteriormente sull’economia delle imprese italiane, che vengono gravate di un’ulteriore imposta non commisurata all’effettivo reddito prodotto. La nuova regolamentazione, così come sta emergendo per il GDPR, la privacy, il Geoblocking tende a essere un peso non sopportabile dal contesto imprenditoriale italiano composto, come abbiamo detto, da piccole e medie imprese. Occorre che le istituzioni italiane si facciano carico a livello europeo di trovare delle soluzioni normative che favoriscano il nostro tessuto economico, garantendo pari condizioni e pari opportunità competitive, senza correre il rischio di aumentare il divario con gli altri stati europei.