PLATFORM ECONOMY

Come far ripartire i negozi nel dopo coronavirus: consegne a casa e digital marketing

Con il coronavirus c’è stata un’ascesa dei negozi di vicinato, mentre quelli costretti a chiudere si sono organizzati per le consegne a casa e hanno scoperto i marketplace online. Da marzo sono nate alcune piattaforme, poi a maggio è entrato in campo Supermercato24, annunciandone una propria per i piccoli negozi

Pubblicato il 08 Mag 2020

Negozi ai tempi del coronavirus: verso la marketplace economy

Da anni i negozi lottano contro la crisi cercando di adeguarsi ai livelli di servizio e alle modalità di comunicazione proposte con successo dai giganti dell’ecommerce e dalla grande distribuzione, finora senza troppa fortuna. Ma proprio un evento così catastrofico come la pandemia di coronavirus potrebbe paradossalmente portare nuova linfa ai piccoli esercizi e alle micro-imprese commerciali facendo leva su uno strumento innovativo eppure antico, l’home delivery, e utilizzando lo strumento dei marketplace, luoghi digitali aggregati per mettere a valore la relazione con il cliente.

Come coinvolgere il cliente durante l’era del Covid-19? Clicca qui per scaricare l’infografica!

Cosa sta succedendo con il coronavirus: i grandi reggono a fatica

La pandemia è stata di fortissimo impulso per il commercio elettronico in Italia e nel mondo. L’ecommerce, rileva Netcomm, è il settore che crescerà di più (fino a +55%) a livello mondiale, seguito da modern food retail (fino a +23%) e vendita all’ingrosso di prodotti farmaceutici (fino a +15%).

Diversi settori, come quello del fashion&lifestyle, sono stati colpiti più duramente di altri anche online, ma il 77% dei merchant online ha dichiarato di aver acquisito nuovi clienti durante questa fase di emergenza sanitaria.

Quanto all’Italia, c’è stato un vero e proprio boom. Sempre secondo Netcomm, in un solo mese dall’inizio della crisi sanitaria dovuta al Covid-19 si è registrato un salto evolutivo verso il digitale di 10 anni: le abitudini di acquisto e i comportamenti dei consumatori italiani si sono spostati a favore dell’ecommerce, che ha garantito continuità di servizio per numerose attività e per i cittadini. Dall’inizio del 2020 a oggi sono 2 milioni i nuovi consumatori online in Italia (in tutto 29 milioni), 1,3 milioni dei quali, secondo le stime di Netcomm, sono da attribuire all’impatto dell’emergenza sanitaria del Covid-19. Negli stessi mesi dello scorso anno (da gennaio e maggio 2019), infatti, si registravano 700.000 nuovi consumatori.

La conseguenza immediata delle misure di contenimento anti-pandemia è stata però un ecommerce messo a dura prova dall’ondata di richieste. Il 18 marzo Amazon ha annunciato: lasceremo i nostri magazzini soltanto ai fornitori di generi di prima necessità. Il gigante fondato da Jeff Bezos ha incontrato criticità negli Stati Uniti ma anche in Europa. Inoltre negli Usa, sempre a marzo, Amazon ha annunciato centinaia di nuove assunzioni per riuscire a fronteggiare l’ondata di nuove richieste.

E in Italia?

L’iniziale boom della GDO, la corsa al galoppo dell’ecommerce

All’inizio della quarantena da coronavirus, nel mondo della grande distribuzione organizzata in Italia, si è registrata una prevedibile impennata di vendite. Come rileva Nielsen, per tre settimane di fila dall’inizio dell’emergenza c’è stato trend positivo a doppia cifra. In particolare, nella settimana dal 9 al 15 marzo, le vendite nei negozi della GDO sono aumentate del 16,4% rispetto allo stresso periodo del 2019. Successivamente il trend di crescita è rallentato. Non si è invece arrestata la corsa dell’ecommerce. Se nel primo caso (Gdo) la crescita nella settimana dal 16 al 22 marzo è stata del +5,4% rispetto ai dodici mesi precedenti, nel secondo caso (spesa online) l’incremento è stato addirittura del 142,3%, in rialzo di 45 punti percentuali rispetto al trend della settimana precedente. Tra 30 marzo e il 5 aprile  i dati sono risultati in crescita rispetto allo stesso periodo del 2019, e con un trend in linea con la settimana precedente: +2,2%. I dati sono sempre di Nielsen Connect Italia, che evidenzia come, per la terza settimana, sia il Nordest a registrare gli incrementi più alti su base tendenziale: +5,9%, seguito subito dal Sud (+5,8%). Rimangono stabili il Nordovest (+0,3%) e il Centro (-0,5%).

Per evitare le lunghe code davanti ai supermercati, e una (sia pur remota) possibilità di contagio, in molti hanno provato con le ordinazioni online. E qui l’home delivery dei supermercati ha mostrato il fianco:  disponibilità terminate quasi ovunque, slot liberi a distanza di alcune settimane dall’ordinazione, scarsa chiarezza nelle informazioni online (in alcuni siti gli utenti scoprono che la consegna è ritardata di decine di giorni solo dopo aver riempito il carrello virtuale). Il fatto è che, negli ultimi anni, la GDO italiana ha scommesso poco sull’home delivery. Finora il tasso di penetrazione degli acquisti online food and grocery sul totale del settore era intorno all’1%: lo segnala un report del Centro Studi R&S di Mediobanca, che prende a campione i 10 maggiori gruppi italiani e stranieri della grande distribuzione (con dati, però, relativi al 2018). “Esselunga – si legge nella ricerca – dichiara vendite online per il 2,1% del fatturato, mentre Coop Alleanza 3.0 tocca appena lo 0,03% delle vendite. Ma i dati che arrivano dagli operatori sono ancora pochi e insufficienti”.

Con la pandemia la percentuale di persone che ordinano online è evidentemente schizzata in alto. E la GDO è stata colta impreparata. Stanno sopperendo, in parte, le startup dell’home delivery e del food delivery. Supermercato24, per esempio, nata qualche anno fa per consegnare a casa la spesa ordinata online presso le gradi catene della Gdo, in queste settimane ha triplicato il numero dei nuovi iscritti al servizio. Ma stanno ricavando benefici anche realtà più recenti e l’home delivery comincia ad attecchire in zone dove prima non esisteva, come dimostra l’esempio della startup aretina Primitia.

La crisi dei negozi e le opportunità dell’home delivery

D’altra parte numerosi esercizi commerciali sono stati costretti a chiudere. Il DPCM dell’11 marzo 2020 stabilisce la sospensione delle attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e “di prima necessità” individuate in un allegato a parte, siano esse esercitate nell’ambito degli esercizi commerciali di vicinato, nell’ambito della media e grande distribuzione o ricompresi nei centri commerciali. Paradossalmente (o no?) le botteghe di quartiere rimaste aperte stanno incrementando le attività.

“Continua l’ascesa dei negozi di vicinato, che si trovano nei pressi delle abitazioni e permettono quindi di limitare il tragitto per la spesa” dice Romolo De Camillis, Retailer Service Director di Nielsen Connect In Italia.

“Un modello che ha preso piede in Italia in questi quasi due mesi di lockdown – afferma Roberto Liscia, presidente di Netcomm – è il proximity commerce, che permette l’integrazione tra i grandi player del commercio elettronico e i piccoli negozianti, i quali, grazie alla logistica e alle piattaforme di delivery, possono raggiungere i clienti residenti nelle zone limitrofe. Si tratta di un servizio che ha finalmente raggiunto cittadine e piccoli centri abitati che fino a poche settimane fa non avrebbero immaginato di poterne beneficiare e difficilmente i consumatori rinunceranno a questa comoda pratica”.

Il trend, come detto, favorisce naturalmente i punti vendita di generi alimentari. E gli altri? In ballo ci sono attività di vario tipo: prodotti per animali,  ristoranti,  panifici,  fruttivendoli, salumerie, pescherie,  gelaterie,  erboristerie, edicole,  pasticcerie, casalinghi, librerie, negozi di elettronica, enoteche, bar, negozi di accessori, cura della persona, prodotti per bambini ecc. ecc.

È oggettivamente possibile che, all’indomani della fine dell’epidemia di coronavirus, alcuni di questi negozi, purtroppo, non riescano a riaprire. Ma l’ingegno e la disperata volontà di sopravvivere dei micro-imprenditori stanno contribuendo a disegnare alcune possibili strade per il futuro. In particolare, come sottolineato sopra da Roberto Liscia, alcuni esercizi stanno tentando la strada dell’home delivery: con le serrande abbassate per decreto ministeriale, hanno deciso di provare a consegnare a casa la propria merce. Prima però hanno bisogno di far sapere ai clienti che ci sono e sono disponibili a recarsi al loro domicilio. Hanno perciò necessità di pubblicizzare questa nuova attività e lo stanno facendo attraverso i mezzi che hanno a disposizione: innanzitutto i social network e le piattaforme di messaggistica. Sono stati attivati gruppi Facebook per la segnalazione degli esercenti che fanno consegne a domicilio, sono stati creati gruppi WhatsApp per lo scambio di informazioni e contatti. In modo sostanzialmente improvvisato i negozi di vicinato stanno imboccando una nuova strada, quella del marketplace. In maniera probabilmente inconsapevole stanno attivando un’operazione di digital marketing. Qualcuno, a monte, l’ha già intuito e ha cominciato ad attrezzarsi.

Io resto a casa delivery

Lo spunto è stato colto, per esempio, da Ennevolte, realtà milanese impegnata nel settore delle convenzioni aziendali, e da Loud, agenzia specializzata in comunicazione digital, che hanno creato il sito Io resto a casa delivery, al momento attivato gratuitamente. Lo scopo è far riunire in una sola piattaforma le botteghe di quartiere, i negozi non attivi nell’ecommerce o poco forti in questo ambito.

Chi ha bisogno di qualcosa può effettuare una ricerca per CAP e/o per categoria merceologica. A loro volta le realtà commerciali che offrono servizi di consegna a domicilio possono iscriversi senza alcun costo e senza dover versare percentuali sulle vendite. Perlomeno allo stato attuale.

Daje! e SpesaRomaEst, il delivery che parte da Roma

Nicola Mattina, tra i protagonisti dell’ecosistema dell’innovazione romano, ha lanciato Daje!, partito dal quartiere Monteverde a Roma. Si tratta di un servizio di spesa e home delivery basato sui negozi di quartiere. È operativo dal 1 aprile e la lista dei negozi aderenti all’iniziativa è in costante aggiornamento. Il team di Monteverde a Domicilio sta lavorando giorno dopo giorno per riuscire a supportare i commercianti sia nella ricezione degli ordini ma anche e soprattutto nella fase della consegna.

Concentrata invece solo sulla zona di  Roma Est è SpesaRomaEst, iniziativa avviata senza scopo di lucro da Fabio Viola.

Rialzati.it

Rialzati.it è una realtà di Udine che ha creato un marketplace per consentire a piccoli negozianti di tutta Italia di pubblicare i propri prodotti online, anche se possiedono scarse o nulle conoscenze digitali. In questo mercato virtuale le aziende che aderiscono potranno mostrare e vendere i loro prodotti e le persone potranno comprare beni di qualsiasi tipo venduti dalle aziende aderenti.  Il modulo base, con le funzionalità che permettono di vendere da subito, è gratis.

We support locals

“We support locals” è una piattaforma per il fast delivery, sviluppata dall’agenzia fiorentina WeRad, pensata per mettere le attività di vicinato nelle condizioni di attivare in poche mosse il servizio di vendita con formula take away o consegna a domicilio.

La piattaforma punta ad aiutare anche i negozianti che hanno meno confidenza con la tecnologia e hanno meno confidenza con il concetto della consumazione da asporto. Quindi non solo bar, ristoranti e pasticcerie, ma pure negozi di abbigliamento, artigiani, fiorai, rivendita di materiale da ufficio, articoli per la casa o oggetti di design, botteghe di vario tipo, enoteche ecc. ecc.

La consulenza comprende: acquisto del dominio per la realizzazione del sito web, set up della piattaforma con primo inserimento di contenuti (ovvero i prodotti in vendita), un’ora di formazione per la gestione autonoma del sistema, avviamento dei canali social (Facebook, Instagram e LinkedIn) per la promozione online del servizio. Eventualmente è possibile richiedere anche un servizio fotografico professionale.

Per andare incontro alle attività provate dalla serrata prolungata, il pacchetto “We support locals” è offerto gratuitamente per il primo mese, in modo che le attività possano rendersi conto dell’effettiva necessità e del ritorno economico. Nella fase successiva la gestione sarà offerta in abbonamento, sempre a costi contenuti.

Torniamopresto.it a Vicenza

Il giovane imprenditore vicentino Paolo Dal Lago,  già co-founder di Recensioni Ok, ha creato con altri esperti di digital e tecnologia www.torniamopresto.it, per aiutare negozi e attività a restare a galla. I clienti acquistano subito da questi esercizi dei coupon che potranno usare alla riapertura. L’iniziativa è senza scopo di lucro ed ha già 400 aziende iscritte. “Vogliamo dare un aiuto concreto all’economia italiana – commenta Paolo Dal Lago – permettendo alle piccole attività locali di restare a galla in questo periodo difficile. Abbiamo ricevuto tantissimi messaggi ed email da parte dei titolari che ci ringraziano per quello che stiamo facendo. L’idea funziona ma l’iniziativa si è diffusa per il momento soprattutto nella zona di Vicenza da cui noi proveniamo. Ora vogliamo estenderla rapidamente a tutto il paese. Cerchiamo l’appoggio degli enti e associazioni di categoria perfarla conoscere a tutte le attività locali che hanno bisogno di aiuto”.

Spesadalweb

Spesadalweb.it è un portale italiano dedicato ai negozi/aziende, che gestisce la ricezione degli ordini e la consegna a domicilio a km 0 dei cittadini del proprio territorio. Creato dalla società Mondoinweb srl di Pomezia (Roma), specializzata nella realizzazione dei portali web,  punta ad aiutare i negozianti del proprio Comune. Le aziende possono registrarsi gratuitamente sul sito; gli utenti, dopo essersi registrati, potranno visionare tutti i negozianti di zona presenti e fare ordini con consegna e pagamento a domicilio.

Cecina Delivery

Dal territorio emerge un’iniziativa pubblica, la piattaforma online “Cecina Delivery”. Il Comune di Cecina, dopo aver stilato sul sito ufficiale una lista di negozi che fanno consegna a domicilio, ha promosso la piattaforma dove gli esercizi commerciali potranno, in modo assolutamente gratuito per un mese, creare una sorta di vetrina virtuale dei propri prodotti alimentari che verranno consegnati a domicilio ai cittadini che ne faranno richiesta dai volontari della Pubblica Assistenza. Il progetto è dell’amministrazione comunale di Cecina, insieme a Confcommercio, Confesercenti e Cna, la Pubblica Assistenza di Cecina, la Targa Cecina e la Cassa di Risparmio di Volterra.

Queste alcune delle iniziative di cui siamo a conoscenza. Ma certamente ne stanno fiorendo altre che vi invitiamo a segnalare.

La “zampata” di Supermercato24: in arrivo la piattaforma per il commercio di prossimità

Poi, a maggio 2020, è arrivato un player importante a scommettere su questo nuovo modello di business: il CEO di Supermercato24 Federico Sargenti, in questa videointervista a EconomyUp, ha annunciato il lancio di una piattaforma dedicata al commercio di prossimità: panettieri, macellai, ortofrutta potranno mettere online le loro proposte che entreranno nell’offerta della scaleup, oggi più che mai intenzionata  a diventare leader europeo dell’e-grocery.

Spesa on line, Supermercato24 lancia una piattaforma digitale per i piccoli negozi

L’ingresso in campo di Facebook

Facebook ha lanciato a metà maggio i Facebook Shops, pensati per aiutare le aziende a realizzare un unico negozio online al quale i clienti possano accedere sia su Facebook sia su Instagram. La creazione di un Facebook Shop è semplice e gratuita. Le aziende possono scegliere i prodotti che vogliono inserire nel loro catalogo e poi personalizzare il look and feel del negozio con un’immagine di copertina e con colori che rimandano al proprio brand. Questo significa che qualsiasi imprenditore, indipendentemente dalla dimensione della sua azienda o dal budget, può portare la propria attività online e connettersi con i clienti dove e quando preferiscono.

È possibile trovare i Facebook Shops sulla pagina Facebook o sul profilo Instagram di un’azienda, oppure scoprirli nelle storie o negli annunci pubblicitari. Da lì, è possibile sfogliare l’intera collezione, salvare i prodotti ai quali si è interessati e fare un ordine che potrà essere completato sul sito web del brand o – solo negli Stati Uniti – direttamente nell’app, se l’azienda ha attivato il checkout.

Inoltre, come in un negozio fisico, quando si ha bisogno di chiedere aiuto a un commesso, nei Facebook Shops si potrà inviare messaggi a un’azienda attraverso WhatsApp, Messenger o Instagram Direct per fare domande, ottenere supporto, monitorare le consegne e altro ancora. E in futuro, si potrà visualizzare lo shop di un’azienda e fare acquisti direttamente in una chat di WhatsApp, Messenger o Instagram Direct.

Post coronavirus: come far ripartire i negozi

Laddove la concorrenza dell’ecommerce ha distrutto, il coronavirus potrebbe paradossalmente ricostruire. Finora piccoli e piccolissimi negozi sfiancati dalla concorrenza della grande distribuzione e dei centri commerciali, senza alcuna presenza su Internet o poco abituati al commercio elettronico, rischiavano di scomparire uno dopo l’altro. Da domani in Italia qualcosa potrebbe cambiare. Le leve si chiamano consegna a domicilio (home delivery) e marketplace economy.

L’home delivery è il passaggio, prima di tutto culturale, dal negozio fisico statico a un negozio, diremo, dinamico. L’esercente, che venda salumi, occhiali o abiti da sera, sarà portato, all’indomani della fine della pandemia, a ripensare il proprio business. Non sarà più il cliente a dover entrare in negozio (o perlomeno non farà più sempre e solo quello), ma sarà l’esercente a dover andare con maggiore frequenza dal cliente. Una parte delle risorse umane impiegate per stare dietro il bancone potrebbe essere riconvertita per le consegne a casa. L’esercente ha un vantaggio rispetto all’ecommerce: è radicato nel territorio, conosce personalmente il cliente, è in grado di instaurare con lui una relazione diretta e fisica. Il delivery è l’ultimo passo necessario di questo rapporto di costruzione della fiducia.

Il marketplace è la chiave. La marketplace economy, o platform economy, consente agli imprenditori di usare piattaforme cloud-based, app per smartphone e social network per svolgere la loro attività. Non ci sono beni da vendere (quelli sono in capo all’esercente), ma servizi altrui, aggregati in un unico luogo digitale che mette a valore la relazione con i clienti.

Il marketplace può diventare un’efficace vetrina per i negozi di vicinato e le micro-imprese. Da tempo, in parte, lo è già, in varie forme e con vari contenuti. Con la disruption portata nel settore dal coronavirus, eventuali diffidenze (da parte dei consumatori, ma anche degli stessi commercianti) dovrebbero calare. Gli esercizi commerciali di quartiere potranno guadagnare visibilità attraverso piattaforme geo-localizzate. Ora è il momento: chi lo ha capito e ha gli strumenti per sviluppare il proprio progetto avrà certamente un vantaggio competitivo.

(Articolo aggiornato al 2020/05/2020)

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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