Proptech Italia 2021: bastano i quattro istogrammi nell’immagine qui sopra per capire che l’imprenditoria innovativa in ambito Real Estate è in decisa e promettente crescita. Ma con qualche incertezza ancora sulla solidità dell’ecosistema. L’Italian Proptech Netowrk del Politecnico di Milano, partner scientifico di Proptech360, ha presentato la quarta edizione del suo Italian Proptech Monitor (IPM) e i numeri sono molto incoraggianti. Nel 2021 è ancora aumentato il numero delle startup, anche se non con i ritmi degli anni precedenti, ma la sfida del 2022 resta lo sviluppo e il consolidamento di un ecosistema che vede ancora “distratte” le corporate, a partire dai grandi player del Real Estate.
Proptech, l’Italia tra i Paesi europei con la maggiore crescita
Cominciamo dalle startup: erano appena 43 quelle mappate nel 2018, sono 184 nell’anno appena concluso. Un balzo significativo che vede concentrarsi il maggior numero di nascite tra il 2019 e il 2020 con un netto calo nel 2021. Ovviamente Milano si conferma la capitale del PropTech. La maggioranza delle nuove imprese sono attive nell’area dei Professional Services e del Real Estate Fintech.
L’Italia è tra i Paesi europei dove il PropTech cresce di più. “Analizzando i dati presenti su Unissu, piattaforma di raccolta delle PropTech su scala mondiale, si registra un aumento notevole per numero di PropTech mappate, tra i Paesi europei, soprattutto in Italia e Svezia”, osserva Chiara Tagliaro, ricercatrice del Real Estate Center (REC) del Politecnico di Milano, che ha presentato l’Italian Proptech Monitor. “In quei Paesi dove il fenomeno PropTech è consolidato da alcuni anni, come Regno Unito, Francia, Spagna e Svizzera, si registra al contrario una leggera decrescita, sintomo anche questo del passaggio a una fase di consolidamento del settore”.
Identikit delle startup Proptech
Un’indagine più approfondite su un campione delle startup mappate in Italia disegna l’identikit delle PropTech italiane: sono imprese piccole, giovani e fatte da giovani, che prevalentemente lavorano con la raccolta e la gestione di grandi quantità di dati. Infatti le tecnologie maggiormente impiegate sono quelle relative ai Big data, l’Intelligenza Aritificale e l’Internet of Things. C’è ancora poco lavoro sulla parte più hard del Real Estate, cioè costruzioni, robotica e materiali. In qualche modo viene confermata la sensazione che se il PropTech è pronto a decollare nel sotto segmento del ConTech siamo ancora a un livello embrionale, probabilmente anche per la debolezza della domanda da parte dell’industria delle costruzioni.
Quasi la metà delle startup che hanno partecipato al sondaggio dell’IPM sono alla ricerca di finanziamenti, soprattutto per sostenere lo sviluppo tecnologico, il reclutamento di persone e le attività di marketing e pubblicità.
Le startup PropTech italiane hanno ancora un business molto locale. Solo il 10% dichiara di avere attività in Europa o nel mondo. E visto il ritardo strutturale dell’industria italiana delle costruzioni e in genere del settore immobiliare, questa dimensione nazionale costituisce un oggettivo fattore di debolezza delle proptech italiane.
Le startup che crescono meglio, infatti, sono quelle che hanno subito avuto una visione internazionale e hanno affrontato la sfida di altri mercati. Il 37% del campione dichiara quindi di avere in programma un piano di espansione in Europa (era il 33% nel 2020).
Che cosa frena lo sviluppo del Proptech in Italia
Nel PropTech italiano però manca ancora una convinta fiducia nell’ecosistema, come forse è accaduto negli anni passati per il più generale sistema dell’innovazione. Le startup ritengono che il settore non sia ancora maturo, che in Italia sia difficile ricevere finanziamenti e che quindi hanno poca speranza di poterne ottenere da player nazionali.
Quali sono i principali fattori individuati come freno alla crescita del PropTech? Nell’ordine: la bassa propensione all’innovazione degli operatori immobiliari; la mancanza di cultura digitale e tecnologica nel settore; la debolezza dell’ecosistema PropTech.
Proptech Italia 2022, le sfide per le startup e il Real Estate
“L’Italia è al punto di svolta. Sta cominciando a crescere e si trova sulla cresta di un’onda”, è la previsione fatta dall guru europeo del Proptech James Dearsley in occasione del primo digital event di Proptech360. “I prossimi tre anni saranno decisivi”. A partire dal 2022. Il proptech è come il fintech cinque anni fa, è l’immagine che ama ripetere spesso Dearsley per sottolineare il ritardo ma anche l’opportunità di mercati, come quello italiano, rimasti ancora indietro.
La prima sfida è la crescita e il consolidamento dell’intero ecosistema italiano dell’innovazione: solo in un ambiente più maturo ci potranno essere cultura, consapevolezza e capitali per affrontare la trasformazione digitale di una industry come il Real Estate, importnate per il PIL nazionale ma fra le più arretrate nell’accoglimento delle tecnologie di nuova generazione.
La seconda sfida riguarda quindi tutti gli operatori della filiera del Real Estate. Tante cose si sono viste sul fronte dei servizi immobiliari, molto c’è ancora da fare su quello delle costruzioni. È una frontiera quasi inesplorata, anche per le startup che devono fare la loro parte.
Il Report di IPN conferma quello che ci dicono le cronache: le nuove imprese che funzionano sono quelle che riescono subito ad avere un respiro internazionale. Perché, come dice Dearsley, il Proptech deve portare soluzioni globali a problemi locali. “L’Italia può e deve essere esportatore di tecnologia”. In Italia abbiamo già qualche campione Proptech (come Casavo), e abbiamo avuto persino qualche exit di rilievo (SofiaLocks) ma la gran parte delle startup sono ancora risposte locali a problemi locali.
“Proptech è solo una piccola parte di un più generale cambio di mentalità”, dice ancora Dearsley. Ecco, forse la maggiore sfida che attende aziende e startup nel 2022 è un’evoluzione culturale, a vantaggio di tutti.
(articolo aggiornato il 19 gennaio 2022)