SMART CITY

Vittorio Loreto: La città del futuro? Multi-centrica e semplice da usare, grazie alla tecnologia

“Non dobbiamo fidarci del passato”, dice Vittorio Loreto, docente della Sapienza e direttore del Sony Computer Science Lab di Parigi. “La città per una migliore qualità della vita non ha più un centro storico”. Molto si può fare con i dati “ma gli open data non sono ancora una realtà”

Pubblicato il 12 Gen 2022

Vittorio Loreto

Come dovrebbe svilupparsi la città (ideale) del futuro? “Innanzitutto, dovrebbe essere multi-centrica”, taglia corto Vittorio Loreto, docente di Fisica dei Sistemi complessi all’Università La Sapienza di Roma, intervenendo a un recente incontro organizzato a Milano e online da Meet The Media Guru (clicca qui per rivedere l’intervento integrale). E poi: “deve essere semplice e facile da usare, da vivere, come un grande meccanismo che funziona bene e che non si inceppa”.

Vittorio Loreto non è un fisico qualsiasi: da anni studia i sistemi complessi e i meccanismi dell’innovazione. Attualmente è Direttore del SONY Computer Science Lab a Parigi, dove guida il gruppo di “Innovation, Creativity and Artificial Intelligence”. Ha coordinato diversi progetti a livello UE sulle dinamiche dell’innovazione e della creatività. Le città, ovviamente, sono sistemi ad alta complessità, dove le relazioni fra persone e cose, fra spazi e gruppi determinano la qualità del loro funzionamento e quindi della vita di chi le abita. E le città che vogliono diventare smart city sono ancora più complesse da immaginare. progettare e gestire.

“La città più funzionale e adatta a una migliore qualità della vita dovrebbe essere multi-centrica per non costringere le persone e i residenti a doversi spostare per forza verso il centro cittadino”, spiega Vittorio Loreto. Le città di oggi, e tutte quelle che hanno radici lontane, si sono via via allargate attorno a un antico centro storico, che continua a rappresentarne il fulcro e il punto di riferimento e di attrazione. Ma – fanno notare gli addetti ai lavori – per avere città moderne, funzionali, evolute, dobbiamo uscire dalla logica delle città mono-centriche, perché inevitabilmente risultano ormai troppo congestionate e poco sostenibili.

Vittorio Loreto: perché occorrono ‘nuove’ città multi-centriche

Per arrivare a ‘nuove’ città multi-centriche “occorre un cambio di paradigma”, sottolinea Vittorio Loreto, occorre ripensare e gestire diversamente l’intera organizzazione cittadina, occorre distribuire in molte zone anche periferiche – e non più solo nel vecchio centro di gravità – percorsi dei mezzi pubblici, strutture e servizi come musei, biblioteche, centri di attrazione culturale e per il tempo libero, e via dicendo.

Un riferimento, esplicito, come indicato dallo stesso docente universitario, è il modello ideale della ‘15 Minute City’, ideata dall’urbanista colombiano Carlos Moreno, la ‘città in 15 minuti’ dove tutto ciò che serve e che interessa è vicino e a portata di mano, raggiungibile con spostamenti di non più di un quarto d’ora.

15-Minute City concept by Carlos Moreno wins Obel Award 2021

15-Minute City concept by Carlos Moreno wins Obel Award 2021

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Un traguardo che in molti casi – e in molte grandi città – appare oggi lontano come una chimera, ma come stanno facendo gli esperti del settore nel provare a raggiungerlo? “Con l’aiuto fondamentale delle nuove tecnologie”, fa notare Loreto, “usiamo dati, modelli matematici, Machine learning, intelligenza artificiale”, per “capire da dove partono e dove arrivano le persone, e che percorso fanno per arrivarci”, e quindi costruire “piattaforme di sviluppo e innovazione”.

Mobilità, non dobbiamo fidarci del passato

Per esempio, se la questione è: come possiamo migliorare l’accessibilità di una città? Come possiamo rendere i grandi flussi della mobilità più fluidi ed efficienti? “Guidati dai dati di settore, facciamo modelli matematici”, spiega lo specialista di Fisica dei Sistemi complessi, “e, da lì, facciamo delle proiezioni, che servono a capire in che direzione possiamo muoverci, cercando di migliorare i parametri di vivibilità”, ma e anche se – mette in guardia – “non dobbiamo fidarci troppo del passato”, perché molte cose stanno cambiando su prospettive diverse.

Vengono realizzate e utilizzate mappe digitali e interattive, in grado di simulare subito cosa accadrebbe in città a seconda dei diversi parametri inseriti (volumi di spostamenti e di traffico, strutture da raggiungere, linee di trasporto, eccetera): cliccando sulla mappa interattiva, il sistema matematico e informatico indica quanto tempo si impiega a fare un tragitto, per esempio per andare da un Comune dell’hinterland a una piazza del centro cittadino, attraverso la mobilità intermodale, fatta di tragitti in auto, treno, metropolitana, micro-mobilità e via dicendo.

In questi modelli previsionali e piattaforme progettuali, “inseriamo dati, parametri e calcoli”, rimarca Loreto, “e – come in un videogioco – sulla mappa digitale della città è possibile ad esempio aggiungere una nuova linea della metropolitana, o una nuova strada di collegamento, e si vede subito come cambia il Velocity Score”, cioè il tempo che si impiega a fare un certo tragitto, e i relativi costi per i viaggiatori.

Vittorio Loreto: Open data, non sono ancora una realtà

Certo, rispetto al passato, ora con Big data e analytics, algoritmi sofisticati e grande potenza di calcolo, si hanno molti più strumenti per analizzare, simulare, progettare, intervenire. Ma cambiare l’impronta di una città lasciata da secoli di storia non è semplice, e poi “non esiste una soluzione standard o pre-costituita che vada bene per tutte le situazioni”, osserva Vittorio Loreto. Mentre, a proposito di Open data, di dati messi a disposizione in maniera aperta e accessibile per fare innovazione estesa, “se ne parla tantissimo, ma non è ancora una realtà, almeno nel nostro settore della progettualità urbana. Occorre fare ancora molto per creare una reale ed efficace condivisione di informazioni, conoscenze, risultati”.

Come rimarca Adam Greenfield nel suo libro ‘Tecnologie radicali’, pubblicato in Italia da Einaudi, oggi tutti i flussi delle attività che avvengono ogni giorno nelle città – dalla mobilità ai pagamenti – “possono essere tracciati, almeno in linea di principio, e cartografati nello spazio e nel tempo. È possibile identificare modelli latenti e correlazioni inaspettate, che a loro volta possono indicare degli ambiti d’intervento efficace. Tutti i ritmi di vita della metropoli si rendono manifesti, molto più di quanto sia mai stato possibile immaginare. Tutto ciò è reso possibile da una smisurata schiera di dispositivi di raccolta dati, disseminati nell’ambiente quotidiano”.

Le tecnologie per costruire la città (ideale) del futuro

E aggiunge: “è possibile visualizzare facilmente bacini di attrazione o di repulsione, mettendo in evidenza le relazioni esistenti fra un tipo di flusso e un altro; ciò fa sperare agli ottimisti che gli amministratori possano imparare a modellare l’evoluzione di tali flussi con mano più leggera”.

Certo, oggi possiamo cogliere i ritmi, le esigenze e le tendenze della città grazie all’uso delle tecnologie, ma “possiamo anche affermare che”, rileva Greenfield, “la tecnologia dell’informazione digitale in rete è diventata la modalità dominante attraverso la quale facciamo esperienza del quotidiano. Si tratta di un aspetto importante: questo tipo di tecnologia media attualmente quasi tutto ciò che facciamo; essa è contemporaneamente il canale mediante il quale ci vengono offerte le nostre possibilità di scelta, lo specchio in cui ci vediamo riflessi, e la lente che permette agli altri di vederci a un livello inimmaginabile prima d’ora”.

E sempre attraverso le nuove tecnologie si cerca e si vuole prima immaginare e poi costruire la città (ideale) del futuro. Ma, rimarca Loreto per chiudere il cerchio, “non possiamo e non dobbiamo contare solo sulla tecnologia”, in quanto “dobbiamo essere tutti molto creativi, per esplorare lo spazio del possibile, inteso come ciò che possiamo sperimentare e conoscere sul futuro e per il futuro”.

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