“L’acquisizione di Versace da parte di un grande gruppo straniero come Kors conferma un trend oramai in atto da molti anni, che si spiega con il fatto che la competizione nel settore richiede investimenti significativi per aggredire i mercati ad alto tasso di crescita (l’Asia ed il canale digitale). Questi investimenti per essere sostenibili richiedono economie di scala che vanno al di là di quelle che può avere una singola impresa, seppur di medio grandi dimensioni come Versace”. È il pensiero di Andrea Sianesi, Dean del MIP, la Graduate School of Business del Politecnico di Milano, sulla notizia di questi giorni: Versace entra a far parte del gruppo Michael Kors con una valutazione pari a 2,12 miliardi di dollari, circa 1,83 miliardi di euro. In base all’operazione, annunciata il 25 settembre, Michael Kors Holdings Limited, società quotata a New York, cambierà nome in Capri Holdings Limited, che sotto di sé avrà i tre marchi Michael Kors , Jimmy Choo e Versace. La famiglia Versace reinvestirà parte di quanto incassato dalla vendita nella neo-capogruppo Capri Holdings Limited, ma si tratterà comunque di quote di minoranza.
Un commento, quello di Sianesi sulla vendita di Versace, rilasciato nel più ampio contesto di un’intervista su luxury e innovazione. L’occasione: il lancio del primo Global Executive Master in Luxury Management (GEMLUX) da parte del MIP insieme all’Università di Wollogong, principale ateneo straniero di Dubai. “Gli sviluppi dell’industria del lusso oggi – dice Andrea Sianesi – sono molto legati all’innovazione tecnologica, sia nei materiali utilizzati, sia nello sviluppo di e-commerce e multicanalità.
Sì, deve essere assolutamente tutto allineato. Questo vuol dire che, se pensiamo oggi agli sviluppi del lusso, li troviamo soprattutto in temi molto legati all’innovazione tecnologica: per esempio nei materiali utilizzati. Penso alle aziende del distretto tessile di Biella, che facevano prodotti di lana tradizionale e oggi diventano leader nell’abbigliamento tecnico.
Come gestire i processi di innovazione nel luxury?
L’esperienza del consumatore e tutto lo sviluppo dell’e-commerce e della multicanalità pongono un’importanza enorme sulla gestione di processi di innovazione soprattutto nelle industry del lusso, dove c’è sì un brand che sostiene le vendite, ma dove diversi consumatori che usano diversi canali e vengono da continenti diversi hanno requisiti differenti in termini di risposta. Un esempio: il consumatore cinese vuole avere il prodotto di lusso immediatamente. Invece quello europeo vede nel fatto di essere in coda per un prodotto o di essere in attesa un elemento ulteriore di luxury. È chiaro che un’azienda nata in Europa e abituata a servire il mercato europeo deve completamente trasformarsi quando va fuori, e non basta il brand.
Il Luxury può dare una spinta verso l’innovazione nella manifattura?
Uno dei temi più importanti per le imprese è coniugare l’artigianalità della produzione con l’innovazione tecnologica. Però il modo con cui si sta sviluppando l’innovazione nella manifattura vede di fatto la tecnologia a fianco e non in sostituzione di essa. È possibile, grazie alla tecnologia, migliorare ulteriormente le prestazioni del lavoro e quindi offrire prodotti di maggiore lusso.
L’Industria 4.0 aiuterà il made in Italy?
Assolutamente sì. E non solo per quanto riguarda i finanziamenti previsti dal Piano Industria 4.0, ma proprio perché rimette l’industria al centro dell’attenzione. E lo fa anche a favore di aziende che hanno la loro forza nel brand e nella distribuzione, ma che oggi non possono più permettersi di non avere anche una manifattura di lusso. Ovvero adeguata a tutte le sfide del consumatore, da Dubai a Pechino a Buenos Aires.