“Il real estate è ancora troppo lento nell’affrontare la digital transformation” sostiene James Dearsley, uno dei principali consulenti mondiali in ambito proptech, la tecnologia applicata all’immobiliare.
Residente a Londra, James Dearsley ha lavorato per una ventina d’anni nell’industria immobiliare. “Sono stato in società che erano molto avanzate e ho visto come il settore stava progredendo” dice in un’intervista esclusiva a Proptech360. La lampadina si è accesa circa 8 anni fa: stava arrivando l’onda del proptech, James Dearsley ha deciso di cavalcarla. Così ha fondato Unissu, una società basata a Londra e Belfast ma con sedi in tutto il mondo, per “educare e connettere acquirenti e venditori di soluzioni tecnologiche per il real estate”.
Oggi James Dearsley viene invitato come oratore e moderatore a manifestazioni ed eventi in tutto il mondo. Di lavoro, fa capire, ce n’è ancora molto da fare. “Come consulente mi sono reso conto che il mondo delle assicurazioni e quello del banking si stavano preparando alla trasformazione digitale. Invece l’immobiliare era lento in modo frustrante”.
Quali sono i motivi?
È un’industria molto basata sulle relazioni, devi conoscere personalmente il tuo intermediario e c’è molta resistenza a rimuovere il lato “relazioni”, sostituendolo con gli strumenti digitali. Tuttora le persone hanno paura del cambiamento. Io vorrei invece che comprendessero le potenzialità delle nuove tecnologie e dell’innovazione. Vengo invitato alle conferenze proprio per parlare di come le persone possono cambiare.
Perché è importante l’innovazione nel real estate?
È un mondo dove i leader tendono a essere simili, e generalmente non ci sono outsider. Il rischio che comporta il cambiamento è elevato, perciò molti preferiscono non fare niente. Eppure l’innovazione è indispensabile perché garantisce un vantaggio competitivo. Un edificio a Milano è molto simile a uno a Buenos Aires o Londra, il suo processo di costruzione è lo stesso in qualunque luogo: la tecnologia, invece, può fare la differenza. Per questo ha un impatto rilevante. Ma ci saranno fallimenti anche tra i fornitori di tecnologia.
Cioè?
Attualmente si stima che nel mondo ci siamo circa 9100 società proptech. Molte di loro falliranno. Molte altre, invece, abbracceranno la digital transformation, apriranno nuove aree di attività e miglioreranno i profitti. Non accadrà domani, certo, ma nei prossimi 10/20 anni gli abilitatori di tecnologia diventeranno i leader di mercato. La sfida principale è capire cosa sta succedendo: molti imprenditori tecnologici non hanno esperienza del settore immobiliare e creano problemi che non esistono.
Quali sono i comparti che stanno abbracciando con maggiore velocità l’innovazione?
Prima della pandemia avrei detto che c’erano molti avanzamenti nella tecnologia delle transazioni per il selling. Nel post pandemia la motivazione è cambiata: ora si vuole lavorare per migliorare gli edifici. Si cercano miglioramenti nella qualità dell’aria, nella gestione dell’ottimizzazione degli spazi ecc. ecc. Il passaggio, dunque, è stato dal selling al management.
Qual è invece l’area del real estate che si sta evolvendo meno?
Il comparto del Construction technology, o Contech, è sempre stato il più lento. Eppure stanno crescendo le tecniche di modular building e stampa 3D.
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Quanto è rilevante la sostenibilità?
In base ai nostri sondaggi realizzati su oltre 700 aziende, quasi il 10% ha come focus la sostenibilità. Non saprei dire se è poco o molto, perché bisogna tener conto del fatto che l’industria del real estate non si era mai focalizzata prima d’ora su questa questione. Certo è in cima all’agenda di molti. E, di sicuro, nei prossimi 5 o 10 anni, l’industria dovrà adattarsi agli obiettivi di sostenibilità indicati dalle Nazioni Unite.
Come avere successo nel proptech?
Conta molto il timing: si possono avere le idee migliori, ma occorre poi impegnarsi a capire i problemi che si verificano ogni singolo giorno. Se inventi un business che non risolve il problema, non avrai mai successo. Inoltre, alle startup del proptech, dico che raccogliere fondi è parte del percorso ed è importante, ma non basta.
A proposito di startup, cosa si sta muovendo nel proptech?
Ci sono molte startup di successo. Penso a Airbnb, per esempio, la multinazionale che consente di affittare ad altri il proprio appartamento attraverso la sua piattaforma. È una realtà proptech perché si occupa di gestione dello spazio di edifici residenziali e di ottimizzazione degli spazi per ricavarne un profitto.
Ma sono consapevoli, quelli di AirBnB, di essere proptech?
Non saprei, non ci ho mai parlato: sono troppo grandi per me.