MATERIALI INNOVATIVI

Una sola startup ha contribuito a Expo 2020 Dubai ed è una proptech italiana: i-Mesh

i-Mesh, startup fondata a Numana nelle Marche, produce un materiale tessile innovativo traspirante, leggero ma resistente persino alle tempeste di sabbia. È stato utilizzato per realizzare la coperture della promenade di collegamento tra i vari padiglioni di Expo 2020 Dubai

Pubblicato il 27 Ott 2021

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La prima commessa affidata a una startup per il progetto Expo Dubai 2020 parla italiano: la giovane realtà proptech marchigiana i-Mesh ha infatti vinto la gara per realizzare le coperture della promenade di collegamento tra i vari padiglioni espositivi dell’esposizione che con un anno di ritardo si svolge dall’1 ottobre al prossimo 31 marzo. L’opera consiste in uno schermo inedito tra terra e cielo realizzato con un nuovissimo tessuto tecnico e sostenibile per l’architettura. Si chiama, per l’appunto, i-Mesh e, come è facilmente intuibile, dà il nome alla stessa azienda.

Si tratta di un materiale tessile di ultima generazione, high-tech e green, capace di mitigare il clima desertico della città emiratina. Le sue fibre compatte ed ultra-performanti riescono infatti a filtrare e riflettere le radiazioni solari, senza però impedire un ricambio dell’aria (per via della loro permeabilità), così da restituire una sensazione di comfort termico che contribuisce a creare un microclima piacevole. Inoltre, grazie alla robustezza e alla flessibilità delle sopracitate fibre, alla morbidezza del materiale e al suo peso ben calibrato, ha superato il test di resistenza contro una tempesta di sabbia simulata, rimanendo intatto, senza riportare abrasioni di qualunque tipo. Segno inequivocabile della capacità di i-Mesh di far fronte alle avverse condizioni metereologiche con cui la kermesse, che ricordiamo durerà fino al 31 marzo, dovrà necessariamente convivere.

Un’altra peculiarità di questo tessuto risultata poi preponderante ai fini dell’affidamento della commessa è il suo essere un eccellente diffusore di luce, in quanto l’intreccio delle sue fibre non ne ostacola il passaggio, pur riducendo al minimo il fastidio dell’abbagliamento; in questo modo le diverse passerelle sono caratterizzate da un alto livello di lumen, che migliorerà ulteriormente il comfort visivo all’interno della struttura. La scelta di ricreare ambienti luminosi e ventilati è tutt’altro che casuale, essendo dettata da motivazioni culturali ascrivibili alla tradizione architettonica locale: i-Mesh, infatti, riproduce i motivi distintivi di una moderna «Mashrabiya», lo schermo traforato tradizionalmente usato in ambito edilizio nei Paesi arabi, allo scopo di far filtrare la luce e di controllare il flusso dell’aria.

Talmente leggero e trasparente da sembrare un’eterea nuvola traslucida, il tessuto brevettato dall’azienda marchigiana ben si presta a rappresentare quel poetico effetto di «vedo non vedo» ricercato da chi ha progettato tale costruzione, ossia lo studio tedesco Werner Sobek. L’idea di Werner Sobek era quella di ricreare il carattere intimo e familiare di una pergola retrattile, ma con dimensioni imponenti. Un’idea che lo studio tedesco ha deciso di condividere con i-Mesh, che ne ha curato l’attuazione, costruendo la più grande copertura retrattile mai realizzata.

Lunga 2,7 km, copre una superficie di 53.500 mq, peraltro senza dover ricorrere a travi di sostegno trasversali. Ciò significa 30 chilometri di alluminio estruso risparmiati, quindi un «taglio» di 31 tonnellate di CO2 che non saranno rilasciate nell’ambiente. Non solo, i-Mesh è anche un perfetto esempio di economia circolare, essendo facilmente riutilizzabile: è prodotto in pannelli su misura che possono essere installati, smontati e riposti regolarmente, evento dopo evento, oppure si può dare loro una nuova destinazione d’uso. È esattamente quello che accadrà una volta terminata l’Esposizione Universale: buona parte del tessuto impiegato per le coperture resterà sul luogo come installazione permanente, mentre le parti residue potranno essere riutilizzate in altri contesti cittadini, secondo una logica «zero sprechi» che garantisce notevoli risparmi rispetto ai materiali usa e getta.

In termini di riciclabilità, i-Mesh è costituito da due soli componenti: sei tipi di fibre (di cui quattro minerali) e una resina di origine termoplastica che non cambia le sue proprietà durante il processo industriale e può pertanto essere separata dalle fibre durante le operazioni di riciclo.

Una soluzione eco-friendly ma anche e soprattutto completamente personalizzabile. Ogni pattern di i-Mesh viene, in effetti, creato sulla base delle richieste mirate del progettista. In questo caso specifico, come ha spiegato lo stesso Werner Sobek “Le Dubai Shade Structures incarnano perfettamente la combinazione di costruzione leggera, innovazione e design a cui puntiamo in tutti i nostri progetti”. La totale libertà di personalizzazione, sia del pattern che del progetto, è senza dubbio il più grande pregio di i-Mesh: non esiste, per l’appunto, una trama standard o delle texture predefinite nella sua produzione. Un aspetto innovativo che al Ceo e founder Alberto Fiorenzi preme sottolineare: “i-Mesh è un materiale che si libera dai vincoli della tessitura tradizionale generando sempre nuove emozioni e forme espressive. Expo Dubai 2020 si può considerare una scommessa vinta, ma guardiamo già al futuro con l’idea che i-Mesh possa diventare il paradigma di un nuovo modo di fare architettura per progettare spazi flessibili e versatili, per le persone e il loro benessere. Un’architettura morbida che preveda soluzioni sostenibili e personalizzabili e lasci una traccia sempre più leggera sul pianeta”.

A rendere possibile questo allineamento tra la tecnologia di i-Mesh e la visione dell’architetto è il team di R&S dell’azienda, composto da architetti, ingegneri, esperti di materiali, designer computazionali e curatori d’arte. Una squadra eterogenea che si avvale anche della collaborazione dei dipartimenti di ricerca di diverse università per testare, analizzare e migliorare le prestazioni di i-Mesh. La gestione degli afflussi e dei deflussi di conoscenza, in un’ottica di Open Innovation, avviene all’interno dell’i-Mesh Lab, il luogo fisico e teorico dove analizzare, studiare, testare, controllare, verificare l’infinito progetto del filo e della trama, che è alla base di ogni lavoro di tessitura. Il cuore dell’innovazione aziendale dove la sperimentazione tecnica e formale diventa algoritmo, materiale, pattern, prototipo, prodotto.

Il materiale finora descritto è infatti il risultato di ricerche visive e studi scientifici sulle caratteristiche fisiche delle fibre altamente tecnologiche che vengono poi utilizzate nella fase di produzione. Questo surplus nozionistico è figlio dell’esperienza acquisita in 30 anni di attività nella progettazione di prodotti e tessuti tecnici per i settori della nautica e dell’aerospaziale, che da sempre richiedono alle realtà che operano al loro interno alti livelli di prestazione e di affidabilità.

Un simile background ha permesso alla startup anconetana – è di stanza a Numana, incastonata nella splendida cornice del Monte Conero – di spaziare tra diverse strutture edilizie e stili architettonici, implementando un ventaglio di soluzioni applicative in grado di soddisfare le variegate esigenze del proprio pubblico di riferimento. L’offerta è alquanto ampia: per gli spazi indoor le fibre i-Mesh, oltre ad essere eccellenti per l’allestimento di mostre o come scenografia traslucida, trovano il loro naturale compimento nella costruzione di pareti divisorie permeabili, tende high-tech, arazzi, controsoffitti e morbidi rivestimenti murali. All’aperto, invece, vengono utilizzate per dar vita a sistemi ombreggianti, coperture retrattili e facciate a doppia pelle, ma possono anche diventare l’impalcatura di installazioni artistiche en plein air.

Per il momento, sul versante delle grandi costruzioni urbane si procede ancora per piccoli passi, visto che le Dubai Shade Structures rappresentano la prima applicazione di i-Mesh in tale ambito. A giudicare dai primi fortunati riscontri, è assai probabile che l’esperimento espositivo venga preso come modello, dando il là ad altri approcci di questo tipo, adattabili in ogni contesto e utili per dare al mondo dell’edilizia una veste sempre più innovativa e amica dell’ambiente. È proprio quello che si augura lo stesso Fiorenzi che guarda già al futuro con l’idea che i-Mesh possa diventare “il paradigma di un modo di fare architettura innovativo e sostenibile grazie alla possibilità di proporre nuove soluzioni economiche, ecologiche e personalizzabili”. Uno scenario tutt’altro che inverosimile: d’altronde le proprietà di raffreddamento del tessuto i-Mesh potranno servire alle città del futuro per proteggersi dall’inevitabile aumento delle temperature indotto dal riscaldamento globale.

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