Un impatto economico di oltre 22 miliardi di euro all’anno con un indotto, in termini di ricadute di natura sociale, di altri 17,1 miliardi. Sono queste due le cifre più importanti che fotografano bene i possibili effetti anche in termini tecnologici della Direttiva Ue sulle “case green” per disciplinare, nel territorio degli Stati membri dell’Unione, la prestazione energetica dell’intero parco immobiliare, al fine di renderlo più sostenibile. Secondo la direttiva, che deve ancora essere recepita dall’Italia, i nuovi edifici dovranno essere a zero emissioni a partire dal 2028, mentre quelli esistenti con diverse deroghe dovranno raggiungere la classe energetica E entro il 1° gennaio 2030 e D entro il 2033.
Case green, in Italia 1 milione di edifici da innovare
Le due cifre sono emerse dall’Osservatorio sull’innovazione “La S di ESG, una storia italiana di valore” presentato a Milano da Scenari Immobiliari e Dils nel corso dell’Innovation Forum 2023. In Italia ci sono quasi 1,1 milioni di edifici residenziali sui quali è necessario effettuare interventi di innovazione dal punto di vista edilizio, urbanistico e sociale.
Nelle principali città italiane – è stato ribadito nel corso del Forum – sono presenti 1,1 milioni di edifici residenziali costruiti tra il 1946 e il 1989 (pari al 13,5 per cento dei quasi 8 milioni complessivi appartenenti allo stesso periodo storico), con 6,3 milioni di unità abitative (28,9 per cento dei 21,7 milioni totali), sui quali è prioritario effettuare interventi di innovazione a vario titolo.
Case green, ogni anno oltre 36mila edifici da ristrutturare
Attenendosi all’obiettivo comunitario di “ricostruire” annualmente il due per cento degli edifici esistenti nelle aree urbane, sarebbe necessario intervenire potenzialmente su circa 36.300 edifici all’anno (pari al due per cento degli 1,8 milioni di edifici residenziali esistenti nelle principali città italiane) in un arco temporale di trent’anni, solo per quanto riguarda il patrimonio realizzato tra il ’46 e la fine degli anni ’80.
La quantificazione economica degli investimenti di natura immobiliare – prosegue la nota diffusa dal Forum – necessari alla potenziale attivazione dell’intero processo di “ricostruzione” annuale degli edifici residenziali nelle aree urbane della penisola è stimabile partendo da una media degli attuali costi unitari relativi a interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia, compresi tra 750 €/mq e 1.600 €/mq (applicata alla superficie media delle unità abitative esistenti nelle principali città italiane di circa 100 mq).
L’impatto sulla filiera: 1,75 euro per ogni euro investito
In Italia – è stato poi sottolineato – il settore immobiliare raggiunge coefficienti moltiplicativi di attivazione della filiera tra i più elevati, mediamente pari a 3,4 euro ogni singolo euro investito (mentre a Milano si stima sia maggiore e pari a 3,9 euro) di cui le ricadute sociali rappresentano una quota variabile, in relazione alle peculiarità del progetto (dimensioni, funzioni, caratteristiche architettoniche, sostenibilità, ecc.) e del contesto territoriale, economico, immobiliare e sociale di riferimento, stimata tra il 40% e il 60% circa, “monetizzabili mediamente in 1,75 euro ogni singolo euro investito (2 euro stimati a Milano).
“Le attuali e future dinamiche edilizie e immobiliari – ha spiegato Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari – sviluppate a partire proprio dai principi Esg andranno a interessare quantitativamente e qualitativamente l’intero tessuto urbano, edilizio e sociale”.
Real estate, la più grande industry del mondo e la più arretrata
“Con 270mila miliardi di euro il Real Estate è la più grande industry del mondo, ma – ha commentato Giuseppe Amitrano, founder & ceo Dils – tra le ultime per capacità di innovazione. Una situazione che offre agli operatori un ampio spettro di opportunità, senza dimenticare le responsabilità che comporta. Alla base di ogni innovazione che promuoviamo come Dils c’è la volontà di irradiare una visione capace di innescare dei cambiamenti strutturali e favorire l’evoluzione dell’intera filiera e, perché no, della stessa industry. Cambiamenti che potranno essere considerati come vera innovazione solo se avranno un impatto positivo sul benessere di comunità e territorio”.
Articolo originariamente pubblicato il 29 Mar 2023